I “terroni” di Libero e il “Ponte sullo Stretto” che ossessiona Travaglio sul Fatto: qual è il vero razzismo?

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L’articolo di una giornalista reggina su Libero indigna i meridionali molto più del vero razzismo anti-Sud: il mondo al contrario

Il popolo del Sud s’è rivoltato nei giorni scorsi contro il quotidiano “Libero” per il titolo “Comandano i Terroni“, che ha mandato su tutte le furie tutti quei meridionali (evidentemente ignoranti) che si sono sentiti offesi. Già, ignoranti perchè ignorano cosa significhi il termine “terrone”, e in quale contesto e per quale motivo Libero l’abbia utilizzato in quel modo. “Terrone”, infatti, non è un’offesa ma invece si tratta di un termine goliardico con cui i settentrionali si rivolgono ai meridionali, talmente tanto consolidato da decenni che è stato più volte utilizzato da noti e stimati poeti, scrittori, registi, artisti, cantautori del calibro di Pier Paolo Pasolini, Rino Gaetano, Cesare Pavese, Marino Moretti, Anna Banti, Giovanni Arpino, Enzo Jannacci, Pino Aprile. Tra questi, alcuni meridionali che – di essere “terroni” – ne vanno orgogliosi.

Anche l’articolo di “Libero“, “Comandano i Terroni“, l’ha scritto una giovane giornalista terrona, orgogliosamente terrona: si chiama Azzurra Noemi Barbuto ed è proprio di Reggio Calabria. Stamattina in un’intervista ha spiegato con lucidità il senso del suo lavoro e ha respinto nel modo migliore gli insulti ricevuti dai “classici odiatori frustrati che sfogano su internet il proprio malcontento“. I tipici grillini “indinniati“, il popolo del reddito di cittadinanza, quelli che “kombattono la kasta”.

Nel suo articolo, Azzurra Noemi Barbuto ha illustrato come in realtà in questo governo considerato da molti a trazione nordista per l’ingombrante presenza di Salvini e della Lega, comandino i meridionali che ricoprono tutte le principali cariche dello Stato. Persino Maria Elisabetta Alberti Casellati, la Presidente del Senato, è di origine reggina: gli Alberti erano infatti marchesi di Pentedattilo e duchi di Melito Porto Salvo, e proprio sulla jonica reggina troviamo le origini della seconda carica dello Stato. Poi c’è Sergio Mattarella, palermitano doc, “il mio preferito” per la giornalista reggina di Libero che ne tesse le lodi; il napoletano Roberto Fico alla presidenza della Camera, e il pugliese Giuseppe Conte come premier. Nell’articolo di “Libero”, quindi, non c’è nessun razzismo: è un articolo positivo per il Sud, che non si limita a constatare come oggi i meridionali stiano governando il Paese, ma con entusiasmo recita che “finalmente” il Sud sia nella cabina di comando dell’Italia.

Poi c’è quel titolo, dal tono chiaramente goliardico e provocatorio, che sorprende solo chi non conosce “Libero” e la stampa: come “Il Manifesto“, “Libero” è un giornale che da sempre si caratterizza per uno stile molto pungente, sarcastico, “politicamente scorretto”. Inoltre da quando Vittorio Feltri, uno dei giornalisti più autorevoli sul panorama nazionale odierno, ne è tornato alla guida il il 3 maggio 2016, è riuscito a moltiplicarne le vendite e risollevarne le sorti proprio grazie a questo stile giornalistico che in più occasioni ha portato “Libero” a caratterizzare il dibattito nazionale. Esattamente come negli ultimi giorni. Insomma, Feltri – da giornalista navigato – ha fiutato l’occasione per spopolare e quei tanti idioti che adesso gli si accaniscono contro, stanno soltanto facendo il suo gioco. L’ha spiegato lui stesso in un brillante editoriale di ieri sulla “prevalenza del cretino“. Insomma, un titolo giornalisticamente azzeccatissimo.

Dare del “terrone” a un meridionale equivale al classico epiteto con cui i reggini scherzano con i messinesi etichettandoli come “buddaci“. Una goliardia, uno scherzo, una battuta simpatica e leggera. Difficile che nel 2019 ci sia ancora qualche “buddace” che si offenda. Per i messinesi, i reggini sono “sciacquatrippa” e dagli aliscafi alle Università è uno scherzo continuo. Così come per i terroni, le popolazioni nordiche sono “polentone“. Niente di più simpatico in un Paese così variegato che un po’ di sana goliardia regionale. Se, invece, al Sud ci sono milioni di ignoranti che ancora si offendono, è evidente che soffrano di un complesso di inferiorità che non gli consente più neanche di scherzare: addirittura c’è chi parla di “razzismo” (!!!), ma qual è il vero razzismo?

Stamattina nella prima pagina del Fatto Quotidiano, il giornale simbolo dei grillini che spopola soprattutto al Sud, tale Marco Travaglio scrive un “editoriale” che sembra un tema di terza media in cui si scaglia contro i manifestanti Sì-Tav che ieri hanno riempito piazza Castello a Torino per la seconda volta in poche settimane. Erano 30.000 ed è comprensibile che questa manifestazione non piaccia a uno come Travaglio: innanzitutto perchè non c’erano facinorosi incapucciati con passamontagna e armati di spranghe e bombe molotov, da anni fomentati dall’odio che i vari Travaglio & company alimentano sulle classi più svantaggiate. Non era una manifestazione dei centri sociali, non c’erano simboli o bandiere di partito, non ci sono stati disordini: è stata una manifestazione di tanta gente che di solito non manifesta, di gente acculturata, preparata, che sogna un’Europa unita e vicina, e che vuole un’Italia protagonista nell’Europa unita del futuro. Un progetto che non può prescindere da collegamenti veloci e funzionali come la Tav Torino-Lione, appunto, una “piccola” grande opera che si inserisce in un più ampio contesto continentale di collegamenti rapidi e che solo l’incompetenza economica e sociale poteva riuscire a mettere in discussione. Le uniche bandiere in piazza ieri a Torino erano quella dell’Italia e quella dell’Unione Europea, simboli in cui tutti dovremmo riconoscerci. Insomma, è stata una manifestazione di unione e di amore, rispetto a quelle di divisioni e odio che Travaglio negli ultimi anni ha spesso aizzato e cavalcato (dai Vaffa Day grillini ai Gilet Gialli francesi).

Marco Travaglio direttore del Fatto Quotidiano
LaPresse/Fabio Cimaglia

Nel suo articolo, Travaglio riesce a tirare in ballo anche il Ponte sullo Stretto (confermando così la sua storica ossessione nei confronti del grande progetto per collegare Calabria e Sicilia in modo stabile). Ecco, se c’è davvero un “razzismo” nel giornalismo italiano di oggi è proprio quello di chi da anni parla del Sud con toni sprezzanti giustificando posizioni contrarie alla realizzazione di opere di sviluppo (come ovviamente sarebbe il Ponte) perchè “inutili in zone così disagiate“. Quante volte hanno detto che il Ponte unirebbe “due cosche“, o “due cloache“? Eppure nessuno ha fatto le barricate anti-razzismo: siamo proprio noi meridionali che non sappiamo distinguere chi ci odia veramente da una battuta leggera. Ci indigniamo per un “terroni” scherzoso, di cui dovremmo andare orgogliosi, e chiniamo la testa di fronte a chi ogni giorno ci dipinge come criminali e giustifica il nulla cosmico che da decenni lo Stato realizza per il Sud. A maggior ragione adesso che con il governo dei terroni e il reddito di cittadinanza, siamo tornati ai tempi dell’assistenzialismo della Prima Repubblica: anzichè Ponte, infrastrutture, collegamenti, lavoro e sviluppo, vogliamo l’elemosina per continuare a tirare a campare. Salvo incazzarci se ci dicono “terroni“. I veri casi umani siamo noi.

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