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Viterbo - Ieri l'ultimo saluto dei figli all'allenatore Alvaro Turchetti - Alvarone il corsaro, come hanno ricordato i figli Giancarlo, Pamela e Dalila - Tantissime le persone nella chiesa della Sacra Famiglia al Carmine
Viterbo – (dan.ca.) – “Ci mancherai tu che proprio per questo, a noi, non hai mai fatto mancare nulla, cercando di disegnare sempre un sorriso sui nostri volti. Ci mancherà il tuo modo di scherzare e sdrammatizzare quello che accadeva attorno a noi per darci conforto”.
Sono i figli di Alvaro Turchetti. Giancarlo, Pamela e Dalila. Alvarone il Corsaro, così come lo chiamavano in molti. Morto improvvisamente il 29 dicembre all’ospedale Belcolle di Viterbo a 79 anni. Ieri mattina la messa nella chiesa della Sacra Famiglia al Carmine, quartiere dove vive il figlio Giancarlo, segretario regionale del sindacato Uil Viterbo, e dove Alvaro, lì al campo del Pianoscarano, che ha cresciuto Valentini, Conticchio e Bonucci, giocatori finiti in serie A e nazionale, ha portato il Villanova. Tutto di filato, dalla terza categoria all’Eccellenza, fatta assieme alla squadra del Pianoscarano.
“Un mister eccezionale – hanno raccontato i figli – padre di tutti, persona piena di umiltà e un riferimento per qualsiasi problema. Lo spogliatoio era una palestra di vita da cui i giocatori hanno potuto attingere insegnamenti che rimarranno nel cuore di chi ti ha conosciuto”.
A dire messa, don Luca Scuderi, figlio di un’importante famiglia viterbese che ha scelto di essere povero in Cristo. Conosceva bene Alvaro e conosce bene i suoi figli e la moglie Maria Flagiello. Indossa le scarpe da trekking, sotto i paramenti. La chiesa è piena di persone. Familiari, amici, rappresentanti delle organizzazioni di categoria della Uil e delle organizzazioni sindacali e di categoria della Tuscia. Assieme a loro anche Alberto Civica, segretario generale della Uil di Roma e del Lazio.
Una famiglia unita. “Tutte le persone che hai avuto nel tuo cuore – hanno proseguito i figli – i tanti che hai incontrato lungo la tua vita e che hai saputo amare attraverso la tua passione, lo sport, il calcio”.
Alvaro Turchetti ha giocato fino a 43 anni, militando in diverse squadre della provincia. “Difensore di quelli che negli anni ’60 si definivano rocciosi, dotato di potenza e di un buon tempismo – lo ha ricordato il giornalista sportivo Massimiliano Mascolo in un post su Facebook – non badava troppo ai formalismi nella marcatura sull’uomo e all’occorrenza sapeva trattare la palla per rilanciare l’azione”.
“Da allenatore – ha evidenziato Mascolo – mantenne le stesse caratteristiche che lo avevano distinto sul campo, facendo praticare un calcio pragmatico ma senza disdegnare momenti di bel gioco, quando aveva la possibilità di schierare elementi in grado di produrlo. Era, soprattutto, un buon padre negli spogliatoi”. Ed è stato proprio allenatore che ha lasciato un segno indelebile nella storia sportiva della città di Viterbo e della Tuscia. Col Villanova è passato dalla terza categoria all’eccellenza, con il Grotte di Castro ha vinto la seconda senza perdere nemmeno una partita. E’ stato miglior allenatore della provincia, premiato dal pallone d’oro Gianni Rivera.
Alvaro Turchetti, a Villanova, zona periferica fino ad allora lasciata sostanzialmente a se stessa, ha fatto costruire lo stadio e l’impianto sportivo che ancora oggi rappresentano un prestigioso punto di riferimento per il quartiere e per tutto lo sport viterbese. Un’impresa portata avanti con don Armando e don Bruno, che Luca Scuderi ha ricordato nella sua omelia.
Il sacerdote del Carmine cita un detto indiano, “di fronte alla morte, chi nulla ha amato, nulla duole. Chi non ha amato non provoca dolore quando muore”. E in chiesa le persone che piangevano erano tante. Una signora si è sentita male. Soccorsa immediatamente, si è rimessa seduta ed è rimasta fino alla fine. Tutto bene.
“Una volta don Bruno disse di don Armando – ha raccontato Luca Scuderi -. ‘Don Armando se ne è andato a 55 anni. Tanto pochi. Ma ne ha vissuti 110 per come li ha vissuti’. Gli anni che ha vissuto il nostro fratello Alvaro sono pochi rispetto a quelli che ha donato”.
Conclude infine con un’altra citazione, Umberto Eco, di cui don Luca ha ricordato anche la data di nascita, che cadeva proprio ieri. “Se uno non legge vive 70 anni. Se uno legge ne vive 5000. Perché vive tutti gli anni di coloro che hanno vissuto prima di lui”.
A fine messa è stata fatta una raccolta fondi il cui ricavato verrà destinato all’associazione “Campo delle rose” che si occupa di ragazzi e ragazze autistici.
“Babbo – hanno detto infine i figli – noi possiamo solo essere fieri di aver avuto un padre come te”.