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mercoledì, 1 Maggio 2024

La storia dei terremoti a Trieste, città “sismografo” del Novecento

21.07.2018 – 09.05 – Il grave terremoto nel centro Italia, scatenatosi ormai due anni fa, con le tre grandi scosse del 24 agosto, 26 ottobre e 30 ottobre 2016, venne solo lievemente avvertito a Trieste, dove gli unici danni furono la caduta dei calcinacci della Sala Fitke e le fessure alla base delle statue della Camera di Commercio, in Piazza della Borsa. La statua “Africa” fu messa in sicurezza, le crepe cementate e si riprese con la normale routine di ogni giorno.
I terremoti a Trieste, città al di fuori delle zone di rischio sismico e affacciata su un mare, quale l’Adriatico, lontano dalla minaccia degli tsunami, sono sempre stati rari e circostanziati nel tempo.
Fenomeni oggetto di aneddoti, echi di tragedie lontane, che fossero dall’Italia o dai Balcani: vibrazioni destinate a lasciare più scossi i cittadini che gli edifici, oggigiorno ormai interiorizzate dal frastuono dell’impetuoso traffico cittadino.
Lo scrittore satirico Karl Kraus, vissuto nella Vienna tra fine ottocento e inizio novecento, acuto sentore delle tragedie a venire, osservava come Vienna fosse “una stazione meteorologica della fine del mondo” (1901). La capitale dell’impero asburgico gli appariva come la città dove prima che in ogni altro luogo si preparava il dramma novecentesco della Prima Guerra Mondiale e dell’ascesa dei totalitarismi. Il clima di crescente nazionalismo, irrazionalismo e antisemitismo (sono gli anni del caso Dreyfus: 1894) rappresentavano per Kraus inconfondibili segnali di un terremoto politico e umano, destinato a flagellare il secolo delle “magnifiche sorti e progressive”.
Allo stesso modo, se si considera la storia di Trieste, si può affermare come la città sia stata un sismografo dei “terremoti” novecenteschi, il luogo dove prima di ogni altro entrava quell’esercito, si sperimentava quella politica, veniva approvata quella legge… La città sembra registrare di volta in volta le turbolenze dei grandi eventi storici, che a Trieste vengono avvertite e rielaborate, con la sensibilità e l’infallibilità di un gigantesco sismografo.

Trieste nel 1500, da una stampa antica “Facius Ubertus libr. III”.

Tornando a terremoti più reali e prosaici, il primo a colpire Trieste fu il maremoto del 1511.
Trieste all’epoca era un piccolo centro urbano, un Davide alleato con gli Asburgo, ma disperatamente solo contro il Golia della Repubblica di Venezia. La piccola cittadina era costantemente sotto assedio dalle forze veneziane e in questo contesto il terremoto rappresentò una catastrofe demografica e sociale, che la spopolò a lungo.
Il terremoto si manifestò in Austria e in Slovenia con una magnitudo di 6,5 Richter, smuovendo mari e monti: a Trieste infatti la scossa innescò un’onda anomala che spazzò via il borgo cinquecentesco, arrestandosi solo ai piedi del Colle di San Giusto. Morti e dispersi: seimila abitanti su settemila, cioè la maggior parte della popolazione.
Il drammatico evento viene riportato fuggevolmente dal canonico Vincenzo Scussa, nella sua “Storia cronografica di Trieste dalla sua origine sino all’anno 1695” (1863), consultabile online dall’archivio universitario OpenstarTs.

L’anno 1511, il quarto di questa penosa guerra, si sentirono orribilissimi terremoti, uno de’ quali, li 26 marzo, tra le ore due e tre dopo mezzogiorno, spaventoso, due torri del porto atterrò cun molte mura e case. Le eminenze sassose delle montagne cascavano, molti villaggi restarono rovinati, e sì grande era l’accrescimento del mare, che gli abitanti di Trieste si trasportarono ad alloggiare sotto il castello. Ciò non solo in Trieste avvenne, ma anco ad Udine e Tolmino, li loro castelli cascarono, come le memorie capitolari e Francesco Palladio raccontano.

Inteso a Venezia, che la fusta mandata contro li bregantini nulla operava, spedirono ammiraglio Muscatello con cinquanta valorosi omini, con ordine; che portatosi a Muggia prende li bregantini, o quelli abbrugi in porto di Trieste. In esecuzione del che, radunate da Capodistria e Muggia venti barche, assieme con la fusta se ne venne al porto di questa città, sicuro che le guardie non erano per le mura per il timore del terremoto. Smontati da duecento uomini, romper sforzavano la catena, che serrava il porto. Sentito ciò da sei pescatori di Trieste, che in barca dormivano, con gridori cominciarono alla cieca: tempo di notte dura zuffa, non potendosi dalla città dare soccorso per esser serrata.

Mura e torri che crollano, case distrutte e infine il maremoto vero e proprio, l’“accrescimento del mare”, che giunge a lambire addirittura il Castello di San Giusto. Venezia, dal suo canto, non tarda ad accorrere in soccorso con “cinquanta valorosi omini”, che immediatamente tentano di catturare la città e di saccheggiarla, consci dello stato di assoluto caos di Trieste.
Se il terremoto del 1511 è accertato dalle fonti storiche, non si può affermare altrettanto riguardo l’onda anomala e la correlata distruzione della città. Una ricerca condotta nel 2011 da un trio di ricercatori dell’INGV di Bologna, Romano Camassi, Carlos Hector Caracciolo e Viviana Castelli, assieme a Dario Slejko, dell’Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale (Ogs) di Trieste, hanno verificato come non vi siano prove di uno tsunami triestino. Il violentissimo terremoto, senza dubbio dalle pesanti conseguenze per Trieste, non fu però così distruttivo e certamente non spazzò via il borgo, come riporta invece Scussa.
Secondo i risultati pubblicati dal “Journal of Seismology”, un evento così drammatico avrebbe dovuto lasciare una traccia nei documenti dell’epoca: eppure non vi è alcun riferimenti né nei “Diari” di Marin Sanudo, che scriveva proprio a Trieste in quegli anni, né nelle minute del consiglio municipale di Trieste, né infine nelle memorie del Capitolo della Cattedrale di Trieste.
Come osservava Fabio Pagan, sul Piccolo, è bene ridimensionare la portata dell’evento e ammetterne la parziale falsità, senza nulla togliere ai danni causati dalle scosse e alle sofferenze ancor più gravi arrecate in quegli anni di guerra fratricida con Venezia.

I terremoti che seguirono a Trieste, tra il 1600 e il 1700, furono meno drammatici: Fiume fu gravemente danneggiata tra il 28 e il 29 novembre e il 17 dicembre 1850 da un intenso terremoto, di cui si avvertirono le scosse anche a Trieste. Generarono notevole scompiglio il terremoto del 1870, avvenuto durante il Giovedì Grasso e del 29 giugno 1873. Una strana coincidenza, in effetti, vuole che i terremoti di Trieste si verifichino sempre nei giorni di festa.
Il terremoto di cui abbiamo il resoconto più dettagliato, anche per lo spazio che ricevette sui giornali, è il sisma del giorno di Pasqua del 1895.
Era una giornata d’aprile gelida e ventosa, niente affatto primaverile. Verso le 22, si verificò la prima scossa, che venne scambiata in un primo momento per un refolo di Bora. Alla seconda scossa, dopo un quarto d’ora, la gente si riversò in strada, ormai consapevole del terremoto.
C’era chi si era avvolto nelle coperte, altri in camicia di notte; molti con scolapasta e pentole in testa per proteggersi dai calcinacci. Chi se lo poteva permettere prese la carrozza e fuggì a S. Andrea, zona all’epoca ancora relativamente incontaminata: sotto gli alberi e scaldandosi al calore di un paio di fuochi improvvisati, i triestini passarono così una notte sommamente infelice.
Il terremoto stava invece per causare una tragedia al Teatro Grande (ora Teatro Verdi), dove le prime due scosse per poco non scaraventarono gli spettatori dai palchi nella platea. Sembrava che dovesse scatenarsi un fuggi fuggi verso le uscite, ma l’attore principale, Flavio Andò, continuò a recitare come se niente fosse e il pubblico, calmatosi, rimase nel Teatro. Si esibiva quella notte la compagnia Andò-Leigheb, con I Mariti di Achille Torelli. La saldezza di nervi e il coraggio di Andò, che pronunciò la famosa frase, “Non è niente, è solo un colpo di vento”, evitò probabilmente che si passasse da una tragedia teatrale a una reale.
Le scosse continuarono a ripetersi a intervalli fino alle sei di mattina. All’alba, si scoprì come la vera vittima era stata Lubiana, devastata all’epoca nelle fondamenta, con 27 scosse all’attivo.

Tra i tanti giornali, la notizia del terremoto fu talmente rilevante da guadagnarsi uno spazio sul New York Times (16 aprile 1895). Presento di seguito la mia traduzione amatoriale dell’articolo, consultabile dall’archivio del giornale.

Terremoti in Austria

Diverse persone uccise, e tutte le case danneggiate a Laibach.

Rovina e terrore in molte città

La baia di Trieste agitata come se ci fosse una tempesta – Il pubblico nel panico a Fiume – Vibrazioni a Vienna

Vienna, 15 aprile – Violente scosse di terremoto sono state sperimentate per tutta la Bassa Austria la scorsa notte, con le prime avvisaglie a mezzanotte. A Laibach, 35 miglia a nord est di Trieste, 31 scosse sono state sentite tra mezzanotte e le 7.30 di questa mattina. Tutte le chiese, gli edifici pubblici, le case d’affari e le residenze in città sono stati danneggiati. Parecchie persone sono morte a causa del crollo delle pareti e un numero ancor più vasto feriti piuttosto gravemente.
A Velden si sono avvertite dieci scosse e a Trieste quattro. Scosse sono anche state avvertite ad Abbazzia, Arco, Gorizia, Cilli, e in altri luoghi, e in tutti questi molti edifici sono stati danneggiati. La direzione di queste perturbazioni era dal sud est al nord est.
Leggere vibrazioni sismiche sono anche state avvertite in questa città.
La comunicazione tra Trieste e Laibach è sospesa. In molti di questi quartieri tra le due città, allo stesso modo come nelle zone interessate dalle scosse, le persone si stanno accampando fuori nei campi.
Tutti gli orologi nella città si sono fermati alle 11.20 di stamattina. La gente in arrivo alle stazioni dei treni raccontano di ulteriori morti e danni alla proprietà in molte città oltre a quelle già citate.
Si dice che accanto ai binari del treno, si siano viste migliaia di persone accamparsi nei campi. I treni sono stati deragliati dalle scosse. Alcuni dicono che il “rollio” della terra era paragonabile a quello di una nave sul mare.
Tutti i resoconti sottolineano come le scosse seguivano le linee da Firenze a Botzen, da Firenze a Vienna e Sarajevo, in Bosnia, fino a Stein-am-Angar, in Ungheria.

Il comunicato, dal tono telegrafico come i fili che l’avevano trasmesso, descrive la tragedia delineando il quadro geografico del terremoto. Laibach, nome tedesco per Lubiana, sembra essere la città più colpita dalle scosse.

Trieste, 15 Aprile. – La gente in arrivo da Laibach ha dato delle vivide descrizioni delle scene di terrore durante i terremoti.
La prima scossa, poco dopo la mezzanotte, è stata così violenta che l’intera popolazione si è svegliata e centinaia di persone mezze nude sono fuggite in strada.
Verso le 3 di notte, le strade erano bloccate da carrozze e carretti, sui quali i vecchi, i malati e i bambini venivano trasportati in luoghi sicuri. Poco dopo, si sono visti carri pieni di mobilia su entrambi i lati della strada.
Uomini e donne che trasportavano vestiti e scatole di preziosi affollavano le strade e spesso bloccavano completamente il procedere dei veicoli. Gruppi di persone terrorizzate s’inginocchiavano a terra agli angoli delle strade e davanti alle chiese, pregando per la salvezza e implorando i preti di pregare per loro.
Le caserme, il museo, la distilleria, e mezza dozzina di altri grandi edifici sono stati ridotti in rovina. Molti altri edifici presentano profonde crepe e sono stati sollevati dalle fondamenta.
A Fiume, il pubblico nel Teatro (Players Theatre, n.d.T.) si era appena alzato per lasciare l’edificio quando è arrivata la prima scossa. Tutti disperatamente affollati presso le uscite. Molte persone sono rimaste ferite nello scontro, ma nessuna fatalmente. Le barche hanno caricato dai moli di Fiume durante tutta la notte gente in fuga dalla città.
Difficilmente c’è una singola nave nella baia senza diverse famiglie di Fiume a bordo che si rifiutano di tornare a terra.

La città di Fiume risultava altrettanto colpita e come a Trieste il Teatro aveva rischiato di rivelarsi una trappola mortale. Il tono dell’articolo, nonostante sia un catalogo di eventi in “tempo reale”, mantiene una sfumatura apocalittica, consegnata dall’immagine delle folle nel panico, che si affollano disperate per salire sulle poche barche disponibili. Verso la fine dell’articolo, finalmente, il bilancio a Trieste, piuttosto pesante: centinaia di feriti e gravi danni alle navi ormeggiate, con diversi morti.

Durante il panico a Trieste, un cavallo imbizzarrito ha galoppato in una strada affollata, ferendo gravemente venti persone e gettando a terra cinquanta o sessanta. La baia era agitata come durante una tempesta e diverse barche che trasportavano la gente ai moli si sono capovolte. Sei persone sono annegate. Leggere scosse sono state avvertite nel corso della giornata.

Seguirono anni tranquilli, fino a quando, nel Capodanno del 1926, si verificò un nuovo terremoto.
I triestini stavano festeggiando il nuovo anno nei caffè e nei teatri della città, quando si verificarono diverse scosse, anche se nemmeno paragonabili all’intensità del 1895. La gente, già in strada, precipitò brevemente nel panico, ma dopo qualche ora di “tremori”, le scosse cessarono. Si preferì allora dormici su o continuare a festeggiare. Tuttora non si dispongono i dati dell’intensità delle scosse del 1926: gli apparecchi, presenti nell’Osservatorio della Villa Basevi, non erano in funzione, perché erano mancati i fondi per rinnovare il contratto d’affitto (!). Come amava ripetere Marx, la storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come commedia.

Zeno Saracino
Zeno Saracinohttps://www.triesteallnews.it
Giornalista pubblicista. Blog personale: https://zenosaracino.blogspot.com/

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