Elezioni Politiche 2018

Renzi: "Lascerò dopo nuovo governo. Pd all'opposizione". Ma è scontro nel partito: "Via subito". Orfini: "Percorso previsto dallo statuto"

Matteo Renzi al Nazareno, durante l'annuncio delle sue dimissioni da segretario del Pd (afp)
L'addio del segretario sembrava imminente già in mattinata, ma ci sono state ore di riflessione col suo stato maggiore, poi il discorso. Che di fatto congela il passo indietro. E pone paletti sul futuro: "Noi all'opposizione, il prossimo segretario deve essere scelto con le primarie". Malumore, non solo nella minoranza. Zanda: "Non si danno dimissioni con manovre". Cuperlo: "Non si fa così, subito la direzione". Finocchiaro: "Dimissioni ma vanno annunciate, ma date". Orlando: "No a partito nel bunker". I renziani Ascani e Anzaldi contro chi attacca il leader: "Vogliono l'inciucio". Interviene Guerini: "Dimissioni sono verissime, lunedì la direzione"
3 minuti di lettura
ROMA - "Lascio la guida del Pd, doveroso aprire una pagina nuova". Il segretario dem Matteo Renzi parla al Nazareno, dopo la netta sconfitta delle politiche. Ma precisa subito che resterà in carica fino alla composizione delle Camere e alla nascita del nuovo governo.

Elezioni, Renzi: ''Lascio segreteria Pd, ma congresso dopo formazione governo''

Una pesante ipoteca sul futuro del partito. Significa che sarà proprio l'attuale segretario a guidare le consultazioni al Colle. Renzi avverte: "Saremo all'opposizione, il Pd non sarà mai il partito-stampella di un governo di forze anti-sistema". E ancora: "Da Di Maio e Salvini ci dividono tre elementi chiavi: il loro anti-europeismo, la loro anti-politica e l'odio verbale che hanno avuto contro i militanti democratici", quindi, "nessun inciucio, il vostro governo lo farete senza di noi. Provate se ne siete capaci, noi faremo il tifo per l'Italia". Rivendica i successi del governo di centrosinistra: "Siamo orgogliosi dei nostri risultati, ora riconsegnamo le chiavi convinti che di aver contribuito a creare un Paese migliore. Il nostro errore è stato non votare nel 2017". Pone anche paletti per la scelta del prossimo segretario dem: "Non deve essere espressione di caminetti ristretti" e chiede nuovamente le primarie. "Poi cosa farò io? Il senatore semplice".

In pratica dimissioni sì, ma congelate. Fino al nuovo governo. O a nuove elezioni. Tanto che nel partito esplode il malcontento. Espresso subito da un veterano, il capogruppo dem al Senato Luigi Zanda: "La decisione di Matteo Renzi di dimettersi e contemporaneamente rinviare la data delle dimissioni non è comprensibile. Serve solo a prendere ancora tempo. Le dimissioni di un leader sono una cosa seria, o si danno o non si danno. E quando si decide di darle, si danno senza manovre. Quando Veltroni e Bersani si sono dimessi lo hanno fatto e basta. Un minuto dopo non erano più  segretari". Stessa posizione di un'altra big storica del partito, Anna Finocchiaro: "Le dimissioni si danno, non si annunciano". E Gianni Cuperlo: "Da Renzi, coazione a ripetere gli errori. Chiedo l'immediata convocazione della direzione". Dal fronte renziano, intervengono Anna Ascani e Michele Anzaldi. La prima dice: "Zanda vuole inciuci e caminetti o vuole candidarsi a segretario". Il secondo: "Da Zanda polemica senza senso".

Dal fronte opposto, scende in campo Andrea Orlando, ministro della giustizia ancora in carica. E le sue sono parole durissime: "Di fronte alla sconfitta più grave della storia della sinistra italiana del dopoguerra mi sarei aspettato una piena assunzione di responsabilità da parte di un segretario che, eletto con il 70% al congresso, ha potuto definire, in modo pressoché solitario, la linea politica, gli organigrammi e le candidature. Invece siamo alla ormai consueta elencazione di alibi e all'individuazione di responsabilità esterne. Lo stesso gruppo dirigente che ci ha condotto alla sconfitta oggi si riserva il compito di affrontare, senza nessuna autocritica, questa travagliatissima fase per il Pd e per il Paese. Noi siamo, tanto quanto Renzi, contro i caminetti ma anche contro i bunker." Deve intervenire il coordinatore, Lorenzo Guerini: "Nessuna dilazione, le dimissioni di Renzi sono verissime. Lo ha detto chiaramente in conferenza stampa: il Pd è all'opposizione, in coerenza con quanto detto in campagna elettorale da tutto il Pd. E nessuna gestione solitaria dei prossimi passaggi: lunedì prossimo faremo la Direzione nazionale e quello sarà il luogo e il momento per aprire una riflessione seria e responsabile sui risultati". E il presidente, Matteo Orfini: "Alla luce delle dimissioni del segretario, ho convocato la direzione per lunedì alle 15. E dopo la direzione fisserò la data di convocazione dell'assemblea nazionale che, come previsto da statuto, dovrà recepire le dimissioni e avviare gli adempimenti conseguenti. Questo prevede il nostro statuto, che come sempre rispetteremo".

Alessandro Di Battista, dal Movimento 5 Stelle, fiuta subito l'aria di tempesta nel campo avversario:  "Un discorso così strampalato non l'ho mai ascoltato, Renzi è veramente in confusione e non se ne rende nemmeno conto, pur di non dimettersi realmente è disposto a frantumare quel che resta del Pd e cosa pensa il Pd?". Già in mattinata, non appena si era diffusa la notizia delle possibili dimissioni, Beppe Grillo - arrivato a Roma da Genova - avea commentato a caldo: "Lo abbiamo biodegradato", tra le risate dei presenti.

Elezioni, Di Battista: "Renzi? Pur di non dimettersi frantuma il Pd"

L'addio alla segreteria dem di Matteo Renzi (era stato eletto l'8 dicembre 2013 con il 67,5% dei voti) stamani sembrava questioni di minuti poi la sua prima uscita pubblica di commento al voto è slittata fino al tardo pomeriggio. Con il leader chiuso per ore nel suo ufficio insieme ai fedelissimi.

VAI ALLA DIRETTA

In mattinata l'agenzia Ansa aveva dato per certo il suo addio in giornata ma dopo pochi istanti era arrivata una precisazione dal suo portavoce, Marco Agnoletti: "A noi non risulta". Però su twitter il suo stretto collaboratore aveva poi scritto: "Il segretario parlerà oggi pomeriggio alle 17". Orario che poi è slittato di poco più di un'ora. Segno di una discussione infinita all'interno del partito. Una battaglia destinata a continuare.