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Don Ciotti: "Bello il film su Pippo Fava, un uomo verticale che gridava nel deserto"

Il presidente di Libera alla presentazione del tv movie di Daniele Vicari con Fabrizio Gifuni nei panni del giornalista ucciso dalla mafia nel 1984. Andrà in onda il 23 maggio su Rai1 nella Giornata della legalità

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"Il film entra dentro, è bello e gli attori sono veri e credibili, hanno reso vivo tutto. Pippo Fava è mostrato come uno se lo immagina. Lui era ottimista e divorato dalla passione per il giornalismo, ma grida nel deserto. Anche noi rischiamo di farlo, nella sua Catania impaurita si rivolge ai giovani e li rende protagonisti". Don Luigi Ciotti, presidente di Libera, alla presentazione del film tv Prima che la notte di Daniele Vicari con Fabrizio Gifuni, in onda il 23 maggio su Rai1 (anniversario della strage di Capaci e diventata Giornata della legalità), parla con passione, come sempre, della lotta alla mafia.
E di un film che lascerà il segno, sul coraggio di un uomo che ha sfidato la mafia con l'ironia, trasmettendo la sua voglia di vivere e la passione ai giovani. "La cosa più bella di tuo padre?" dice uno dei ragazzi del film al giovane Claudio (interpretato da Dario Aita). "Che era bello ascoltarlo quando parlava, era un uomo capace di voler bene". "È un aspetto bellissimo del suo carattere, sapeva accogliere le persone e tenerle insieme. Emerge con forza l'etica professionale di Fava che considera il giornalismo un punto di forza della democrazia. Lui è un uomo verticale: anche se gli chiedono di abbassare i toni, cerca le verità e non le mezze verità. Oggi le mafie sono cambiate", spiega don Ciotti "ma molti elementi nel film riguardano l'oggi. Le mafie hanno cambiato i profili organizzativi e hanno più vocazione imprenditoriale. La legalità non deve essere un idolo. Viene trattata come bandiera anche da chi la calpesta, non può diventare un idolo. Rischia di essere confinata in un linguaggio educativo, deve diventare una parola di vita".
Pippo Fava 

Il film ripercorre la storia del giornalista fondatore della rivista I Siciliani, ucciso dalla mafia il 5 gennaio 1984. Il rapporto con la moglie (Lorenza Indovina) da cui è separato ma che continuerà a condividere il suo sogno di giustizia. Don Ciotti parte dall'insegnamento di Fava: l'etica del giornalista. Sottolinea che il fondatore dei Siciliani considerava il giornalismo "un punto di forza della democrazia se svolto con rigore, coscienza e coraggio. Tutti firmano in Italia i codici etici e chiamano Libera come testimone. Sono stanco di dover dire che ci dev'essere l'etica nella professione. Ma l'etica dev'essere professione, la base".
Stesso concetto ribadito alla presidente della Rai, Monica Maggioni, nel suo intervento. Per Don Ciotti "Fava è un uomo verticale che desidera vivere e non sopravvivere, cerca la verità. Il punto chiave del film è la negazione della presenza della mafia a Catania, e oggi c'è ancora qualcuno che nega la presenza mafiosa: chi avrebbe detto dell'Emilia Romagna, della Liguria, del Piemonte? Oggi le mafie sono cambiate e si è allargata la zona grigia, intesa come lo spazio al confine tra sfera legale e illegale. I mafiosi si collocano al suo interno, i confini sono diventati opachi, porosi, teniamone conto. Cosa nostra è capace di mettere in atto una permanente opera di infiltrazione in ogni settore economico-finanziario, infetta la cosa pubblica".

Se per tutti la mafia era a Palermo, Fava denuncia che è a Catania, la sua città. "Ha avuto forza e coraggio, ha preso posizione" dice don Ciotti "non si è voltato dall'altra parte, non ha preso soldi. La Commissione antimafia ci dice cose che devono far scattare l'allarme". Don Ciotti sottoline la capacità delle mafie di saper stare in una fase, anche lunga, di 'sommersione' dopo il periodo stragista, tanto che "oggi abbiamo solo due gruppi di fuoco: Napoli città e l'area di Foggia. Una fase di sommersione che non ha intaccato le potenzialità del sistema mafioso, nonostante il grande lavoro di magistratura e forze dell'ordine. Sono certo che questo film parlerà ai ragazzi e graffierà la coscienze".

Al Bifest 'Prima che la notte', Vicari racconta Pippo Fava, "intellettuale coraggioso"


Coprodotto da Rai Fiction con Fulvio e Paola Lucisano, scritto da Claudio Fava, Michele Gambino e Monica Zapelli, il film è aperto dalle immagini di Fava che torna a Catania sulle note di Call me di Blondie, la stessa canzone scelta per American gigolò. "Perché siamo negli anni 80" dice Vicari " e va restituita un'epoca. Fava è un uomo che guarda avanti". È un padre impegnativo, vitale, "nemico della tristezza" come lo definiscono i figli. Nel film il giovane Claudio grida: "Pensi che non vorrei essere come lui? Scrivere come lui?", restituisce alla figura del grande giornalista l'umanità.

"È importante come raccontiamo queste storie" osserva Claudio Fava. "Io ho visto e ascoltato molte storie e spesso c'era un limite, ovvero raccontare certi personaggi attraverso le loro morti. Ma parlarne come eroi li allontana da noi, penso che questo film abbia messo da parte la dimensione dell'eroismo e abbia restituito a Fava la sua vita. La sua lotta alla mafia era fatta anche di risate e momenti semplici. Mio padre era una persona simile a tutti noi, con i suoi sentimenti e la sua tenacia".

Fava è interpretato magistralmente da Gifuni ("La sua storia è quella di un uomo atipico, tutti vorrebbero interpretarlo", spiega l'attore) circondato da un gruppo di giovani che lo seguono nella sua battaglia civile, entusiasti e cui il giornalista dedica un pensiero tutte le sere (lasciava i bigliettini sulle scrivanie). Con loro e con I Siciliani racconta il sistema mafioso, scrive nero su bianco i nomi degli innominabili, ricostruisce i fatti e il contesto.