Viterbo – Non solo la sua foto con la pistola condivisa sui social con la scritta “è ora di ammazzare i bambini dell’asilo” e le inquietanti ovazioni agli stragisti di tutto il mondo.
Denis Illarionov, il 24enne di Bagnaia a processo davanti alla corte d’assise con l’accusa di tentata strage e attentato alla pubblica sicurezza, colui che ha lanciato un ordigno incendiario durante il trasporto della macchina di Santa Rosa del 2015, realizzava anche fumetti blasfemi su padre Pio e madre Teresa di Calcutta, nonché filmati e file audio in cui rappava chiedendo la liberazione di Massimo Bossetti e a favore dello stupro libero.
Un esempio su tutti. “Cazzo me ne fotte se sei stato al ginnasio, io mi sono stuprato Yara Gambirasio. Dai, non mi fate bestemmiare, rendiamo lo stupro legale”, come hanno spiegato questa mattina due degli agenti della Digos che si sono occupati del caso, interrogati dal procuratore capo Paolo Auriemma e dalla pm Chiara Capezzuto, davanti alla corte presieduta dal giudice Gaetano Mautone. E’ così che è entrato nel vivo il processo iniziato lo scorso 22 ottobre. L’imputato è difeso dall’avvocato Vincenzo Comi del foro di Roma.
Ha trasformato Kabobo, il picconatore di Milano condannato a venti anni, in Superman. Al setaccio computer, smartphone e profili social del ragazzo segnalato nel febbraio scorso come sospetto terrorista internazionale dall’Fbi e arrestato il 12 marzo, quando nella sua abitazione a due passi da Villa Lante sono stati sequestrati circa tre chili di nitrato di potassio.
Durante le successive indagini, la polizia ha scoperto che cinque chili li aveva comprati on line il 9 settembre 2015, pochi giorni dopo l’attentato di Santa Rosa. Il 23 dicembre 2014, invece, se ne era regalato un primo chilo per le feste di Natale. E il 4 gennaio, in tempo per la Befana, aveva acquistato anche le micce. Sempre su internet.
I detective della Digos lo hanno definito un “internauta”. Non tanto per dire. Nel senso che passava tutto il giorno a navigare. Dalla mattina alla sera. Dalla sera alla mattina. Ovunque. Sempre dissacratorio.
Grande bestemmiatore, anticlericale convinto e con una profonda avversione verso tutte le religioni, dal cattolicesimo all’islam, il suo nickname preferito era “papa maialetto XVI”, accompagnato dal logo del volto di Ratzinger modificato con le orecchie da suino.
Tra i suoi video di punta, una sorta di tutorial su come realizzare un razzo, preso da un sito dell’Isis, montato con scene di guerra, con terroristici islamici che gridano “Allah akbar” e sventolano bandiere nere dell’Is.
Un pozzo senza fondo. “Un volume di dati impressionante”, hanno detto gli investigatori, che hanno passato al setaccio l’universo mondo virtuale di Denis.
Ma sono stati costretti a fermarsi davanti a uno scoglio insuperabile, Second Life, l’impenetrabile piattaforma informatica americana alla quale si accede attraverso un avatar tridimensionale, dove tutto è possibile e niente è rintracciabile.
Decisamente più concreto l’attentato la sera del Trasporto del 2015, condiviso in tempo reale con tre amici. Merita un capitolo a parte.
Silvana Cortignani
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