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Renzi sfida i suoi: "Chi vuole governo con i 5 Stelle lo dica". Franceschini: "Mai pensato ad alleanze con M5s e destre"

Il segretario dimissionario del Pd Matteo Renzi (afp)
Chiamparino dà la sua disponibilità a fare il segretario. E sul dialogo con i grillini dice: "Nessun tabù". Orlando: "No a un esecutivo con loro, ma non demonizziamoli". Il ministro Calenda annuncia la sua iscrizione al Pd. Serracchiani lascia la segreteria nazionale e si dimettono i segretari regionali in Campania e Umbria
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ROMA - Travolto dalle polemiche interne per le sue dimissioni 'congelate', Matteo Renzi contrattacca e sfida i suoi: "Abbiamo perso, mi dimetto e ancora mi attaccate? Chi vuole il governo con M5s o con le destre, lo dica in direzione".

A stretto giro di post e di tweet gli risponde su Facebook Dario Franceschini: "Non ho mai pensato - scrive il ministro dei Beni Culturali - che sia possibile fare un governo con 5 Stelle, e tantomeno con la destra. Aggiungo che non trovo nemmeno traccia nel Pd di qualcuno che abbia in mente di farlo, quindi sono inutili polemiche o velenosi depistaggi mediatici". "Lunedì avremo la direzione. Introdurrà il vicesegretario Martina, dopo le dimissioni del segretario, e sono certo che lui troverà i toni e i contenuti per tenere il partito unito e che tutti noi gli daremo una mano".
• CALENDA IN CAMPO. CHIAMPARINO: NON È CONCORSO BELLEZZA
Prima di riunirsi 'uniti' in direzione, tuttavia, i dirigenti dem danno evidenti segni di disaccordo. Carlo Calenda annuncia che si iscriverà al Pd. "Non bisogna fare un altro partito ma risollevare quello che c'è. Domani mi vado a iscrivere".
Il premier Gentiloni lo ringrazia. Il governatore Sergio Chiamparino: "Calenda segretario? Non si tratta di fare un concorso di bellezza o di bravura". Quindi, dopo aver ammesso di essere disponibile anche lui a candidarsi alla segreteria, replica a Franceschini: "Dialogare con M5s dopo il voto di domenica? Io - afferma Chiamparino - quasi quotidianamente dialogo con la sindaca Chiara Appendino, non c'è nessun tabù da sfatare. Il partito deciderà in modo collegiale se e quali risposte dare". A questo proposito parte della minoranza dem potrebbe chiedere alla segreteria di valutare l'ipotesi di un referendum tra gli iscritti per decidere sull'opzione dell'appogio esterno a un governo pentastellato.
Ufficialmente favorevole è il governatore pugliese Michele Emiliano: "Il Paese non ha possibilità di attendere lunghe trattative, si deve sapere subito che il Pd sosterrà lo sforzo di governo del M5s". Mentre il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, dice: "No a un governo con loro, ma non demonizziamoli". In serata arriva la precisazione di Calenda, che smentisce di puntare alla segreteria. "Grazie ma non conosco il partito, le persone che ci lavorano, la rete territoriale. Candidarsi a qualcosa sarebbe davvero poco serio. E poi non voglio essere in nessun caso un ulteriore elemento di divisione o personalizzazione. Lavoriamo tutti insieme".

Elezioni 2018, Chiamparino sui 5 Stelle: "Dialogare con loro non è un tabù"

• L'APPELLO DI MARTINA A ESSERE UNITI
Nel tentativo di riportare accordo, interviene direttamente il vicesegretario pd Maurizio Martina. "Dobbiamo rialzarci e ripartire tutti insieme, contribuendo all'apertura di una fase nuova che ricollochi il progetto del Partito Democratico nella società e nel sentimento popolare del Paese. Con la direzione di lunedì dobbiamo aprire il nostro percorso di rigenerazione". "Lo dobbiamo fare con generosità e spirito unitario, unendo meglio le nostre forze e non dividendoci. Non possiamo sbagliare perchè in gioco c'è qualcosa di più grande dei nostri destini personali".

• LE DIMISSIONI 'CONGELATE' SCATENANO LE POLEMICHE TRA I DEM
Da parte sua Renzi conferma l'intenzione di lasciare e di non prendere parte alla delegazione dem che andrà al Quirinale per le consultazioni. Anzi, lascia filtrare che lunedì potrebbe non essere proprio in direzione. La relazione sarà affidata al vicesegretario Maurizio Martina. "Le dimissioni non sono finte, le ho firmate. La delegazione che salirà al Colle si decide in direzione lunedì prossimo. Non la guido io, vado a sciare", dice rispondendo al videocommento di Massimo Giannini, il quale, a Circo Massimo su Radio Capital, riferisce il contenuto di una telefonata avuta con il segretario.

Qualche ora dopo le parole di Renzi vengono smentite dal suo portavoce Marco Agnoletti. E Giannini puntualizza a sua volta: "Nella mia trasmissione su Radio Capital non ho mai affermato che Renzi sarebbe andato 'in settimana bianca'. Ho riferito solo quello che il segretario mi aveva appena detto al telefono, e cioè, testualmente: 'Le mie dimissioni sono vere, e non mi interessa nemmeno andare in delegazione al Quirinale per le consultazioni: deciderà la direzione del Pd, io vado a sciare...'. Questo è tutto".
SERRACCHIANI LASCIA LA SEGRETERIA NAZIONALE
Intanto, la governatrice (uscente) del Friuli Venezia Giulia lascia la segreteria del Pd. Da candidata alle politiche ha perso la sfida diretta all'uninominale nel collegio di Trieste ma rientrerà in Parlamento con il proporzionale. "Oggi stesso farò pervenire al segretario nazionale la lettera formale con cui comunico un atto che reputo doveroso e improrogabile", aggiunge Serracchiani in una nota dopo il tracollo del partito nella sua Regione, dove il centrodestra conquista tutti i collegi uninominali: 7 su 7 (due al Senato e cinque alla Camera) con la Lega primo partito con oltre il 25 per cento dei voti, seguito dal M5s al 24. Solo terza la coalizione di centrosinistra a quota 23 per cento. Un risultato con cui la Lega pone una forte ipoteca sulle prossime regionali in Fvg.

SI DIMETTONO I SEGRETARI IN UMBRIA E CAMPANIA
L'esempio di Serracchiani viene seguito anche dal segretario del Pd dell'Umbria Giacomo Leonelli, che si dimette dopo che i dem hanno perso tutti e cinque i collegi della regione, compreso quello della Camera a Perugia dove è maturata anche la sua sconfitta. E anche Assunta Tartaglione, segretario regionale del Pd Campania, ha deciso di rassegnare le proprie dimissioni.

PD PARTITO PIÚ VOTATO DA ITALIANI ALL'ESTERO
Intanto il Partito democratico si conferma la prima forza politica votata dagli italiani all'estero. A scrutini quasi ultimati - seppur con forti ritardi - i dem sono in testa fuori i confini nazionali sia a Camera che a Senato con circa 260 mila voti (26%). Segue la coalizione di centrodestra con 211mila voti (21,69%) e Movimento 5 Stelle con 170mila voti (17,54%).