Viterbo – Nei suoi ultimi giorni, Napoleone classificò l’Islam come religione popolare utile a fini politici, cioè per guidare comportamenti e dominare i popoli. La cosa però non riguarda solo Maometto, perché in molti dei duemila anni di cristianesimo tanti governanti insistettero sul paradiso promesso a risarcimento del male patito in terra e sull’inferno per frenare i cattivi. Insomma, giustizia a babbo morto e ad usum delphini.
I giovani che su un camion vanno a produrre morte, da un lato sognano il paradiso, dall’altro si sentono investiti della missione salvifica di affermare una giustizia che al fondo è vendetta inconscia per la discriminante condizione economica e sociale in cui vivono.
L’uomo da sempre si trova di fronte a guerre, morti, tempeste e siccità, disgrazie, soprusi e privilegi, accanto a gioie temporanee come il sorgere e lo sparire del sole, la luce ed il buio. Se ne chiede il perché e chi sia l’artefice dell’immutabile disordine ordinato che regola la vita. Di volta in volta nella storia ha perciò creato “divinità” talora minacciose, talaltra propizie, Venere per l’amore, Marte la guerra, Vulcano per il duro lavoro negli antri operosi, Nettuno nel mare, Giove che a chi dà e a chi promette perché è il capo e non gliela si può fare.
Poi angeli, demoni, l’Eden donato e poi tolto “per colpa” dalla divinità, la quale è superiore, misterica e da tenere comunque buona perché è lei il giudice che decide e manda gioie e dolori: dovere “religioso”, quindi, ingraziarsela con doni, lodi, suppliche e sacrifici. Anche quelli della vita propria, come fu per Cristo, o di chi più si ama come Abramo chiamato ad immolare sul monte il figlio Isacco.
Certo, tutto più facile per i ricchi che, disponendo di maggiori beni, possono meglio offrire denaro, pregare in solennità, donare templi grondanti oro. Ma i ricchi sono pochi, mentre tanti e sempre di più sono i poveri svantaggiati nell’ansia di evitare i mali che li affliggono. Forse proprio per questo essi aspirano ad una giustizia che prescinda dall’idea di corrompere il mistero e cercano invece soluzioni nel quotidiano con movimenti rivoluzionari dei quali, però, non sempre avvertono di essere solo illusa massa di manovra.
Barabba fu liberato sulla base di questa logica, perché Pilato tra Gesù e i sommi sacerdoti preoccupati di essere esautorati dal Messia avrebbe sicuramente scelto Gesù, ma il popolo scese in piazza, inconsapevole che a spingercelo era l’interesse ricattatorio dell’estabilishment del tempo.
C’è allora da chiedersi cosa muova davvero al suicidio omicida gli islamici fondamentalisti e se la giustizia che essi vogliono affermare con la propria e l’altrui morte non sia nuova illusione alimentata da chi comanda. Come in altri tempi le Crociate. Come fanno pensare i traffici d’armi e petrolio in Africa e Medio Oriente. E pure le disillusioni ormai pericolose dei migranti.
Renzo Trappolini
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