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Sabato, 20 Aprile 2024
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Asse M5s-Lega, ipotesi di accordo "a tempo": si torna a votare già nel 2019

Governo politico Di Maio o Salvini oppure un "Gentiloni bis" per un anno poi nuove elezioni nel 2019 insieme alle Europee: tutte le ipotesi in campo

Entra nel vivo la trattativa fra le forze politiche sulle nuove presidenze delle Camere, primo step preliminare per la immediatamente successiva trattativa sulla formazione del nuovo governo. Il timing è definito: venerdì 23 marzo Camera e Senato iniziano a votare per scegliere i successori di Laura Boldrini a Montecitorio e Pietro Grasso a palazzo Madama. Andranno avanti no stop, come nei conclavi, fino alla fumata bianca. A Palazzo Madama il nuovo presidente potrà arrivare già nel pomeriggio di sabato 24, quando alla quarta votazione è previsto ballotaggio a due fra i candidati più votati con vittoria a maggioranza semplice anche per un solo voto di scarto. Non così alla Camera dove, in assenza di intesa forte fra i gruppi, le votazioni potranno proseguire anche la domenica 25 e i giorni successivi fino al risultato.

Dalle elezioni al Governo: cosa succede ora

Le due forze vincitrici delle elezioni, M5s e Lega, hanno pubblicamente e ai massimi livelli rivendicato in questi giorni sia con Luigi Di Maio che con Matteo Salvini il diritto di giocare da protagonisti questa partita. Salvini ha preannunciato per la prossima settimana colloqui diretti 'con i leader delle altre forze politiche' rappresentate in Parlamento sulle nuove presidenze delle Camere: oltre a Di Maio, anche Berlusconi, Meloni e Grasso e, con ogni probabilità, Maurizio Martina che si accinge ad assumere la reggenza temporanea del Pd. Il leader M5s, per parte per sua, ha direttamente rivendicato ai pentastellati una presidenza del Parlamento. "Noi siamo aperti al confronto con tutte le forze politiche ma chiaramente pretenderemo il riconoscimento del voto degli italiani che ci hanno indicato come forza politica del paese', ha videodichiarato Di Maio su Facebook.

Sulla carta M5s e Lega potrebbero anche essere autosufficienti e chiudere un accordo a due, contando insieme nel nuovo Parlamento di una maggioranza sufficiente a eleggersi da soli i presidenti.

Non è certo escluso che a questo si arrivi ma, come previsto anche dai Regolamentio delle Camere che nelle prime votazioni richiedono per l'elezione maggioranze qualificate alte, in prima battuta Salvini e Di Maio hanno convenuto di tentare una 'larga intesa' possibilmente con tutti i gruppi. Quanto meno anche con Pd e Fi con i quali in parallelo lavorano anche, con mediazione del premier in carica Paolo Gentiloni, al nuovo Def sulle politiche economiche e di bilancio del prossimo triennio che va presentato alla Ue entro il prossimo 10 aprile 

Lo schema di gioco su iniziativa M5s-Lega che si sta preparando in queste prime ore di contatti diretti fra lo studio di Di Maio a palazzo Montecitorio, via Bellerio, largo del Nazareno e villa san Martino ad Arcore, secondo quanto è stato riferito da fonti dei diversi gruppi parlamentari, sarebbe complessivo e a 360 gradi. Comprensivo cioè di tutti i principali incarichi istituzionali da decidere a inizio legislatura. Con ricerca di accordi non solo sulle presidenze di Camera e Senato ma anche delle loro commissioni bicamerali di controllo e ordinarie. Ma non basta. M5s e Lega punterebbero da subito a verificare la praticabilità da subitio di prime nuove riforme istituzionali da tutti avvertite come necessarie: una nuova legge elettorale che garantisca di non usare mai più il Rosatellum, un ulteriore taglio dei costi della politica, portando a termine la mancata abolizione dei vitalizi parlamentari.

Due riforme 'da fare subito e in Parlamento', frutto della ferma e comune volontà di M5s e Lega - entrambi potenziali primi azionisti di qualsivoglia prossima maggioranza - che la materia delle riforme istutuzionali venga da subito e per l'intera legislatura sottratta alla giurisdizione del governo (e alle prossime trattative sulla sua formazione chiunque ne sia l'incaricato), fin dall'inizio della legislatura. Marcando così una netta discontinuità con la genesi del Rosatellum e delle riforme costituzionali Boschi fatte approvare a colpi di fiducia dai governi Gentiloni e Renzi, per lo più su iniziativa e regia degli stessi. 

Una nuova legge elettorale? Convergenza sul Germanicum

La base di partenza - da rivedere e correggere- per cercare una traccia di intesa M5s-Lega-Pd-Fi (starà a Fdi e LeU decidere se partecipare o meno alla nuova 'grande trattativa' istituzionale) per una nuova (e rapida, come chiede soprattutto Salvini) legge elettorale potrebbe essere, viene fatto notare, quel sistema elettorale alla tedesca con premio ribattezzato 'Germanicum' su cui Berlusconi, Renzi, Grillo e Salvini avevano già trovato accordo la scorsa estate, portando la 'legge Fiano' (dal nome del relatore Pd che propose il sistema alla tedesca 50 proporzionale-50 maggioritario con soglia al 5%) fino all'approvazione in commissione a Montecitorio nel giugno di un anno fa. Con successivo naufragio in aula dopo un solo mese, per effetto del plotone di franchi tiratori che impedirono così una fine di legislatura anticipata di quel poco che però avrebbe determinato la non maturazione dei vitalizi.

Quanto al capitolo presidenze del nuovo Parlamento, la prima grande novità su cui si starebbe riflettendo per far iniziare la 18esima legislatura sarebbe di metodo. Prevedere cioè un accordo complessivo unico fra tutti i gruppi parlamentari su nomi e appartenenza politica sia dei Presidenti di Aula sia dei successivi nominati presidenti di Commissioni, monocamerali permanenti o bicamerali di controllo che siano. Si proverebbe cioè a rompere il tabù che impedì all'inizio della scorsa legislatura di far partire il lavoro del Parlamento per lungo tempo dopo l'elezione di Grasso e Boldrini, in attesa di sapere al termine della lunga crisi di Governo che portò far nascere il Governo chi fosse la maggioranza e chi l'opposizione per assegnare alla prima la presidenze delle commissioni permanenti e alla seconda quelle di controllo. Fare tabula rasa delle consuetudini e decidere insieme da subito tutte le presidenze sarebbe un altro desiderio di innovazione soprattutto di M5s e Lega, desiderose di marcare la differenza con il passato.

Al loro arco anche in questo caso la freccia di un precedente non manca. Ed è targata, paradossalmente, Pd-Fi. Quando infatti Forza Italia uscì nella scorsa legislatura dalla maggioranza di Letta per la decadenza di Berlusconi dal Senato votata dal Pd con gli M5s, i presidenti delle commissioni permanenti di Forza Italia che non restarono con Alfano nella maggioranza, rimasero al loro posto pur essendo all'opposizione. Al Senato il compianto Altero Matteoli, ad esempio, è rimasto presidente Fi della commissione Lavori Pubblici per l'intera legislatura. E lo stesso dicasi, con esempio ancora più calzante perchè legato ad un accordo sulle riforme, alla Camera dove Francesco Paolo Sisto di Fi si dimise dalla presidenza della commissione Affari Costituzionali non nel 2014 quando Fi passò all'opposizione ma solo nel 2015, quando Berlusconi all'indomani dell'elezione di Sergio Mattarella al Quirinale si sfilò dall'accordo con Renzi sulla riforma costituzionale Boschi, dopo averla per un anno sostenuta insieme al Pd in Parlamento pur essendo diventata forza di opposizione.

La spartizione: Camera ai 5 stelle, Senato alla Lega

La scelta della colorazione politica dei nuovi presidenti di commissione sarebbe funzione della scelta dei nomi dei nuovi presidenti del Parlamento. Di regola i nomi forti vengono giocati solo nelle ultime ore, a ridosso delle votazioni. Questa volta però la scelta delle due persone da eleggere sugli scranni più alti del Parlamento potrebbe diventare preliminare se prenderà piede la 'grande trattativa' comprensiva anche delle presidenze di commissione e delle prime riforme.

Luigi Di Maio all'indomani delle elezioni, Giovedì 8 marzo, è salito al Colle da Sergio Mattarella come vicepresidente della Camera ancora in carica in prorogatio. Così come il suo studio a Montecitorio è e resta il suo quartier generale dove è stato annunciato formalmente all'assemblea dei neoeltti M5s anche l'arrivo del capo della Comunicazione M5s Rocco Casalino e dal suo staff targato Casaleggio associati, fino a questi primi cinque anni di vita parlamentare di stanza al Senato. Tutto lascia pensare insomma che sia Montecitorio l'oggetto del desiderio dei 5 Stelle e palazzo Madama quello di Matteo Salvini. Conferme ufficiali nessuno ne vuole dare.

Fonti ben informate ai piani alti dei due palazzi del Parlamento, però, che potrebbe essere lo stesso Luigi Di Maio il nome considerato dai quattro maggiori gruppi parlamentari più forte e adatto su cui puntare se la 'grande trattativa' M5s-Lega-Pd-Fi andasse a buon fine. In ticket con una presidenza del Senato leghista, affidata a quel Roberto Calderoli che ha consolidato curriculum e bipartisan apprezzamento per le sue capacità di gestione delle norme regolamentari e dell'aula della Camera alta di cui è stato a lungo e ripetutamente numero due. Semprechè non riprenda quota che sia lo stesso Salvini, digiuno però di esperienza parlamentare italiana, a voler correre in prima persona per la seconda carica dello Stato, in parallelo e con le stesse motivazioni che spingerebbero a Montecitorio per una presidenza Di Maio. 

Di Maio presidente della Camera, potrà formare governo m5s

In ambienti parlamentari di centrodestra viene anche fatto notare come l'ipotesi di una elezione di Di Maio a presidente della Camera con voto bipartisan al primo o secondo scrutinio, avrebbe un place in più agli occhi del Quirinale per conferire a lui il primo incarico per la formazione del nuovo governo. Un mandato esplorativo, cioè, nella doppia veste di leader del partito di maggioranza relativa e di presidente della Camera.

Anche in questo caso soccorre 'il precedente Iotti' nel settennato Cossiga: non sarebbe la prima volta di un mandato esplorativo al presidente della Camera anzichè del Senato, come più spesso è invece accaduto.

Se Di Maio da presidente della Camera incaricato diventasse poi davvero presidente del Consiglio a tutti gli effetti tornerebbe a liberare la poltronissima di Montecitorio. La quale a quel punto, per ordine di grandezza, spetterebbe al Pd. Spingendosi qualcuno già a ipotizzare la staffetta Di Maio-Gentiloni fra i due palazzi limitrofi di Montecitorio e palazzo Chigi.

Nuove elezioni nel 2019

Se il suo tentativo fallisse, Di Maio resterebbe comunque protagonista della legislatura insieme al leghista Calderoli (o a Matteo Salvini), da presidente del Parlamento. Una legislatura a quel punto - dopo il fallimento del tentativo politico Di Maio e/o successivamente di Salvini se il centropdestra lo richiedesse - di breve durata finalizzata solo a cambiare il Rosatellum. Con a palazzo Chigi un terzo super partes o lo stesso inquilino attuale Paolo Gentiloni, incaricato di approvare la legge di bilancio figlia del primo def della legilslatura. Mentre il Parlamento a maggioranza M5s-Lega e a guida Di Maio-Calderoli (o altri big degli stessi due partiti) si occuperebbe di riscrivere questa volta anche a colpi di maggioranza una nuova legge elettorale e sui costi della politica di gradimento Di Maio-Salvini. Portando poi l'Italia a nuove elezioni nel 2019 a ridosso o insieme alle elezioni per il nuovo Europarlamento in programma nel Giugno del prossimo anno.

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