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Smisurata disuguaglianza Intervista a José Domingo Ulloa Mendieta, arcivescovo di Panama

Enzo Fortunato, Direttore Rivista San Francesco
Pubblicato il 27-01-2019

Speranza e fiducia in una chiesa semplice e povera

Panama. I  giovani centroamericani di Costarica, El Salvador, Guatemala, Honduras e Nicaragua si sono preparati all'arrivo del papa con una giornata di studio dedicata alla Laudato Si’. 

Appuntamento nel palazzetto dell'università cattolica del Paese, annesso alle aule, dove si è riunita una gioventù festante e colorata. 

Il Cardinal Turkson è arrivato in avanscoperta e, senza mezzi termini, ha ricordato che il pianeta non è in salute, ha bisogno del protagonismo e dell’impegno dei giovani. 

Una città conosciuta nel mondo per lo scandalo dei Panama Papers. Ma ben altri scandali preoccupano le gerarchie ecclesiastiche: gli echi che arrivano dall’America del nord e del sud. Cresce la preoccupazione per quello che sta accadendo in Venezuela. Il cardinale di Caracas incrociato tra i porporati, senza mezzi termini ci dice “I vescovi e i preti stanno con la gente in piazza”. E papa Francesco oltre a essere preoccupato per il Venezuela, manda una stoccata al governo italiano citando Benedetto XVI: Le differenze si accolgono e si armonizzano. Chiaro riferimento ai processi di integrazione. E nella chiesa cresce l’insofferenza verso la non accoglienza che tradisce il principio dell’umanità e dell’amore.

Ne parliamo con l’arcivescovo di Panama, José Domingo Ulloa Mendieta, presidente della conferenza episcopale panamense, che ha accompagnato il papa passo passo in tutte le tappe di questa storica visita in Centroamerica.

Qual è il messaggio che papa Francesco manda ai giovani di Panama?

“Il grande messaggio che il papa lancia ai giovani che si sono incontrati alla Giornata mondiale della gioventù è che possono prendersi la responsabilità, e trasformare il mondo. 

Per questo abbiamo bisogno di giovani sognatori che realizzino un mondo e una Chiesa nuovi. E che, di fronte alla missione che Dio gli dà, come Maria, dicano senza paura: “Eccomi, sono la serva del Signore. Avvenga per me secondo la tua parola”.

Panama parla a due grandi realtà. America del nord e America del sud. Può questo piccolo fazzoletto di terra unirle?

“La vocazione di Panama, fin dall’inizio, è quella di ‘ponte’  tra nord e sud. Soprattutto attraverso la testimonianza di fede che arrivò a questo continente 500 anni fa. Una testimonianza che rappresenta la forza per vivere in pienezza i valori del Vangelo in questo territorio centroamericano. Ecco la missione che ha Panama in questa Giornata mondiale della gioventù: illuminare il nord e il sud perché insieme possiamo essere coerenti con la fede che professiamo”.

I giovani che il papa incontra vengono da America del nord, America del sud e da tutti i continenti. Oggi a Panama molti giovani sanno di essere marchiati dagli scandali della Chiesa e dei suoi pastori. Sia al nord, per gli abusi di cui si sono resi protagonisti alcuni religiosi, ma anche al sud.

“I pellegrini di Panama sono feriti da ciò che la madre Chiesa ha vissuto in questi ultimi anni. Nonostante questo, poterci incontrare nella convinzione che un mondo  e una chiesa nuovi sono possibili grazie ai giovani protagonisti di questa trasformazione, è una boccata d’aria fresca. Grazie ai milioni di giovani, laici e non, che seguono le orme del papa, la speranza e la fiducia in questa chiesa semplice e povera si trasmetteranno alla chiesa universale”.

Come a Panama così in tante parti del mondo ci sono tante ingiustizie. Capanne e, a fianco, grandi grattacieli della finanza. Poco più in là, il centro storico coloniale…

“Questa complicata realtà riassume tutta Panama. Le disuguaglianze nella ricchezza e nella povertà e il passato coloniale sono i semi che i giovani devono riportare a casa per poter dire, oggi più che mai: “dobbiamo essere più coerenti con la fede che viviamo e la realtà di tante persone”. 

La realtà di Panama e di tante zone dell’America latina deve darci la forza per prenderci adesso l’impegno di risolvere questa smisurata disuguaglianza, prima di tutto cambiando il nostro cuore, ciò che sostiene i nostri valori e così dando voce di chi non ha voce. 

Questo lo possiamo fare solamente partendo da una forte esperienza di Dio nella nostra vita. Una presenza che ci invita a scoprire Gesù nel volto dei più poveri. Avvicinandoci a loro, non lasciando che siano gli altri a farlo, ma impegnandoci, ognuno di noi, in prima persona”.


Vien da chiedersi quale è l’esperienza di Dio che vivono alcuni dei nostri governanti che dovrebbero condurre a una politica inclusiva e alla costruzione di ponti.


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