L’ 11 novembre del 1929 con la firma dei Patti Lateranensi tra la Santa Sede e lo Stato Italiano (firmatari il Cardinale Pietro Gasparri, Segretario di Stato di Pio XI, e il Capo del Governo Benito Mussolini) si metteva fina alla “Questione Romana” apertasi all’indomani della breccia di Porta Pia. All’evento storico che celebra il suo 90° anniversario l’Associazione Culturale Anassilaos dedicherà un incontro che si terrà martedì 5 febbraio alle ore 17,30 presso lo Spazio Opencon la partecipazione del Prof. Antonino Romeo.
Introdurrà l’intervento dello studioso il Dott. Luca Pellerone, Vice Presidente Anassilaos Giovani. I Patti, come è noto, si articolano in tre diversi documenti, un trattato, un concordato, una convenzione finanziaria. Nel Trattatolo Stato Italiano e il Vaticano si riconoscono come stati sovrani (Art. 26 del Trattato “La Santa Sede …dichiara definitivamente ed irrevocabilmente composta e quindi eliminata la « questione romana » e riconosce il Regno d’Italia sotto la dinastia di Casa Savoia con Roma capitale dello Stato italiano”). All’art. 1° si dice, peraltro, che l’Italia“riconosce che la religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello Stato”. Il Concordatofissa le relazioni tra Stato e Chiesa, concedendo ad Essa privilegi in materia matrimoniale, giurisdizionale ed educativa. All’ Art. 34 si dice che “Lo Stato italiano , volendo ridonare all’istituto del matrimonio, che è base della famiglia, dignità conforme alle tradizioni cattoliche del suo popolo, riconosce al sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti civili”e all’ Art. 36 che “L’Italia considera fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica. E perciò consente che l’insegnamento religioso ora impartito nelle scuole pubbliche elementari abbia un ulteriore sviluppo nelle scuole medie… Segue una Convenzione finanziaria. Con essa lo Stato versa al Vaticano un indennizzo per la conquista di Roma del 1870. “L’Italia(Art. 1 della Convenzione) si obbliga a versare, allo scambio delle ratifiche del Trattato, alla Santa Sede la somma di lire italiane 750.000.000 (settecento cinquanta milioni) ed a consegnare contemporaneamente alla medesima tanto Consolidato italiano 5% al portatore (col cupone scadente al 30 giugno p.v.) del valore nominale di lire italiane 1.000.000.000 (un miliardo)”. La “Santa Sede dichiara(Art. 2 della Convenzione) di accettare quanto sopra a definitiva sistemazione dei suoi rapporti finanziari con l’Italia in dipendenza degli avvenimenti del 1870”. Il raggiungimento di tale accordo, accolto in modo entusiastico in tutto il Paese, suscitò qualche riserva sia nel mondo cattolico (l’allora responsabile della Fuci Giovanbattista Montini, poi Paolo VI e Don Primo Mazzolari) che in quello laico. Benedetto Croce,nell’ intervento tenuto in Parlamento il 27 maggio 1929 al Senato si oppose ai Patti Lateranensi, che poi furono approvati, tramite appello nominale, con 317 voti favorevoli su 323 votanti e si beccò da Mussolini l’epiteto di “imboscato della storia”. Lo stesso Croce invero molti anni dopo giudicò negativamente l’inclusione dei Patti Lateranensi nell’ articolo 7 della Costituzione, frutto di un compromesso tra PCI e Democrazia cristiana, ma proprio questa inclusione, piaccia o meno, dimostra che i Patti Lateranensi – poi modificati nel 1984 per quanto riguardava il Concordato dal Cardinale Agostino Casaroli e dal Presidente Bettino Craxi – avevano un significato e una importanza che andava ben al di là delle contingenze storiche e del Fascismo.