Viterbo – Colpo a mano armata alla gioielleria Bracci, il pentito di camorra sceglie l’abbreviato. Si dividono le strade dei due esecutori materiali e delle due donne che hanno fatto da palo in occasione della rapina sfociata in sparatoria lo scorso 14 marzo in piazza del Teatro.
La mente della banda, Ignazio Salone, pentito di camorra e personaggio di elevato spessore criminale, ha chiesto tramite il difensore Matteo Moriggi di essere giudicato col rito abbreviato che, in caso di condanna, prevede lo sconto di un terzo della pena. La richiesta di rito alternativo è stata accolta dal tribunale e il processo è stato fissato per il prossimo 5 novembre.
Rito abbreviato anche per la moglie dell’altro bandito che ha fatto irruzione nel negozio, una 22enne d’origine polacca. La donna ha fatto da palo assieme alla compagna di Salone, una 33enne d’origine romena, a sua volta sorella del complice, incinta al momento del fermo, per cui non è stata arrestata.
E’ invece comparso ieri davanti al collegio presieduto dal giudice Gaetano Mautone il complice, Stefan Grancea, cognato 27enne di Salone, l’unico dei tre per i quali è stato chiesto il giudizio immediato che sarà giudicato con il rito ordinario, attraverso un pubblico processo.
“Abbiamo fatto questa scelta – spiega il difensore Samuele De Santis – perché era il solo modo per far emergere gli inquietanti retroscena che hanno preceduto il blitz nella gioielleria, retroscena che alleggeriscono la posizione di Grancea, il cui ruolo è stato davvero minimo”.
I tempi intanto si allungano, perché l’udienza di ammissione prove, in programma per l’appunto già ieri, a sei mesi dalla rapina, è stata rinviata al prossimo 14 novembre per un vizio di notifica alla parte offesa, Bernardino Bracci, che ha facoltà di costituirsi parte civile prima che il processo entri nel vivo.
Il titolare della gioielleria, in possesso di un’arma regolarmente detenuta, approfittando di un momento di distrazione, ha tentato di reagire sparando alcuni colpi in aria, venendo però bloccato da Salone, nel corso di una drammatica colluttazione, durante la quale il rapinatore ha tentato a sua volta di sparare. Senza riuscirci, perché fortunatamente l’arma si è inceppata e rimanendo lui stesso ferito alla mano sinistra da un colpo di pistola trapassante.
Uno degli uomini e la donna sono stati costretti a sedersi per terra, all’altro sono stati legati i polsi con del nastro adesivo. Per guadagnarsi l’uscita, Salone e Grancea, avrebbero quindi usato la donna come scudo umano, prendendola per il collo e poi scaraventandola senza scrupoli sul pavimento. Quindi hanno raggiunto a piedi le rispettive compagne, che facevano da palo a bordo dell’auto parcheggiata sulla salita di Santa Rosa pronta alla fuga.
Silvana Cortignani
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