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«OH, VITA! - Jovanotti» la recensione di Rockol

L'ascolto guidato di "Oh, vita", il disco di Jovanotti

Una guida al nuovo disco di Lorenzo, ascoltato assieme a lui medesimo

Recensione del 01 dic 2017 a cura di Giampiero Di Carlo

Voto 8/10

La recensione

“Cosa ha portato Rick Rubin dentro questo album? Ha tolto, quindi ha portato …”. Jovanotti racconta il suo “Oh vita” come un fiume in piena, gasato e fiducioso. 

Ascoltandolo, si capiscono alla perfezione le parole di Lorenzo: "Oh, vita" è un disco in cui il produttore ha portato sintesi e fuoco. La capacità vulcanica di Jovanotti, di mettere e condensare una quantità spaventosa di informazioni dentro una canzone, rimane. Ma la presenza di Rubin ha creato un suono più nitido ed essenziale, in cui si sente e tanto, la chitarra acustica. Non solo in brani come "Paura di niente" e "Affermativo" - voce e sei corde - ma in tutto il disco. I grandi produttori sono quelli che non impongono il proprio marchio di fabbrica, ma quelli che aiutano gli artisti a tirare fuori il meglio dalle proprie canzoni. E questo ha fatto Rubin con Jovanotti, anche su pezzi meno acustici (la jam finale di "Fame") o colorando brani più minimali ("Quello che intendevi" è "americana", nel senso del genere: una delle più belle canzoni mai scritte da Lorenzo).

“Lo scorso aprile gli ho portato un demo a Los Angeles, e gli ho chiesto se avrebbe lavorato con me. Mi ha chiesto che scadenza avevo e, siccome avevo promesso a Universal che avrei consegnato un nuovo album per Natale, ho risposto a Rick che avremmo dovuto farlo d’estate. ‘Ma come prima di Natale? Ma così c’è poco tempo, veramente…’. In America sono abituati a pianificare con grande anticipo, gli suonava strano. Poi tre giorni dopo mi ha chiamato e mi ha detto: ‘Dai, facciamolo. Lo registriamo ad agosto. Che ne dici, possiamo farlo fare in Italia?’….  

Lorenzo ci fa ascoltare buona parte dei pezzi e ci spiega la genesi dell’album, al centro del quale ci sono l’orgoglio, la soddisfazione e anche un po’ di incredulità per la collaborazione di altissimo lignaggio con Rick Rubin. Ecco l'ascolto guidato di "Oh, vita", assieme all'artista.

PAURA DI NIENTE
 “Il primo giorno è arrivato in elicottero da Capri, dove era in vacanza in barca, e io mi sono presentato con venti canzoni. Volevamo selezionarne 12, poi ne abbiamo scelte su 14 su cui lavorare. ‘Ci sono due anime in questi tuoi pezzi: una ritmica e una melodica, di songwriting: teniamole come punto di riferimento’, mi ha detto. Abbiamo cominciato dalla vena melodica, e Rick è ripartito da zero tagliando tutto il possibile: ‘Voglio che insistiamo sulla tua voce come unico elemento di forza. Navighiamo a vista e vediamo che succede. Riascoltiamo le canzoni solo con voce e chitarra. Io non so cosa dici, ma mi arrivi, mi emoziona’.

“Paura di niente” è stato il primo pezzo registrato il primo giorno di lavoro.

E’ una ballad con una chitarra acustica che suona grezza, verace, e il timbro di Lorenzo che pende più dalla parte del cuore che della perfezione. “La mia voce chiaramente non era perfetta, ma a Rick piaceva questa versione. Ogni take di qualsiasi brano era sempre suonato per intero, senza interruzioni, e questa l’abbiamo fatta quaranta volte. La take scelta è stata la settima: Rick l’aveva annotata come una delle sue preferite, insieme alla numero 13, e poi ha scelto questa, dicendo che altrove avevamo perso un po’ di tensione rispetto a quella riprodotta in questa versione”.  Beh, se Jova tendesse a De Gregori come modello, questo pezzo ne sarebbe la prova.

OH, VITA
“Oh, vita”, primo singolo e title track, l'abbiamo ascoltato guardando il video, che allora era appena terminato.

Il video è stato girato nel quartiere romano intorno al Vaticano dove Lorenzo è cresciuto, a Porta Cavalleggeri. Le riprese in parte sono avvenute dalla sua vecchia casa che, secondo le regole del Vaticano, la chiesa si è ripresa quando i suoi sono mancati e non ci viveva più nessuno. “Ho voluto girarlo là perché è il posto che è stato casa mia ma in effetti ormai non lo è più, è la mia infanzia dove oggi non ho più niente e nessuno. Il portinaio però aveva ancora le chiavi e ci ha fatto entrare, alcune riprese sono state fatte dalla cameretta mia e di mio fratello. Lo stile che ho voluto riprodurre è quello dei video hip hop degli anni ’90, quando nei video gli artisti non facevano cose, non recitavano, ma ci stavano semplicemente dentro”. Il pezzo suona come una filastrocca ipnotica, con basso e batteria in primo piano e sopra il flow impeccabile che non perde un colpo. Ha quella presa semplice e robusta che aveva “Loser” di Beck. Per altri versi è puro “old school rap”, cantato e prodotto da due ragazzi degli anni ’60 che della vecchia scuola tanti anni fa – ciascuno nel proprio contesto di riferimento, a seimila chilometri di distanza – furono protagonisti. Tra le citazioni varie cui spicca uno snippet di pochissimi secondi di “Futura”, amichevolmente concessa dagli eredi di Lucio Dalla. “Come posso non celebrarti, vita? Oh vita, oh vita”.

SBAGLIATO
Ancora una volta spadroneggiano le chitarre acustiche, e la vocazione recente di Lorenzo per lo strumento pare molto più di un’infatuazione.

Sono chitarre che suonano americano, profumano di West Coast, e sono suonate da Lorenzo e da Riccardo Onori. Jovanotti ci piazza sopra un cantato che fa la sua parte per ricondurre la melodia verso l’Italia, idioma a parte. Qua abbiamo un pezzo che coniuga la filosofia “stripped down” di Rubin con la melodia nostrana in salsa Jova, affinata in tre decenni di ricerca con gli orizzonti aperti del viaggiatore nato, le radici dell’artista consapevole che studia e rimescola il pop di casa e le stigmate del rapper che concepisce un brano come un flusso. Non è una canzone nuda come “Paura di niente”, ma è quasi altrettanto essenziale.
“Rick era molto contento di Riccardo – e pure di Pino Pischetola, alla fine gli ha fatto mixare mezzo disco, quando pensavamo che in America ci avrebbe messo le mani solo gente sua. Non ho mai incontrato una persona così facile, e così semplicemente concentrata sul risultato finale. Molto rispettoso, ma anche molto duro: ti fa fare mille cose, e poi finisce che molte le butti via, ma per lui il percorso non è importante: conta solo il risultato”.
“Rubin ragiona come me, perché non è un musicista. Agisce secondo campionamenti mentali. Gli interessano le canzoni e il suono. I suoi riferimenti sono numerosi, come i miei, e come me ragiona come un DJ – Saturnino continuava a dirmelo: ‘In studio siete uguali’. Ci assomigliamo perché io, come lui, sono ossessionato dalla musica. Penso solo a quello, sono un fissato, per me esiste solo il prossimo album. Ma siamo pure diversi perché lui è un minimalista mentre io invece sono un massimalista”.

CHIARO DI LUNA
 “Chiaro di luna”, il quarto pezzo in tracklist, “è la canzone romantica di questo disco”, secondo la definizione dell’artista. E’ una canzone d’amore. Ed è ancora la chitarra acustica a dettare legge. Suona come un classico di Jovanotti, ma è una marca nuova di classico perché qui l’influsso di Rick Rubin è palpabile. Volendo distillare e separare il contributo del produttore nelle note e nello spirito del disco, è interessante notare come la sua versione di guru della Def Jam sia quasi assente (e, a priori, non era ovvio trattandosi di Jovanotti e tenendo presente sia l’influenza del produttore sia la voglia di Lorenzo di cambiare registro dopo l’ultimo album) mentre il suo timbro è evidente in certi influssi di “americana” che compaiono qua e là.

VIVA LA LIBERTÀ/QUELLO CHE INTENDEVI/RAGAZZINI PER STRADA/AFFERMATIVO​
Jova in versione acustica, ma con un vestito più complesso: la prima è una chitarra acustica a 12 corde, ma con un ritmo e dei cori che ricordano il nuovo folk.

“Ragazzini per strada” è la gemella di “Paura di niente”, voce e chitarra e fisa, con il ricordo dei giorni passati. “Quello che intendevi” ha l’andamento e il suono del blues, è meno personale e più narrativa in senso classico: sempre storie di strada, ma raccontate dal’esterno. Piccole storie di gente che “cerca la scintilla”. L’insieme di suono (chitarra, piano, poche percussioni) e la voce recitata di Lorenzo lo rendono uno dei momenti più intensi del disco  e fa il paio con “Affermativo”: anche qua, poche chitarre acustiche (con un mood più più “world”) e le storie di chi vede il nostro mondo occidentale dopo la guerra. Altro momento davvero intenso.

LE CANZONI/NAVIGARE/AMOREMIO
La parte meno acustica e più sintetica del disco. “Le canzoni “ è Un inno al potere della musica, su una semplice batteria elettronica. “Navigare” ha l’andamento melodico di una canzone italiana classica, ma su un tappeti di tastiere e synth, mai invadenti e comunque minimali. “Amoremio” sta in mezzo tra la parte acustica e quella sintetica: una canzone voce e piano, ma con la voce filtrata dal vocoder, resa volutamente sintetica, per smussare il tono romantico delle parole.

IN ITALIA
Ed ecco “In Italia”, la canzone "più piena" del disco. "In tutte le canzoni ho usato poche tracce nel registrare, questa è quella che ne ha di più, e sono comunque solo 12" . 
E' la tua istantanea del paese? “Sono anni che mia moglie Francesca mi dice ‘Non hai mai scritto un pezzo sull’Italia, che aspetti a farlo?’.

Ora: i miei due riferimenti per le canzoni sull’Italia sono sempre stati agli antipodi, sono “L’italiano” di Toto Cutugno e “Viva l’Italia” di Francesco De Gregori. Ecco, io mi sono collocato in mezzo a questi due emisferi. Questa è la mia canzone sull’Italia - ed è un afro beat! Mi piaceva l’idea di un titolo così che contrasta con un suono afro”. E così su un tappeto funk che suona in maniera fantastica, quello che si candida come un secondo singolo naturale (solo perché il primo è stato già scelto) propone un collage di immagini, riferimenti e luoghi comuni che nel flow di Lorenzo trovano una colla che li rende sensati e non banali. E’ un affresco rap, che cita da Ramazzotti a Tony Dallara. “Campioni d’Italia / montecitorio-monte di Venere / come prima più di prima / si prega e si scopa / in Italia, e dove sennò?”.

SBAM
“Sbam”, che è una canzone scritta con gli AckeeJuice Rockers, due ragazzi di Bassano ex magazzinieri della Diesel, e pare creata apposta per essere suonata dal vivo. Sopra una base reggae, una raffica di suoni industriali, samples, snippets: “Questo è un Rubin full effect!”, spiega Lorenzo, che sciorina tutta la sua conclamata maestria del manipolare e creare immagini e metafore dai luoghi comuni: “Ho in tasca tutte le informazioni / ho il libretto delle istruzioni / ma mi scappa di mano / nell’uragano”…

FAME
La conclusione è canzone di 8 minuti, l'unica concessione alla lunghezza di tutto il disco, giustificata da una lunga e spettacolare jam: ma anche qua Lorenzo riesce ad essere sintetico ed essenziale: echi di old school come in "Oh, Vita!", assieme al rock ed al funk e alla world music. La canzone più varia e la degna conclusione per un disco soprendente.

Secondo Rick Rubin è un disco con molte cose diverse: “Mi ha telefonato e mi ha detto: ‘Penso che sia il disco più vario che abbia mai fatto, lo sto facendo ascoltare a un sacco di gente!’.” Giusto.
Però, dal punto di vista di chi si appresta a riaccogliere Jovanotti in radio, nel suo lettore e nelle sue playlist, la sintesi è less is more.

 


 

TRACKLIST

01. Oh, Vita! (03:34)
02. Sbagliato (04:30)
03. Chiaro Di Luna (03:59)
04. In Italia (05:15)
05. Le Canzoni (04:09)
06. Viva La Libertà (03:41)
07. Navigare (03:33)
10. SBAM! (04:20)
11. Amoremio (04:28)
12. Paura Di Niente (03:44)
13. Affermativo (04:10)
14. Fame (08:17)
Scheda artista:   
Jovanotti

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