Andamento demografico: al 2030 potremmo avere 10 comunità in meno nel Molise

In picchiata mar 31 luglio 2018
Attualità di Claudio de Luca
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Denatalità ©Avvenire.it
Denatalità ©Avvenire.it

CAMPOBASSO. Andamento demografico: entro il 2030 potremmo avere 10 comunità in meno.

Al fine di semplificare l’attività della Pubblica amministrazione, entrò a far parte dell’ordinamento un centinaio di decreti legislativi. Ma non sono bastati perché, per provare ad arginare la mole delle norme vigenti, si dovrebbe imporre non tanto uno sfoltimento quanto la produzione di nuovi provvedimenti. Questo paradosso ha reso la vita difficile prima alla Riforma Bassanini, e poi a quelle Bersani, gli unici tentativi riusciti (?) in Italia di lotta alla burocrazia. Punte di diamante della cura sono state la realizzazione dello sportello unico e l’abbattimento di un esorbitante numero di certificati e di autorizzazioni.

E’ rimasto lo scoglio maggiore rappresentato dalla quantità dei Comuni (8.103), e soprattutto dalla massiccia presenza di enti di piccole dimensioni (il 95% rimane, demograficamente, sotto i 20 mila abitanti; il 73% ne conta meno di 5.000, e sono quasi 6 mila). Si pensi pure che, nei 7.848 Comuni fino a 20 mila abitanti, vivono quasi 27 milioni di persone, rappresentative del 47% dell’intera popolazione, mentre nei restanti vive la maggioranza degli italiani e risiede la gran parte delle imprese. Pensare, allora, che i nuovi strumenti dell’anti-burocrazia possano attecchire in simili realtà sarebbe davvero volere troppo; tant’è vero che i succitati istituti navigano in forti difficoltà applicative. Se i dati sopra esposti venissero ragguagliati alla realtà molisana, si otterrebbe un quadro sconfortante, fatto di Comuni – polvere, con una sola certezza: quella per cui, entro il 2030, se l’andamento demografico ed economico dovesse mantenersi costante, potremmo avere 10 comunità in meno per sopravvenuta estinzione.

Nell’arco di 7 anni, è stato registrato un calo della popolazione pari allo 0,6%, peraltro insorto a causa di un’inedita ondata migratoria giovanile che – nel solo 1999 – superò le mille unità. Se accoppiamo questo dato a quello legato alla denatalità, diventa impossibile vedere spiragli di luce per il futuro.

Perciò, quando in campagna elettorale, da parte di più di una parte politica, verranno illustrate le magnifiche sorti, e progressive, della regione, occorrerebbe interromperne certi enfatici eloqui per rappresentare al caporione di turno che la buona sorte incontrerà magari soltanto il suo portafogli; e bisognerà rammentargli che il Contado, già amministrato dai Borboni, contava 331.000 abitanti, mentre nel 2010 (quando a fronte di ogni bambino c’erano 6 anziani) ne vantava solo 300 mila, con una popolazione in età lavorativa calata di migliaia di unità rispetto a quella di un decennio fa. Oggi, purtroppo, si assiste ad una netta diminuzione del numero degli occupati, soprattutto in agricoltura (-32,5% a Campobasso, -60% ad Isernia).

Tuttavia, mentre una parte di questa occupazione apparirebbe assorbita dal settore industriale (+10%) e dal terziario (+2,38%), nel territorio pentro la variazione nell’occupazione industriale si fa praticamente nulla mentre nel terziario diventa pari a –5,26%. In totale, nell’intera area molisana, sin dagli Anni ‘90, il contingente di occupati è diminuito di quasi 6 mila unità, uscite per la gran parte dal settore agricolo. Per di più, alla diminuzione degli occupati (-3,8%, pari a circa 3.400 unità), fa riscontro l’aumento del numero delle persone in cerca di occupazione (+33,3%). Tutti questi dati, sfornati dalla Camera di commercio molisana, non fecero molta impressione sulla classe politica locale cui, forse bisognerebbe augurare l’immortalità.

Probabilmente soltanto così maturerebbe aspettative di più alto profilo (per dismissione di quelle al presente praticate), senz’altro dovute alla perseguita filosofia oraziana del ‘carpe diem’ (“Tanto oggi sto qua, domani chissà!”). Ciò premesso, come si sono organizzati i nostri Comuni a fronte di questo sfacelo sociale ed economico? Con i mezzi suggeriti dal legislatore, vale a dire partorendo (poche) Unioni che, di sovente, si rivelano soltanto cartacee, nate al solo scopo di poter gestire meglio (fruendo di più cospicui fondi di finanza derivata) quell’una, o due, legislature che toccano oggi in sorte al nostro politico mordi e fuggi. Una scelta obbligata, dal momento che nessuno ha il coraggio di cancellare, magari riducendoli a municipi, neppure quei Comuni da 300-500 anime dove, visivamente, non si sa come tirare avanti, dal momento che occorre comunque elargire ai propri amministrati gli stessi servizi offerti all’utenza da enti ben più grandi, mentre la cassa piange, piena com’è di ragnatele.

Claudio de Luca


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