Il Papa scrive al «signor Maduro»: anche il Vaticano archivia il regime

13 Feb 2019 12:07 - di Luciana Delli Colli

Con una lettera indirizzata al «signor Maduro», anche il Papa archivia di fatto il regime venezuelano. Lo fa, certo, con i modi e i toni della paludata diplomazia d’Oltretevere, ma lasciando trapelare tutto lo sconcerto della Santa Sede per quello sta accadendo. E, ancora di più, lasciando trapelare tutta l’insofferenza per il modo in cui Maduro e i suoi hanno prima richiesto e poi ignorato il ruolo di mediazione del Vaticano. «Purtroppo quanto è stato concordato nelle riunioni non è stato seguito da gesti concreti per realizzare gli accordi», ha scritto Bergoglio nella lettera datata 7 febbraio e giunta in risposta alla richiesta di mediazione arrivata un paio di giorni prima, sempre in forma scritta, dallo stesso Maduro.

Bergoglio scrive al «signor Maduro», non al presidente

Nella lettera, indirizzata non più al «presidente» ma all’«Excelentísimo señor Nicolás Maduro Moros, Caracas», Bergoglio ripercorre le tappe degli interventi vaticani per favorire una mediazione tra le parti, facendo anche riferimento a una lettera del 1 dicembre 2016 firmata dal cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin. Uno sforzo diplomatico documentato, dunque, a fronte del quale però la Santa Sede non ha riscontrato un impegno di pacificazione effettivo, tanto che «le parole – ha scritto Bergoglio – sembravano delegittimare i buoni propositi che erano stati messi per iscritto». Nella missiva, resa pubblica dal Corriere della Sera, Francesco ha poi ribadito di essere stato a favore di una mediazione, «non di qualunque dialogo, però». «Ma di quello – ha precisato il Papa – che si intavola quando le differenti parti in conflitto mettono il bene in comune al di sopra di qualunque altro interesse e lavorano per l’unità e la pace».

L’insofferenza della Santa Sede per gli impegni disattesi

Il Pontefice quindi ha ricordato il ruolo svolto dalla Santa Sede e dai vescovi venezuelani «come garante e su richiesta delle parti». Un lavoro per riemergere dalla crisi «in modo pacifico e istituzionale», seguendo una serie di condizioni affidate ormai più di due anni fa alla lettera di Parolin. In quella lettera, «la Santa Sede segnalò chiaramente quali erano i presupposti perché il dialogo fosse possibile», avanzando, ha ricordato il Papa, «una serie di richieste che considerava indispensabili affinché il dialogo si sviluppasse in maniera proficua ed efficace». «Purtroppo quanto è stato concordato nelle riunioni non è stato seguito da gesti concreti per realizzare gli accordi», ha segnalato il Papa, che in calce alla lettera si è firmato «Francisco».

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