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Come i Ferrero Rocher sono diventati un simbolo degli immigrati in America negli anni ’80 e ’90

Alla fine degli anni Ottanta erano molti gli immigrati in America. Tra di essi, tanti Iraniani e Armeni che cercavano di rifarsi una vita dopo la guerra tra Iran e Iraq, nel tentativo di abbracciare una nuova cultura senza però dimenticare le usanze d’origine. In questo lungo processo di ambientamento, Liana Aghajanian ha raccontato l’importante ruolo che i Ferrero Rocher hanno avuto nelle abitudini di chi arrivava per la prima volta nel nuovo contintente. I famosi cioccolatini, come ha scritto su Thrillist, erano secondi solo al dollaro americano e al toman iraniano come valuta di scambio per la sua famiglia. Spesso in scatole da 48 pezzi, i Ferrero Rocher venivano portati in dono, e divennero ben presto un simbolo pregiato di accoglienza per le famiglie appena traslocate.

Nelle case degli immigrati, continua Liana, i cioccolatini erano un elemento fisso ed avevano un posto riservato sulla tavola. Al pari di un frutto proibito, venivano offerti a fine pasto come la più ricca delle prelibatezze, nonché come linguaggio di segreta complicità tra famiglie immigrate. Il cioccolato, per esempio, era particolarmente caro ai Libici, ha detto lo scrittore Tasbeeh Herwees, la cui famiglia arrivò in America in quegli anni. Inoltre, i cioccolatini stimolavano una maggiore risposta emotiva laddove il passato di chi li offriva era denso di guerre, violenze e turbolenze economiche passate. Insomma, un ponte accessibile verso il sogno americano, poi diventato nostalgico ricordo di un’infanzia difficile passata ad assimilare la nuova cultura.

La stessa azienda di Pietro Ferrero ha una storia che mette le radici nelle Seconda Guerra Mondiale, in particolare nella pasticcera del fondatore, dove per sopperire alla mancanza di cioccolato si usavano le nocciole. La SuperCrema, che oggi conosciamo come Nutella, nacque così: una combinazione dei due ingredienti, poi utilizzata in diversi dolci e finita nel ripieno dei famosi cioccolatini. Thrillist riporta l’ispirazione “religiosa” dei Ferrero Rocher: fu Michele Ferrero, figlio del fondatore, a dar loro il nome dalla Roc de Massabielle, una grotta sferica presso Lourdes dove si dice che la Vergine Maria sia apparsa a San Bernadette.

Il capolavoro di pasticceria divenne poi oggetto di una grande operazione di marketing, che lo piazzò nelle corsie dei supermercati al contrario dei competitor di lusso, come Godiva, che vendevano solo nei centri commerciali. Per questa ragione, il cioccolatino ebbe grande successo nelle comunità locali e nelle minoranze etniche, che cominciarono a considerarlo una ricchezza ottenibile all’istante. L’involucro dorato, che associa il prodotto all’idea di pepita d’oro, contribuiva all’idea di prosperità economica, rendendo il Ferrero Rocher un perfetto augurio da regalare.