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Nuova Cupola - Il gip di Palermo ha accolto la richiesta di custodia cautelare della direzione distrettuale antimafia

Cosa Nostra, Nicolò Orlando resta in carcere

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Nicolò Orlando

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Blera – Nicolò Orlando resta in cella. Lo ha deciso il gip del tribunale di Palermo accogliendo la richiesta di custodia cautelare in carcere della Dda del capoluogo siciliano, che ritiene il 52enne arrestato a Blera “affilato alla famiglia mafiosa di Misilmeri”.

Giovedì scorso, tra le mura del penitenziario di Mammagialla, si è tenuta l’udienza di convalida del fermo. Per rogatoria, davanti al giudice per le indagini preliminari di Viterbo Francesco Rigato, che non ha dato l’ok al fermo per associazione mafiosa eseguito nella notte tra lunedì e martedì. Per il gip “non sussistono i presupposti”, e si è dichiarato territorialmente incompetente per decidere sulla misura cautelare. La direzione distrettuale antimafia di Palermo, tramite la pm di Viterbo Chiara Capezzuto, aveva chiesto la custodia in carcere.

Gli atti dell’inchiesta sono così tornati in Sicilia. La Dda ha dovuto presentare al gip del capoluogo siciliano una nuova richiesta di custodia cautelare in carcere, che è stata accolta e quindi disposta. Nicolò Orlando resta in cella.

Durante l’udienza di convalida del fermo, il 52enne si è spogliato di tutte le accuse contestate. “Non sono un mafioso”, avrebbe affermato. Per poi concentrarsi sulle conversazioni intercettate dai carabinieri. Per Orlando quelle chiacchierate contenute nelle carte d’inchiesta (più di 3mila pagine) sono “chiacchierate goliardiche e fini a se stesse”. “Discorsi – avrebbe detto al giudice – con persone che io conosco dall’infanzia, con le quali sono cresciuto o ho legami di parentela. Persone che non sapevo essere coinvolte in Cosa Nostra, se davvero sono coinvolte in Cosa Nostra… Ciò che è certo è che le mie parole, goliardiche, non erano inserite in un contesto mafioso. Anche perché io non sono un mafioso e degli arrestati non conosco quasi nessuno, se non quelli di Misilmeri”.

Per la Dda, che ha indagato il 52enne nell’ambito dell’operazione che ha documentato la ricostruzione della Cupola di Cosa Nostra, Orlando avrebbe avuto “rapporti qualificati con tutti i sodali di Misilmeri, fatto da messaggero per conto del capo mafia di Bolognetta, partecipato a condotte intimidatorie e curato il controllo del territorio e della delinquenza di Misilmeri, proponendo un attentato con un’arma da fuoco”.

Nicolò Orlando è difeso dall’avvocato Paola Ragonesi. “Su di lui pendono solo indizi di colpevolezza – sottolinea il legale -. Vedremo se reggono nell’eventuale processo che, in caso, verrà celebrato a Palermo. Dall’ambiente palermitano Orlando è fuori da molto tempo, non solo perché è a Blera da ormai dieci anni ma anche perché prima ha vissuto almeno 20 anni a Roma. In Sicilia ha la madre e, fino al 2015, anche il padre. Nell’ultimo periodo si è fermato per più tempo a Misilmeri proprio per la morte del papà e di altri familiari. Una famiglia disagiata dal punto di vista economico, e già questo stride con una presunta appartenenza mafiosa di Orlando”.


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Presunzione di innocenza
Per indagato si intende semplicemente una persona nei confronti della quale vengono svolte indagini preliminari in un procedimento penale.

Nel sistema penale italiano vige la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio. Presunzione di innocenza che si basa sull’articolo 27 della costituzione italiana secondo il quale una persona “non è considerata colpevole sino alla condanna definitiva”.


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9 dicembre, 2018

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