Viterbo – Una faraone morto giovane ma educato fin da subito a schiacciare i popoli sottomessi all’Egitto. Una storia viva, che alla fine s’è portato pure nella tomba, quella in copia e in mostra a Palazzo dei Papi fino al 28 ottobre. I tesori di Tutankhamon.
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Tre sale che raccontano vita del 18enne d’Egitto che, con la scoperta della sua tomba nel 1923, ha aperto le porte dell’aldilà dei faraoni che raccontano anche una storia di sfruttamento e d’oppressione durata più di 3 mila anni. Fino all’arrivo dei cesari romani e al suicidio di Cleopatra.
Quell’occidente che, sconfitto secoli dopo dalle truppe islamiche, si ripresentò sulle coste del nord Africa con Napoleone Bonaparte nel 1798. Sostituito poi dagli inglesi che approfittarono ben bene della caduta dell’impero Ottomano per infilarsi in quell’area, come avevano già fatto in India e stavano tentando, senza grossi successi, di fare altrettanto in Cina. Finché la seconda guerra mondiale, i bombardamenti nazisti sui principali centri urbani e industriali della Gran Bretagna e il terribile inverno del 1947, che vide gelare il grosso delle coste di sua maestà la regina, non costrinsero gli inglesi a darsela a gambe.
Prima da India e Palestina – lasciando sul campo una crisi politica ed economica di difficilissima risoluzione – e successivamente dall’Egitto. Anche se in quest’ultimo caso bisognerà aspettare la crisi dell’istmo di Suez del 1956. Quando il presidente egiziano Nasser nazionalizzò navi, che trasportavano petrolio, e attrezzature inglesi e francesi che consideravano invece il canale di collegamento tra Mar Rosso e Mediterraneo come un’appendice dei loro rispettivi territori metropolitani. Per contrastare Nasser, Francia e Inghilterra paracadutarono delle truppe speciali in pieno territorio egiziano. Nasser rispose affondando alcune navi all’imbocco di Suez per rallentare le operazioni nemiche, mentre l’Unione sovietica, alleata dell’Egitto, minacciò di radere al suolo Parigi e Londra con il nucleare se non si fossero ritirati da quella zona. Decisero di ritirarsi e non tornare mai più.
L’Egitto di Tutankhamon non era da meno. Percorrendo la mostra allestita a Palazzo dei Papi, saltano agli occhi alcuni reperti che raccontano, spesso in modo brutale, la sottomissione di interi popoli.
A partire dall’ultima sala, appena entrati, a sinistra. A terra uno scudo, con i popoli schiacciati. Fa parte di una serie, 8 scudi in tutto, trovati nell’annesso della tomba. “Quattro in legno – spiega la didascalia realizzata dall’egittologo Gianluca Golino – ricoperti di pelle, presumibilmente da battaglia. Gli altri quattro sono in legno dorato, cerimoniali, traforati e non utilizzabili per la difesa personale. Le rappresentazioni vertono sempre sull’idea del faraone, sovrano di un Egitto unificato e guerriero”.
Sempre nell’ultima sala c’è il trono di Tutankhamon. Splendido. Alla base, una cassetta per poggiare i piedi. Sopra di essa la raffigurazione dei popoli oppressi che il faraone pestava ogni volta che si sedeva. “Questo trono – scrive Golino – di legno ricoperto d’oro, fu trovato nell’anticamera della tomba, ricoperto da un telo di lino. I piedi sono a forma di leone e due serpenti alati formano invece i braccioli. La parte più interessante è sicuramente lo schienale. La scena intima raffigurata, la regina Ankhesenamon che cosparge di unguenti il braccio del re sotto la protezione di Aton, riporta direttamente al periodo ‘eretico’ amarniano. Sul retro dello schienale e sui braccioli si possono leggere i vecchi nomi dei sovrani, Tutankhaton e Ankhesenaton, in cui i riferimenti ad Aton prevalgono su Amon”.
Infine i tre bastoni nella sala precedente. La penultima, quella dei sarcofagi. Pare che Tutankhamon avesse qualche problema di salute che gli impediva di camminare al meglio. La parola di nuovo all’egittologo Golino.
Il titolo della didascalia è “Bastoni con prigionieri sull’impugnatura”. “In una lunga cassa nell’anticamera, insieme ad alcuni archi, sono stati ritrovati tre bastoni con l’impugnatura raffigurante prigionieri legati. Un nubiano, un libico e un asiatico, nemici tradizionali dell’Egitto, vengono schiacciati dalla mano del faraone”.
Daniele Camilli
La mostra è stata inaugurata il 1° luglio. Sarà possibile visitarla fino al 28 ottobre 2018. Orario continuato: 10 – 19
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