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Elezioni Italia, il flop dei neofascisti: Forza Nuova e CasaPound non sfondano

 Il leader di Forza Nuova Roberto Fiore (agf)
Nonostante la campagna elettorale aggressiva, le due formazioni di estrema destra si sono fermate molto al di sotto della soglia del 3% (non raggiungendo neanche l'1%): entrambe cannibalizzate dalla Lega di Salvini
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MILANO - Cannibalizzati dalla nuova Lega nazionale e sovranista. Penalizzati dalla scia di violenze e dai toni minacciosi usati in campagna elettorale, e anche dai recenti fatti di cronaca. Dopo cinque mesi di esibizioni muscolari e slogan nostalgici, adesso a parlare è il dato delle urne: i partiti neofascisti non sfondano e, anzi, si fermano ben al di sotto della soglia del 3%. CasaPound Italia allo 0,9%, Forza Nuova (con la lista "Italia agli italiani", assieme a Fiamma Tricolore) allo 0,37%. Percentuali da prefisso telefonico. O da "irrilevanza", per dirla con il commento della presidente dell'Anpi, Carla Nespolo.

L'onda nera, dunque, non entra in parlamento: e rispetto a quanto sta accadendo in altri Paesi europei, è una notizia. "Non ci avete dato spazio in tv", ha accusato Simone Di Stefano, leader e candidato premier di CPI in un battibecco televisivo  ieri sera con Enrico Mentana su La7. "Siete voi che non siete democratici, non noi", ha rincarato la dose. Un modo un po' singolare di leccarsi le ferite. Come se il successo elettorale di un partito, la sua capacità di raccogliere consensi sul territorio, dipendesse esclusivamente dalla televisione. L'hashtag della campagna elettorale di CPI era "#direzione Parlamento". E giovedì, nel comizio di chiusura in piazza del Pantheon, Di Stefano aveva promesso: "Travolgeremo la politica". Iperbole sovranista, po' meno muscolare del "voleranno sedie e schiaffoni" con cui in questi cinque mesi aveva minacciato sfaceli nel caso la tartaruga nera fosse entrata a Montecitorio. E invece niente. "Da domani saremo di nuovo al lavoro nelle piazze, nelle periferie, continueremo a fare le cose che abbiamo fatto in questi anni", ha spiegato, visibilmente deluso, il segretario di CPI. L'unico appiglio dei "fascisti del terzo millennio", più che altro una speranza, è riuscire a entrare in Regione Lazio con il candidato Mauro Antonini. "Così almeno, con le risorse messe in campo potremo avere altri mezzi e strumenti per ripartire" - ragiona Di Stefano -.
 Simone Di Stefano (CasaPound) (lapresse)

Silenzio invece da Forza Nuova: l'ultimo post di Roberto Fiore risale alle ore in cui si stava ancora votando e suona come un malinconico messaggio  ai  "patrioti". "Comunque vada non vi abbandoneremo", ha scritto. Ma sono i patrioti che hanno abbandonato lui. Anche qui, nessun deputato eletto, niente "combattenti" o "soldati politici", per dirla con le metafore care alle formazioni dell'ultradestra.

Che cosa non ha funzionato nella campagna elettorale dei partiti neofascisti? Al netto della propaganda mediatica e del ritorno esibito nelle piazze - con l'escalation di violenze estremiste che ha tenuto banco anche alla vigilia del voto -, quello che esce dalle urne è un sonoro fallimento. Che l'ingresso a Palazzo sarebbe stato tutt'altro che facile, si sapeva. Perché un conto sono la metapolitica, le ronde xenofobe e i pacchi alimentari nelle periferie, e altro conto sono i calcoli e le strategie elettorali. Così come c'è una sostanziale differenza tra la partita delle amministrative (dove a CPI erano riusciti degli exploit) e quella delle politiche. L'ipotesi di un successo della tartaruga nera,  che era stata accreditata da qualcuno, sfuma clamorosamente. Nè è bastato a Di Stefano e camerati avere  "gettato un sasso nello stagno del centrodestra" con l'offerta di un sostegno a un governo Salvini (infine respinta per doveri di coalizione dal leader della Lega). Uno dei motivi del tonfo di CasaPound Italia sta  proprio qui: nel processo che, tra gli elettori di destra, anche di estrema destra, ha portato a identificare la Lega come l'unico partito in grado di far pesare in parlamento e magari in un governo le istanzee sovraniste e il contrasto netto all'immigrazione. "Vota più forte che puoi". Suonava così l'invito di CPI ai suoi elettori. In un post di quattro giorni fa Di Stefano aveva scritto "mandiamo un pugno di combattenti in parlamento a difesa della nazione!" pronosticando  "un nuovo governo tecnico alle porte". Ma il vero avversario, il cannibale che se la sarebbe divorata, era proprio la Lega.