Vita Chiesa

Papa Francesco ai neocatecumenali: «grazie» per questi 50 anni. «Avanti insieme, senza imporre il proprio senso di marcia»

«Sono felice di incontrarvi e di dire oggi con voi: grazie! Grazie a Dio, e anche a voi, soprattutto a quanti hanno fatto un lungo viaggio per essere qui». Il discorso del Papa a Tor Vergata, per i 50 anni del Cammino Neocatecumenale (testo integrale), comincia con i ringraziamenti. «Grazie per il ‘sì’ che avete detto, per aver accolto la chiamata del Signore a vivere il Vangelo e ad evangelizzare. E un grande grazie va anche a chi ha iniziato il Cammino neocatecumenale cinquant’anni fa», ha detto Francesco rivolgendosi a Kiko Arguello. «Cinquanta è un numero importante nella Scrittura», ha ricordato il Papa citando la Bibbia e il Vangelo: «Dopo cinquant’anni di Cammino – l’auspicio rivolto alle 150mila persone che affollano oggi la spianata davanti all’ateneo romano – sarebbe bello che ciascuno di voi dicesse: ‘Grazie, Signore, perché mi hai davvero liberato; perché nella Chiesa ho trovato la mia famiglia; perché nel tuo battesimo le cose vecchie sono passate e gusto una vita nuova; perché attraverso il Cammino mi hai indicato il sentiero per scoprire il tuo amore tenero di Padre’». Riferendosi al canto del «Te Deum», che sarà cantato alla fine, Francesco ha commentato: «È molto bello questo: ringraziare Dio per il suo amore e per la sua fedeltà. Spesso lo ringraziamo per i suoi doni, per quello che ci dà, ed è bene. Ma è ancora meglio ringraziarlo per quello che è, perché è il Dio fedele nell’amore. La sua bontà non dipende da noi. Qualsiasi cosa facciamo, Dio continua ad amarci fedelmente. Questa è la fonte della nostra fiducia, la grande consolazione della vita». «Allora coraggio, non contristatevi mai», l’invito: «E quando le nubi dei problemi sembrano addensarsi pesantemente sulle vostre giornate, ricordatevi che l’amore fedele di Dio splende sempre, come sole che non tramonta. Fate memoria del suo bene, più forte di ogni nostro male, e il dolce ricordo dell’amore di Dio vi aiuterà in ogni angustia».

«Gesù non usa mezze misure, non autorizza trasferte ridotte o viaggi rimborsati». Il «grazie» più «importante», nel suo discorso ai neocatecumenali, il Papa lo ha riservato «a quanti state per andare in missione»: «Sento di dirvi qualcosa dal cuore proprio sulla missione, sull’evangelizzazione, che è la priorità della Chiesa oggi», ha quasi confessato Francesco ai 150mila neocatecumenali, provenienti da tutti i continenti. «Perché missione è dare voce all’amore fedele di Dio, è annunciare che il Signore ci vuole bene e anche non si stancherà mai di me, di te, di noi e di questo nostro mondo, del quale forse noi ci stanchiamo», ha spiegato il Papa: «Missione è donare ciò che abbiamo ricevuto. Missione è compiere il mandato di Gesù che abbiamo ascoltato e su cui vorrei soffermarmi con voi: ‘Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli’». «Andate», il primo imperativo declinato da Francesco: «La missione chiede di partire. Ma nella vita è forte la tentazione di restare, di non prendere rischi, di accontentarsi di avere la situazione sotto controllo. È più facile rimanere a casa, circondati da chi ci vuol bene, ma non è la via di Gesù. Egli invia: ‘Andate’. Non usa mezze misure. Non autorizza trasferte ridotte o viaggi rimborsati, ma dice ai suoi discepoli, a tutti i suoi discepoli una parola sola: ‘Andate!’. Andate: una chiamata forte che risuona in ogni anfratto della vita cristiana; un invito chiaro a essere sempre in uscita, pellegrini nel mondo alla ricerca del fratello che ancora non conosce la gioia dell’amore di Dio».

«Solo una Chiesa svincolata da potere e denaro, trionfalismo e clericalismi» è credibile. Per andare «bisogna essere agili, non si possono portar dietro tutte le suppellettili di casa», come insegna la Bibbia: «Per andare bisogna essere leggeri. Per annunciare bisogna rinunciare», ha detto il Papa, che ha ammonito: «Solo una Chiesa che rinuncia al mondo annuncia bene il Signore. Solo una Chiesa svincolata da potere e denaro, libera da trionfalismi e clericalismi testimonia in modo credibile che Cristo libera l’uomo. E chi, per suo amore, impara a rinunciare alle cose che passano, abbraccia questo grande tesoro: la libertà. Non resta più imbrigliato nei propri attaccamenti, che sempre reclamano qualcosa di più ma non danno mai la pace, e sente che il cuore si dilata, senza inquietudini, disponibile per Dio e per i fratelli».

«Avanti insieme, senza isolarsi e senza imporre il proprio senso di marcia». «Andate» è «il verbo della missione», e «si coniuga al plurale», ha poi ricordato il Papa ai 150mila rappresentanti nel Cammino convenuti e ha precisato: «Il Signore non dice: ‘vai tu, poi tu…’, ma ‘andate’, insieme! Pienamente missionario non è chi va da solo, ma chi cammina insieme». «Camminare insieme è un’arte da imparare sempre», ha raccomandato Francesco: «Bisogna stare attenti, ad esempio, a non dettare il passo agli altri. Occorre piuttosto accompagnare e attendere, ricordando che il cammino dell’altro non è identico al mio. Come nella vita nessuno ha il passo esattamente uguale a un altro, così anche nella fede e nella missione: si va avanti insieme, senza isolarsi e senza imporre il proprio senso di marcia, uniti, come Chiesa, coi pastori, con tutti i fratelli, senza fughe in avanti e senza lamentarsi di chi ha il passo più lento. Siamo pellegrini che, accompagnati dai fratelli, accompagnano altri fratelli, ed è bene farlo personalmente, con cura e rispetto per il cammino di ciascuno e senza forzare la crescita di nessuno, perché la risposta a Dio matura solo nella libertà autentica e sincera».

No a «proselitismo». «Portate atmosfera familiare in luoghi desolati e privi di affetto». «Gesù risorto dice: ‘Fate discepoli’. Non dice: conquistate, occupate, ma ‘fate discepoli’, cioè condividete con gli altri il dono che avete ricevuto, l’incontro d’amore che vi ha cambiato la vita». Con queste parole il Papa ha descritto il «cuore della missione», che consiste nel «testimoniare che Dio ci ama e che con lui è possibile l’amore vero, quello che porta a donare la vita ovunque, in famiglia, al lavoro, da consacrati e da sposati». Missione, ha proseguito Francesco, «è tornare discepoli con i nuovi discepoli di Gesù. È riscoprirsi parte di una Chiesa discepola», perché «la Chiesa è maestra, ma non può essere maestra se prima non è discepola, così come non può esser madre se prima non è figlia. Ecco la nostra Madre: una Chiesa umile, figlia del Padre e discepola del Maestro, felice di essere sorella dell’umanità». «Questa dinamica del discepolato – il discepolo che fa discepoli – è totalmente diversa dalla dinamica del proselitismo», ha puntualizzato il Papa: «Qui sta la forza dell’annuncio, perché il mondo creda. Non contano gli argomenti che convincono, ma la vita che attrae; non la capacità di imporsi, ma il coraggio di servire». «E voi avete nel vostro ‘dna’ questa vocazione ad annunciare vivendo in famiglia, sull’esempio della Santa Famiglia: in umiltà, semplicità e lode», l’omaggio di Francesco al carisma del Cammino fondato da Kiko Arguello: «Portate quest’atmosfera familiare in tanti luoghi desolati e privi di affetto. Fatevi riconoscere come gli amici di Gesù. Tutti chiamate amici e di tutti siate amici».

«Nessuno è escluso». «Il vostro carisma è un grande dono per la Chiesa, andate avanti!». Per Gesù, «nessuno è escluso», perché «nel suo cuore c’è posto per ogni popolo». Lo ha assicurato il Papa, nella parte finale del discorso. «Come i figli per un padre e una madre», l’esempio scelto da Francesco: «anche se sono tanti, grandi e piccini, ciascuno è amato con tutto il cuore. Perché l’amore, donandosi, non diminuisce, ma aumenta. Ed è sempre speranzoso. Come i genitori, che non vedono prima di tutto i difetti e le mancanze dei figli, ma i figli stessi, e in questa luce accolgono i loro problemi e le loro difficoltà, così fanno i missionari con i popoli amati da Dio. Non mettono in prima fila gli aspetti negativi e le cose da cambiare, ma ‘vedono col cuore’, con uno sguardo che apprezza, un approccio che rispetta, una fiducia che pazienta». «Andate così in missione, pensando di giocare in casa», il mandato: «Perché il Signore è di casa presso ciascun popolo e il suo Spirito ha già seminato prima del vostro arrivo. E pensando al nostro Padre, che tanto ama il mondo, siate appassionati di umanità, collaboratori della gioia di tutti, autorevoli perché prossimi, ascoltabili perché vicini. Amate le culture e le tradizioni dei popoli, senza applicare modelli prestabiliti. Non partite dalle teorie e dagli schemi, ma dalle situazioni concrete: sarà così lo Spirito a plasmare l’annuncio secondo i suoi tempi e i suoi modi. E la Chiesa crescerà a sua immagine: unita nella diversità dei popoli, dei doni e dei carismi». «Il vostro carisma è un grande dono di Dio per la Chiesa del nostro tempo», ha concluso il Papa: «Ringraziamo il Signore per questi cinquant’anni. E guardando alla sua amorevole fedeltà, non perdete mai la fiducia: gli vi custodirà, spronandovi al tempo stesso ad andare, come discepoli amati, verso tutti i popoli, con umile semplicità. Vi accompagno e vi incoraggio: andate avanti!».