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Scontro di civiltà o incontro di civiltà - Mauro Volpi, ordinario di diritto costituzionale, interviene sulla questione della compatibilità tra il credo dei musulmani e i valori costituzionali

“Non si può equiparare l’Islam al fascismo”

di David Crescenzi
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Mauro Volpi, ordinario di diritto costituzionale presso l'Università degli studi di Perugia

Mauro Volpi, ordinario di diritto costituzionale presso l’Università degli studi di Perugia

Viterbo – “Se si vuol dire che la religione islamica è per sua natura antidemocratica e quindi incostituzionale, rispondo che lo è al pari di ogni altra religione i cui precetti siano proposti secondo una concezione dogmatica”.

Parla chiaro il professor Mauro Volpi, ordinario di diritto costituzionale presso l’Università degli studi di Perugia ed ex consigliere del Csm. Una posizione volutamente provocatoria che, semmai, ricorda come, per dirla con il padre costituente Giorgio La Pira, la costituzione riconosca una “essenziale rilevanza” a tutte le “comunità religiose”. Compresa quella musulmana.

Professore, tanti si sono interrogati sul significato di democrazia, come il giurista Hans Kelsen, con la sua idea di “democrazia procedurale”, o il filosofo Karl Popper, sviluppando il tema della “democrazia protetta”. In definitiva, cosa intende il costituzionalismo contemporaneo quando parla di “democrazia”?
“Molti teorici della democrazia la considerano come un insieme di regole che stabiliscono le modalità attraverso le quali sono adottate le decisioni politiche. Non vi è dubbio tuttavia che le regole presuppongono l’adesione a principi di riferimento. Per fare un esempio il suffragio universale è giustificabile solo a partire dal riconoscimento dell’eguaglianza e della pari dignità delle persone. In sintesi si può definire oggi la democrazia utilizzando la formula che l’art. 16 della Dichiarazione francese dei diritti del 1789 impiegava per affermare l’esistenza di una Costituzione: vi è democrazia solo se sono riconosciuti e garantiti i diritti (civili, politici e sociali) ed è assicurata la divisione dei poteri. Quanto al concetto di democrazia protetta, o lo si intende nel senso generico e ovvio che la democrazia debba difendersi nei confronti di chi agisce per distruggerla o nel significato più proprio con riferimento ad alcuni ordinamenti democratici, come quello tedesco, che vietano i partiti eversivi. Non vi rientra, quindi, l’ordinamento italiano, nel quale l’unica limitazione in materia riguarda il divieto di ricostituzione del partito fascista, giustificato da precise ragioni storico-politiche che sono state alla base delle vicende che hanno prodotto l’elaborazione e l’entrata in vigore della Costituzione democratica”.

In questo schema, quanto contano principi come quello del pluralismo e della laicità?
“Il principio del pluralismo è caratterizzante delle democrazie contemporanee, in quanto legittima l’esistenza di diversi orientamenti economico-sociali, culturali, etnici, politici e quindi anche il conflitto che beninteso deve svolgersi nel rispetto del metodo e delle regole democratiche. Il principio di laicità ne costituisce un’applicazione sul terreno religioso, in quanto comporta il riconoscimento della libertà di professare diverse religioni (o anche nessuna) e l’indipendenza dello Stato nei confronti di qualsiasi credo religioso. In Italia la Corte costituzionale lo ha definito come un principio supremo dell’ordinamento costituzionale, precisando che il fenomeno religioso non implica l’indifferenza dello Stato che può attivarsi per regolamentare i propri rapporti con le confessioni religiose. Su questo terreno un trattamento di favore è riconosciuto alla Chiesa cattolica, il cui ordinamento è definito indipendente e sovrano ed è disciplinato sulla base di accordi che lo Stato può modificare unilateralmente solo facendo ricorso al procedimento di revisione costituzionale”.

Ritiene che questa accezione di democrazia abbia un valore assoluto oppure che essa evochi una forma di Stato comunque relativa e fallibile?
“La democrazia, come ha scritto Gustavo Zagrebelsky, non può che essere relativistica, nel senso che non ha fedi o valori assoluti da difendere, ma tale non può essere nei confronti dei principi democratici e in particolare della dignità umana, che impone il rispetto dei diritti e dell’uguale partecipazione alla vita politica. Quanto alla fallibilità, mi limito a richiamare la famosa affermazione di Churchill, secondo la quale la democrazia non è “perfetta o onnisciente” ed “è la peggiore forma di governo a eccezione di tutte le altre””.

Venendo al rapporto tra Islam e Occidente, esiste uno scontro di civiltà o comunque una incompatibilità tra l’identità di musulmano e quella di cittadino di una democrazia laica e pluralistica?
“Credo che l’idea dello scontro di civiltà fra Occidente e Islam sia sbagliata, poiché parte dalla visione manichea di una presunta omogeneità religiosa e politica del mondo musulmano. Inoltre evoca una prospettiva terrificante, in quanto immagina un conflitto mondiale nel quale non vi sarebbero vincitori, ma solo effetti distruttivi per tutti. Per dirla in altri termini, i gruppi terroristici che si richiamano all’Islam rappresentano con ogni evidenza una minoranza organizzata ed estremista che mette in discussione molti Stati islamici e, nel caso dell’Isis, proclama come primo obiettivo la distruzione della componente sciita. Già oggi nel mondo democratico vi è una forte componente di musulmani che vivono nel rispetto delle leggi e in molti casi sono diventati cittadini. Basti dire che nell’Unione Europea i residenti di fede islamica sono oggi fra i 25 e i 30 milioni”.

Nel pubblico dibattito, ci sono voci secondo cui l’Islam sarebbe incostituzionale a causa di alcuni suoi precetti. Voci che talvolta equiparano tale religione al fascismo. Qual è il suo parere in merito?
“Francamente l’equiparazione mi pare insostenibile. Il fascismo è stato un fenomeno nato nel cuore dell’Occidente e dell’Europa che ha assunto peculiari caratteristiche sociali, politiche, ideologiche e statuali. Se poi si vuol dire genericamente che la religione islamica è per sua natura antidemocratica e quindi incostituzionale, rispondo che lo è al pari di ogni altra religione i cui precetti siano proposti e propagandati secondo una concezione dogmatica e intollerante. La stessa Chiesa cattolica ha impiegato molto tempo prima di pervenire all’accettazione del liberalismo presentato all’origine come una creazione del demonio. Fortunatamente il mondo islamico conosce profonde divisioni al suo interno e accanto a letture integraliste del Corano, ve ne sono altre molto più aperte e tolleranti. In Italia poi il dovere che incombe su tutti è quello di osservare la Costituzione e le leggi della Repubblica, il che non implica affatto l’adesione intima ai principi costituzionali. Se così non fosse, dovremmo togliere la cittadinanza agli italiani che proclamano convinzioni apertamente anticostituzionali”.

Forse, talvolta ci si dimentica che anche le leggi dei Paesi occidentali hanno prestato il fianco all’incostituzionalità per violazione della libertà religiosa, specie dei musulmani. Si tratta di preoccupanti fenomeni di “populismo anti-costituzionale”?
“Non vi è dubbio che in vari Paesi democratici si è tentato di varare leggi limitative della libertà religiosa. Penso in Italia alla legge della Regione Lombardia che poneva condizioni abnormi per consentire l’edificazione di moschee e per questo è stata dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale. Diversamente il Muslim Ban varato da Trump, che pone limiti alla libertà di ingresso negli Stati Uniti a coloro che provengono da sei Paesi musulmani, è stato parzialmente legittimato dalla Corte Suprema. Quando si adottano misure limitative della libertà, occorre prestare molta attenzione alla loro conformità ai principi costituzionali ed evitare provvedimenti che, per parlare alla “pancia” del Paese, risultano inefficaci e anzi possono produrre reazioni di chiusura e di adesione all’integralismo terroristico”.

Quali potrebbero essere allora gli strumenti per contrastare efficacemente il terrorismo senza coinvolgere in modo così abnorme tutti i musulmani?
“Il contrasto al fenomeno terroristico deve agire su più piani. Certamente anche sul piano militare, anche se ritengo preferibili operazioni mirate di intelligence, che implicano la piena collaborazione fra i servizi interni dei vari Paesi, mentre la guerra scatenata contro singoli Stati, come l’Iraq e la Libia, o al loro interno, Siria, ha prodotto effetti devastanti e controproducenti, contribuendo al finanziamento e al reclutamento dei gruppi terroristici. All’interno degli Stati democratici, esposti alla minaccia di attentati terroristici, devono essere previste adeguate misure di sicurezza ma non tali da intaccare i principi e i diritti fondamentali. Nei confronti delle comunità islamiche occorre il dialogo, mentre il ricorso a misure repressive può essere ammesso solo quando si manifestino forme di propaganda e di reclutamento a favore di gruppi terroristici. Ma forse le misure più importanti son quelle utili a garantire la piena integrazione dei musulmani, e in particolare dei giovani, il loro sentirsi parte integrante della società in cui vivono e al cui sviluppo in varia forma contribuiscono”.

David Crescenzi


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15 ottobre, 2017

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