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La lunga notte dell'Argentina: contro il Perù tutti aggrappati a Messi

Lionel Messi 'placcato' dai suoi compagni di squadra (ap)
In caso di insuccesso alla Bombonera, la 'Seleccion' rischierebbe una disfatta storica. Di fronte un avversario che, in una serie di intrecci da film giallo, ha sempre creato problemi, anche se a Baires preferiscono ricordare lo scandaloso 6-0 dei Mondiali del 1978. Formazione: Dybala e Icardi a rischio panchina, Sampaoli potrebbe puntare su Benedetto
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BUENOS AIRES - Anche con il Venezuela il mese scorso doveva essere una pura formalità, i classici tre punti per guardare con un certo relax agli ultimi due impegni. Invece ne è uscito un pari condito da una serie infinita di brividi. In Argentina la paura di non andare al Mondiale sta assumendo contorni concreti. In Italia sarà la notte tra giovedì e venerdì (1,30 il calcio d'inizio) quando la nazionale allenata da Sampaoli imboccherà l'ultimo bivio per la Russia, quello impossibile da sbagliare. Una battaglia che Messi e compagni combatteranno contro un nemico insidioso: non un Brasile nel solito scontro tra titani, ma un Perù che non andrà alla Bombonera a viso aperto, ma costruirà una guerriglia in stile Tupac Amaru per portare a casa la pelle. Insomma, i peruviani sicuramente non giocheranno con la baldanza dei loro avi calcistici Cubillas, Chumpitaz, De La Torre ed altri che il 31 agosto del 1969 assestarono proprio all'Argentina, e proprio alla Bombonera, il colpo di grazia più amaro degli ultimi 50 anni: li fecero fuori dal Mondiale costringedoli a guardare dal televisore l'odiato Brasile di Pelé che festeggiava la Coppa Rimet all'Azteca di Città del Messico.

Un vero shock per l'Argentina, che non giocò più partite ufficiali nello stadio del Boca per 28 anni. Riprese l'abitudine nelle qualificazioni a Francia '98: con la Colombia finì 1-1 un incontro senza pathos, visto che gli argentini erano già qualificati. Finisse anche stavolta, con un pari o addirittura con una sconfitta, sarebbero guai. Soprattutto se il Cile invertisse il trend catastrofico degli ultimi tempi e tornasse a vincere con l'Ecuador. A quel punto la 'Seleccion'  si troverebbe di fronte ad una ultima giornata da incubo, alla quale dovrebbe aggiungere alle insidie di una trasferta in Ecuador (con tanto di altitudine), anche la preoccupazione di controllare non solo il Perù, ma anche il Cile, che andrà nella tana del dominatore del girone, il tranquillo Brasile. L'eliminazione sarebbe uno scenario apocalittico, tanto per fregare un termine che va di moda anche negli ambienti azzurri. Il quinto posto, che significherebbe play off con la Nuova Zelanda, sarebbe deprimente per una squadra di tale potenziale, ma almeno darebbe ottime chance di qualifcazione.

Una lunga notte contro il Perù, sulla carta ancora più difficile di quella che lasciò in sospeso Diego Armando Maradona, allora ct argentino, nella penultima giornata di qualificazioni a Sudafrica 2010. I peruviani erano ultimi e disinteressati (l'esatto contrario di adesso) eppure sotto una bufera di acqua e vento pareggiarono allo scadere il gol di Higuain, prima di cedere all'ultimo secondo di recupero ad una zampata del loco Martin Palermo. Per non parlare poi delle qualificazioni a Messico 1986: Ricardo Gareca segnò il gol qualificazione -ovviamente al Perù-, dopo l'ennesima partita drammatica, che aprì la strada al mondiale poi vinto da Maradona. Particolare curioso, quel Gareca è proprio il ct del clamoroso rilancio peruviano: è uomo capace di imprese schock, come quella della Coppa America del Centenario, quando si è preso il lusso di far fuori un Brasile che però non aveva ancora trovato l'attuale definita identità. "Il nostro momento è ideale, siamo pronti ad affontare qualunque squadra ed in qualcunque scenario", dichiara sicuro.
 
Meno sicuro il collega Sampaoli. I dubbi sono tanti, anche se dal ritiro argentino filtrano precise notizie tattiche e tecniche. Il ct sembra orientato verso un 4-2-3-1 senza Dybala nè Icardi. Messi agirà sulla trequarti in posizione centrale con Papu Gomez tra gli esterni, mentre il ruolo di salvatore della patria potrebbe essere assegnato a Dario Benedetto: lui il tifo del Boca lo respira, è colui che ha riportato alla Bombonera una tripletta Xeneize che mancava dai tempi proprio di Martin Palermo. Con Aguero 'out' per l'incidente stradale dei giorni scorsi, maglia in vista anche per Eduardo Salvio del Benfica.

Uno straordinario intreccio di passioni vissuto in maniera intensa da due popoli. Gli argentini con la paura di chi nel Dna ha una certa supponenza e si rende conto di poterla pagare cara. I peruviani con tanta speranza, sospesi tra gloria e delusione. Sono due le cose che terrorizano i peruviani, entrambe ricordate con disagio. La prima è una partita in cui il Perù non lottò, in una lontana notte rosarina ai Mondiali del 1978. Il Brasile aveva giocato - e vinto- una partita vera contro la Polonia di Lato, gli argentini avrebbro giocato poche ore dopo contro i peruviani con l'obbligo di vincere almeno con 4 reti di scarto per andare alla finale con l'Olanda. Un palo di Oblitas fu una finta di una triste rappresentazione. Il portiere peruviano Quiroga (che era un argentino naturalizzato), ne prese addirittura sei mentre i suoi parenti sugli spalti facevano festa... 

L'altra partita che a Lima e dintorni non piace ricordare è il quarto di finale del Mondiale del 1970 contro il Brasile di Pelè. L'anno prima, in 'amichevole', Gerson aveva frantumato una gara a Orlando De La Torre. Quella partita era l'occasione della tremenda vendetta per quello che era il perno della difesa. Solo che la sera prima il ct del Perù mise una scusa del tipo 'nella gara precedente Gerd Muller lo ha messo in difficoltà, De La Torre non giocherà. La difesa del Perù (che era grossa squadra) senza De La Torre non tenne, finì 4-2. Ah già, il ct di allora: era brasiliano, era Didì (quello del Mondaile '58), e sembra che la sera prima ricevette una telefonata dai familiari: gli riferirono di gente minacciosa sotto la loro casa che dava 'consigli' sul da farsi. E Orlando non giocò. Ormai i tempi dovrebbero, e sottolineano dovrebbero, essere cambiati. Il ct Gareca ha potuto dormire sonni tranquilli. Semmai gli incubi li ha qualcun altro: ha la maglia dell'Argentina, dietro c'è il numero 10.   
 
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