Consigli (non richiesti) a Giorgia Meloni in vista del congresso di Trieste

30 Nov 2017 19:50 - di Mario Landolfi

Cara Giorgia,
nella conferenza stampa di presentazione dell’imminente congresso di Trieste hai annunciato un “secondo tempo” di FdI  che ruoterà intorno alla riscoperta della centralità del valore della patria. Molti, anche nel centrodestra, storceranno il naso ritenendolo polveroso e superato quando invece è più moderno e decisivo che mai. Averlo proposto, questo valore, come fondativo dell’azione politica di FdI è già di per sé un atto di coraggio e te ne va dato atto. A questo punto, però, consentimi di suggerirtene uno a dir poco temerario: non dare ancora per scontata la tua adesione a questo centrodestra privo di idem sentire e di leadership.

L’inganno del Rosatellum bis

Prima di ogni altra considerazione, è la legge elettorale ad imporlo. Il Rosatellum bis è a prevalente impianto proporzionale. È nel proporzionale che i partiti si conteranno ed è lì che occorre superare la soglia del 3 per cento. Ciascuna forza politica eleggerà in autonomia i due terzi della propria rappresentanza. Solo la restane parte, cioè il 34 per cento, arriverà in Parlamento attraverso il meccanismo maggioritario dei collegi uninominali: 232 in tutto. Di questi, in base ai sondaggi in circolazione, a FdI spetterà circa un terzo di quelli che andranno a FdI e Lega, al netto – ovviamente – degli appetiti delle quarte gambe in allestimento e delle solite protesi già pronte a spacciarsi come decisive per la vittoria finale. E non è finita perché di questo terzo spettante a FdI, solo una parte ricadrà in collegi veramente competitivi. Poca roba. In cambio, però, FdI dovrà indossare il cilicio di un’alleanza piena di contraddizioni, di riserve mentali e subirne i contraccolpi, a cominciare dal rischio dell’irrilevanza sempre in agguato quando per proporzioni si è terzi su tre. Il gioco, credimi, non vale la candela.

Operazione-verità sulle coalizioni

Al contrario, ti intesteresti una meritoria operazione-verità se dicessi chiaro e tondo quel che tutti sanno e cioè che le coalizioni – a destra come a sinistra – non esistono. E neppure potrebbero, del resto, alla luce del Rosatellum. Prova ne sia che non c’è un leader a guidarle. Ho letto che lo diventerà chi prenderà più voti. Geniale: peccato solo che non servirà a decidere alcunché, ma solo a mobilitare i rispettivi elettorati. A meno che non si voglia davvero credere che Berlusconi muoia dalla voglia di sostenere un governo Salvini. È una gara posticcia. Non però gli effetti micidiali che rischia di scatenare in campagna elettorale sotto forma di polarizzazione dello scontro. Non è un caso che a deciderlo siano stati Berlusconi e Salvini. A quel tavolo tu non c’eri. Brutto segno: perché se non sei al tavolo, sei nel menù. Prima, però, eri stata l’unica nel centrodestra ad aver denunciato l’obiettivo inciucista sotteso al Rosatellum. Ma non sei stata ascoltata. Ora sei l’unica legittimata a trarne le logiche conclusioni.

Alleabili sì, malleabili mai

Tanto più che queste elezioni non decideranno il governo, ma il peso di ciascun partito. Il governo si farà dopo. E nessuno ti potrà impedire di parteciparvi, a patto – beninteso – che ne sussistano le condizioni, politiche e programmatiche. Alleabili sì, malleabili mai. È qui che potrai fare concorrenza ai Cinquestelle, il movimento più inutilmente votato del mondo per sua stessa scelta. Cara Giorgia, io penso che la “fase due” possa e debba cominciare con una dichiarazione di guerra lanciata dall’unica leader donna in circolazione: guerra ai triti riti di una politica inconcludente e rissosa; guerra al bar sport permanente; guerra all’«uniti si vince» ma nel frattempo ognuno si arrangi come può, guerra al falso mito del primato della società civile. Occorrono, in definitiva, parole d’ordine nuove, chiare, mobilitanti, che solo una campagna elettorale in solitaria può far brillare in tutta la loro dirompenza. Lo so che c’è deficit di “saggezza” in tutto questo. Ma la saggezza, come cantava Lucio Battisti, «troppo spesso è solo la prudenza più stagnante». Il resto del verso – ne sono certo – lo conosci tu meglio di me.

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