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'The Boys in the Band', ritorno in scena 50 anni dopo: "Oggi la mentalità è cambiata"

Ryan Murphy riporta a Broadway il primo dramma che nel 1968 aprì la strada al teatro gay: "Con questo testo feroce, onesto e divertente, Mart Crowley entrò nella storia". Sul palco Zackary Quinto, Matt Bomer e Jim Parsons

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NEW YORK - "Quando debuttò a teatro nel 1968, di fronte a The Boys in the Band i quarantenni dicevano 'Non siamo più come i protagonisti in scena'. E, mentre i trentenni di allora esclamavano 'Siamo come loro, anzi più di quanto ci piacerebbe ammettere', i ventenni avevano le idee ancora più chiare: 'Siamo proprio così'. Il punto è che una pièce come The Boys in the Band non è uno spettacolo sull'omosessualità. È uno spettacolo che dà totalmente per scontato il milieu politico e sociale dell'omosessualità e lo usa per raccontare l'esperienza umana". Le parole del drammaturgo Tony Kushner (Angels in America) rimescolano storie e ricordi di quando The Boys in the Band, testo scritto negli anni Sessanta dal commediografo Mart Crowley, aprì Off Broadway a New York un anno prima della rivolta di Stonewall del '69, il primo, grande movimento di liberazione. Tenuto lontano dalle luci che illuminavano i visi di Julie Andrews, Bernadette Peters e Gene Kelly, solo oggi, in occasione del cinquantesimo anniversario, The Boys in the Band torna in scena. Questa volta 'On Broadway'.

'The boys in the band', Crowley sul palco alla prima a Broadway


Il gruppo di amici sul palco del Booth Theater è formato da attori pop, mainstream e dichiaratamente gay: tra loro Jim Parsons (Sheldon Copper di The Big Bang Theory), Zachary Quinto (gli Star Trek di J.J. Abrams) e Matt Bomer (White Collar, Magic Mike). Quello di giugno non è un mese a caso: è il mese del Pride. "Dagli anni Sessanta a oggi, The Boys in the Band ha avuto un enorme impatto nel mondo. E così la versione cinematografica di William Friedkin del '70. È una forza che non si può sottostimare" racconta Ryan Murphy, lo showrunner e creatore di serie tv più pagato a Hollywood (un contratto con Netflix da 300 milioni di dollari) e co-produttore dello show assieme a David Stone (Wicked).

'The boys in the band': il cast del ritorno a Broadway


"L'ensemble ci ricorda che tutto è cambiato e niente è cambiato" prosegue. "Mart Crowley è letteralmente entrato nella storia, dando voce per la prima volta a uomini gay e portando quelle storie, di solito nascoste, sul palcoscenico, attraverso un testo feroce, onesto e divertente. Senza compromessi. Per fortuna la mentalità della gente adesso è cambiata. Sacrosanto ricordare le battaglie che abbiamo vinto ma anche quanta strada dobbiamo ancora fare".

'The boys in the band', Crowley sul palco alla prima a Broadway

Nel post Aids e Act Up, assistere al dietro le quinte e alla prima di The Boys in the Band al Booth Theater ci riporta dritti alle parole di Crowley quando in America gli unici apertamente gay erano pressoché James Baldwin e Allen Ginsberg, senza contare che in televisione e al cinema personaggi gay o lesbiche sembravano quasi non esistere: "La vita vera non è così" ha dichiarato Mart Crowley con un sorriso. "Non tutti i froci si ammazzano tra loro appena finisce la pièce". Il rimando, appunto, è al gruppo gay di The Boys in the Band che si raduna in un appartamento di New York per festeggiare il compleanno di un amico e, dopo drink e sigarette, comincia un gioco al massacro, svelando rancori e solitudini private in un mondo, fuori e dentro, che non li accetta.
Matt Bomer e Jim Parsons 
La struttura di The Boys in the Band è simile a quella di Chi ha paura di Virginia Woolf  di Edward Albee, che odiò lo show Off Broadway, ed è stata omaggiata nel 2010 dal revival di La Cage Aux Folles. Secondo il drammaturgo e attivista Larry Kramer "non ci sarebbe il mio The Normal Heart dell'85 senza il contributo di Mart Crowley nel '68". Nonostante oggi viva di espedienti sull'inno alla diversità e all'uguaglianza, proprio il New York Times, in quegli anni, si rifiutò di usare la parola 'gay' nella recensione. La sodomia era un crimine.
Matt Bomer e Jim Parsons 
"Non avevo mai visto The Boys in the Band prima d'ora e non avevo approfondito la storia del teatro gay" ci dice Jim Parsons. "Il regista Joe Mantello mi ha mostrato lati della pièce che da solo non vedevo. Dietro l'omofobia ci sono temi che ci portiamo appresso da mezzo secolo: accettazione, identità, amore, rabbia per noi stessi". Continua Matt Bomer: "Tutto quello che ci fa sentire un po' scomodi, in realtà, non è che omofobia interiorizzata. Nell'era pre-Stonewall e pre-riots, la paura di uscire allo scoperto era così forte da impedire a questi uomini di avere relazioni persino al sicuro nelle proprie case, figurarsi sulle piste da ballo". Per Parsons e Quinto, "non c'è opportunità migliore di una play queer da poter mettere in scena ogni sera per quindici settimane, un'opera che mette in discussione le tue scelte. Tutte le lotte, gli sbagli, inclusi i tentativi di non dire apertamente che siamo omosessuali (per paura delle conseguenze nello showbiz, ndr) ora le celebriamo in scena. Insieme".

Il vero gay affair sotto i riflettori sono sempre stati i Tony Awards, i premi destinati alle eccellenze di Broadway, tra musical e teatro classico. Dai presentatori (Neil Patrick Harris) ai vincitori (David Hyde Pierce) che hanno ringraziato i rispettivi partner dal podio. Le storie Lgbtq capaci di spostare la percezione dell'opinione pubblica su gay, lesbiche e trans vanno da The Normal Heart - prima dell'edizione Hbo premiata agli Emmy, la play-simbolo di Larry Kramer ha debuttato al Public Theatre di New York City negli anni Ottanta - incentrata sugli inizi del contagio e uno scrittore che si prende cura del compagno colpito dal virus, fino a Angels in America, scritta dal premio Pulitzer Tony Kushner nel '93, ambientata nella New York anni Ottanta. La miniserie Hbo ha per protagonisti Meryl Streep e Al Pacino ed esplora l'America di Reagan, l'epidemia dell'Aids, religione e sessualità.

'Angels in America', la serie Hbo del premio Pulitzer Tony Kushner

La traduzione più rock e fortunata di Broadway è il musical sulla cantante transgender proveniente da Berlino Est: Hedwig and the Angry Inch. Ha aperto Off Broadway quando George W. Bush era governatore del Texas e vanta la penna e la recitazione di John Cameron Mitchell. Le sopracciglia marroni disegnate da una matita, ombretto turchino, una pennellata rosa su guance e mento, gocce di glitter oro e blu, lucidalabbra, rossetto, mascara, la parrucca bionda in testa. Nessuno ha saputo trasformarsi in Hedwig meglio di Cameron Mitchell o l'ex Dexter Michael C. Hall che qualche anno fa indossava davanti a migliaia di spettatori una giacca Denim strappata, calze a rete nere e stivali con la zeppa.

'Hedwig and the Angry Inch', dal musical al film

E, a seguire, Fun Home, adattamento da un graphic memoir di Alison Bechdel, "primo musical mainstream su una giovane lesbica" e "primo musical ad avere una lesbica per protagonista", Il colore viola, dal romanzo di Alice Walker su una donna bisessuale nera che lotta per se stessa nel profondo Sud degli anni Trenta, il musical rock Rent, moderna Bohème, su artisti - giovani, squattrinati, di sessualità differente - nella New York City  al collasso, tra crimine, droga e Aids.

Immortali Torch Song Trilogy (1982), la raccolta di play (tre) scritte da Harvey Fierstein, The Captive (1926, unico caso in cui, in quei tempi, una storia lesbica è stata ben accolta dal pubblico), Safe Sex, altro successo di Fierstein, The Pride, avanti-indietro nel tempo tra anni Cinquanta e 2008, con due storie d'amore gay in parallelo in epoche diverse, Kinky Boots di Fierstein con musiche di Cyndi Lauper (il film è del 2005), Take Me Out (2002, di Richard Greenberg) e Bent, la pièce del '79 sulle persecuzioni degli omosessuali durante l'Olocausto. Le performance di Ian McKellen e Richard Gere lo rendono uno dei testi più importanti della storia dei Playbill.

Dagli anni Settanta il teatro gay è passato da tentativi furtivi di Tennessee Williams di portare l'omosessualità sul palco a Falsettos, Love! Valour! Compassion! di Terrence McNally, When Pigs Fly di Howard Crabtree e Mark Waldrop. Senza dimenticare Avenue Q, con il personaggio 'in the closet' di Rod, la play Spring Awakening del drammaturgo tedesco Frank Wedekind, Cabaret, musical di Broadway datato '66  di Kander e Ebb e film diretto da Bob Fosse con Liza Minelli, immersi entrambi nella Repubblica di Weimer, con un personaggio (gay) che tiene traccia dell'atteggiamento degli statunitensi verso gli omosessuali.

E ancora, ricordate The Boy from Oz basato sulla vita del cantante Peter Allen con protagonista Hugh Jackman nel 2003? O il monologo di Gregory, ebreo e gay, in A Chorus Line, la versione teatrale di Il bacio della donna ragno, e il debutto in Italia di Naked Boys Singing al Teatro Colosseo, primo spettacolo di nudo maschile integrale? Aveva ragione il compositore Jerry Herman (Hello, Dolly!) che alla prima dell'adattamento di Fierstein di La Cage Aux Folles, conosciuto con il titolo Piume di Struzzo, disse di essere terrorizzato all'idea che il pubblico etero non avrebbe accettato George e il compagno Albin, costretti a fingersi 'straight'. All'improvviso, durante una ballata nel bel mezzo dello spettacolo, Herman e Fierstein notano in platea una coppia di mezza età. In piedi. Mani al cielo. Applausi a scena aperta. Si guardano e dicono: "Ce l'abbiamo fatta".