Condividi: Queste icone linkano i siti di social bookmarking sui quali i lettori possono condividere e trovare nuove pagine web.
    • Facebook
    • Twitter
    • LinkedIn
    • Google Bookmarks
    • Webnews
    • YahooMyWeb
    • MySpace
  • Stampa Articolo
  • Email This Post

Cultura - Prosegue il viaggio del noto scrittore spagnolo e di sua moglie tra Chia, Bomarzo e Soriano nel Cimino

Con Pasolini “nel paesaggio più bello del mondo”

di Juan Manuel De Prada
Condividi la notizia:

Juan Manuel De Prada con Antonello Ricci

Juan Manuel De Prada con Antonello Ricci

Un momento della giornata

Un momento della giornata

I resti della chiesa longobarda nella necropoli di Santa Cecilia

I resti della chiesa longobarda nella necropoli di Santa Cecilia

Bomarzo - La stupefacente piramide etrusca

Bomarzo – La stupefacente piramide etrusca

Chia - La torre di Pasolini

Chia – La torre di Pasolini

Viterbo – Prosegue il viaggio del noto scrittore spagnolo Juan Manuel De Prada e di sua moglie, María Cárcaba, attraverso i paesaggi perduti della Tuscia. Sempre in compagnia di Antonello Ricci e Marco D’Aureli di Banda del racconto (foto-racconto di quest’ultimo).

Particolarmente varia e intensa la seconda tappa: la cosiddetta “piramide etrusca” di Bomarzo, la suggestiva necropoli di Santa Cecilia, il malandato ma spettacolare palazzo Chigi-Albani e la stupefacente Casina degli Specchi a Soriano nel Cimino. Infine, dulcis in fundo, la torre del poeta Pasolini a Chia, nei luoghi del “Vangelo secondo Matteo”. Guida d’eccezione il narratore di comunità Fabrizio Allegrini, che secondo De Prada “ha una certa somiglianza con Mel Gibson”.


(Trittico di agosto, 2 – Tra Bomarzo, Soriano e Chia, sulle tracce di Pier Paolo Pasolini)

Un paio di giorni più tardi, Antonello Ricci – in compagnia degli amici Fabrizio Allegrini, narratore di comunità che sarà nostra guida per i tortuosi sentieri boschivi dell’Alto Lazio, e Marco D’Aureli, antropologo e autore del foto-racconto – ci ha riservato una nuova sorpresa. Ancor più straordinaria.

Una visita all’enigmatica “piramide etrusca” di Bomarzo, che potrebbe non essere stata etrusca e che, ovviamente, non è una piramide; ma in ogni caso uno di quei monumenti che lasciano il visitatore stordito e incapace di frenare la fantasia.

Chi ha lavorato nella roccia una costruzione di queste dimensioni? Per quale ragione? Sembra impossibile che un’opera di queste caratteristiche avesse altro scopo che non fosse religioso; ma… di quale religione stiamo parlando? I sacrifici si facevano in cima alla piramide? O piuttosto essa era il luogo da cui la casta sacerdotale impartiva giustizia o predicava alla gente del posto? Sebbene nessuno sia stato in grado di datare con certezza questa “piramide etrusca”, sembra evidente che essa abbia avuto usi diversi in diverse fasi della sua storia. Quali sublimi o orrende cerimonie poté ospitare tale grande monumento?

L’immaginazione letteraria s’innalza come un razzo pirotecnico: a volte si ha l’illusione di vedere le pareti di questa piramide grondare sangue dopo una ecatombe sacrificale; altre ci si immagina una specie di Sinedrio radunato attorno alle sue scale, che sono quasi una tribuna. Naturalmente, questa piramide dové essere l’epicentro di un culto locale di dimensioni notevoli.

Nelle vicinanze, nella necropoli di Santa Cecilia, abbiamo la possibilità di ammirare un altro sito che ha qualche somiglianza con la “piramide etrusca”, una sorta di pulpito a gradini scolpiti nella pietra: esso domina la necropoli, i cui sarcofagi, tappezzati di muschio, sono disseminati nei dintorni. L’impianto di una piccola chiesa paleocristiana racconta del tempo in cui il cristianesimo è sorto, sulle rovine del paganesimo, fondando una nuova religione, e tuttavia raccogliendo elementi – fin nelle tessiture murarie – delle religioni precedenti: non solo per la costruzione materiale dei suoi templi (come senza dubbio è successo con questa chiesa, oggi in rovina, di Santa Cecilia) ma anche nella confezione del proprio culto.

Il grande successo del cristianesimo consisté nello scoprire “semi del Logos” nelle culture che lo avevano preceduto, favorendo così una più ampia accettazione popolare. Questo fenomeno di assimilazione del retaggio culturale pagano aiuta a capire, senza dubbio, il trionfo del cristianesimo; l’appartata necropoli di Santa Cecilia offre al visitatore la possibilità di meditare su tale evento epocale.

(A tal proposito, non posso non ricordare, a mo’ di parentesi umoristica, un aneddoto. Di ritorno da Santa Cecilia, mia moglie ha “scoperto”, in una curva del sentiero, una grande massa di peperino con diverse rampe di gradini scavati nella pietra: essi, insieme con altri elementi, ci hanno permesso di dedurre che qui potrebbe nascondersi qualche altra antica costruzione di intenzioni religiose. Abbiamo deciso allora che se qualche archeologo del futuro dovesse un giorno scavare e liberare dalla vegetazione questo posto – come la “talpa” Salvatore Fosci ha disseppellito e diserbato la stupefacente piramide che abbiamo appena ammirato – avrebbe il dovere di battezzarlo in onore di mia moglie María come “Piramide di Cárcaba”. Invoco qui Fabrizio, Antonello e Marco come testimoni!)

Il nostro tour si estende poi alla Torre di Chia, attraverso un percorso che ci permette di godere di un ampio paesaggio: boschi lussureggianti che si affacciano sull’abisso, pittoresche scogliere di roccia vulcanica che avrebbero affascinato qualsiasi pittore romantico, gole ombreggiate dove fiumi nascosti tessono la loro eterna strofa d’acqua… Nella torre pentagonale di Chia, snella come un ugello e graziosa come un trampoliere, il grande regista e scrittore Pier Paolo Pasolini trascorse gli ultimi anni della sua esistenza. Il tour include una breve visita al luogo in cui è stata girata la sequenza del Battesimo di Cristo nel “Vangelo secondo Matteo”.

Un torrente che un tempo mosse mulini e frantoi scorre ancora, fra enormi rocce, attraverso un paesaggio che qui è quasi giungla. Quando abbiamo scoperto la cascata inconfondibile che Pasolini ha mostrato al mondo come se fosse il Giordano, la nostra conversazione si è incentrata sulla figura del regista, che con tanta chiaroveggenza ha anticipato i mali del nostro tempo: l’egemonia del capitalismo, attraverso il consumismo sfrenato, anche qui ha distrutto le tradizioni locali e livellato le anime; la sottomissione della sinistra alle “conquiste” di una “libertà sessuale” che in realtà sono lo strumento usato dal neocapitalismo per schiavizzare i popoli; l’addomesticamento della Chiesa, che con il pretesto di “dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio” si è dedicata a nuotare e a mangiare, cercando di compiacere il potere politico.

Contemplando la torre di Chia, a rischio di rovina ma resistente alle intemperie e ai secoli, si comprende meglio la personalità lucida e austera del grande artista e profeta, ruvido e doloroso come una spina, che fu Pasolini. La passeggiata si conclude con un pasto o agape fraterna in cui noi tutti condividiamo quel poco che ci portiamo nel sacco, come fecero i primi cristiani (prima che i loro pastori si dedicassero a nuotare e a mangiare).

Il più frugale di tutti è, come sempre, Antonello, che è leggero come gli uccelli del cielo e i gigli dei campi e quindi non deve preoccuparsi per il cibo o le bevande. Il più silenzioso di tutti è invece Marco, che generosamente distribuisce le sue melanzane fino a quando per lui non resta quasi più nulla. Fabrizio, che ha una certa somiglianza con Mel Gibson, ha portato dolciumi all’anice e un thermos di caffè che delizia il nostro dopopranzo.

Di ritorno a Viterbo, ci fermiamo a Soriano nel Cimino, dove abbiamo l’opportunità di scoprire la civettuola e deliziosa “Casina degli Specchi”, settecentesca residenza di caccia del potente cardinale Albani e oggi, grazie alla dedizione di Maria Luisa, l’attuale proprietaria, esclusivo hotel dove ci piacerebbe, l’anno prossimo, trascorrere qualche notte. L’ospitale Maria Luisa ci permette di visitare la Stanza degli Specchi, dove gli affreschi si alternano a motivi religiosi ed ecclesiastici. I “putti”, che abbondano, qua e là, pur sempre esibendo attributi religiosi (ora una tiara, ora un turífero), non smettono di lanciare ai visitatori pagani strizzatine d’occhio. (2 – continua).

Juan Manuel De Prada


Da tre anni lo scrittore spagnolo Juan Manuel De Prada, fra i romanzieri più noti nonché ammirato e controverso opinionista per la carta stampata e la televisione iberiche, trascorre le sue vacanze nella Tuscia.

Pochi giorni fa, accompagnato dal narratore Antonello Ricci e dall’antropologo Marco D’Aureli della Banda del racconto (suo il fotoreportage narrativo) ha voluto visitare alcuni “paesaggi” locali straordinari, tanto eccellenti quanto dimenticati.

In esclusiva per i lettori di Tusciaweb le sue impressioni di viaggio: una appassionata e problematica dichiarazione d’amore per Viterbo e la Tuscia tutta.


Juan Manuel De Prada è nato nel 1970 a Baracaldo, nella provincia di Biscaglia. Il suo romanzo “La tempesta”, vincitore nel 1997 del prestigioso premio Planeta, è stato tradotto in oltre 20 lingue. Nel 2007 con “Il settimo velo” ha vinto il premio Seix Barral Biblioteca Breve.

In qualità di opinionista d’attualità collabora stabilmente col prestigioso quotidiano conservatore spagnolo “ABC” e con l’emittente televisiva “Antena 3”. In Italia numerosi suoi articoli su temi teologici e politici sono usciti per “L’Osservatore Romano”. I suoi romanzi sono usciti in traduzione italiana per gli editori E/O e Longanesi.


Condividi la notizia:
31 agosto, 2018

                               Copyright Tusciaweb srl - 01100 Viterbo - P.I. 01994200564Informativa GDPR

 

 

Test nuovo sito su aruba container http://tst.lavelina.eu/grazie-al-dottor-chegai-e-al-suo-reparto-di-radiologia-diagnostica/