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L'irriverente

E se discutessimo di Tft anziché di Tav?

di Renzo Trappolini
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Renzo Trappolini

Renzo Trappolini

Viterbo – Più che di Tav sarebbe utile parlare di Tft, l’indice di fecondità cioè il numero medio di figli per donna: un secolo fa 2,5 e oggi 1,24 che, con l’aumento degli anziani (nel 2050 un terzo della popolazione) vuol dire squilibrio fra consumi e produzione e seri problemi per il sistema di welfare.

Di “vero dramma” si è parlato in un convegno con il vescovo Lino Fumagalli.

Nel 2018 ci sono state novemila nascite in meno rispetto al 2017 e, se non aumenterà il Tft, il numero di bambini che nascerà continuerà a diminuire.

Di conseguenza quello dei giovani e delle persone in età da lavoro: riusciranno essi a sostenere l’onere della dipendenza economica degli anziani che invece, col calo della mortalità, andrà a crescere?

Il fenomeno è globale, tipico delle civiltà postindustriali che si affidano alla finanza, la quale ovviamente privilegia soluzioni che portano lucro immediato incurante delle disuguaglianze sempre più marcate tra pochi più ricchi e gli altri in discesa economica e sociale fino alla povertà.

Differenze di ricchezza e benessere progressive anche intergenerazionali: a partire dagli anni 80 i giovani sono diventati più poveri rispetto agli anziani e, se per questo sono obbligati a fare affidamento sui propri genitori, come potranno assicurare l’indispensabile aumento del Tft?

Fumagalli ricorda che “oggi a Viterbo il 60% delle famiglie è composta da due persone, il 6% da una” e le statistiche rivelano che ovunque aumentano le nascite fuori del matrimonio: un nato su tre ha genitori non sposati.

Che fare? Reddito di maternità sta bene ma non basta se non è inserito in un quadro organico di provvedimenti che da un lato aumentino la compatibilità tra lavoro e cura dei figli con servizi di welfare rivolti alle famiglie, ai figli medesimi e ai genitori, indipendentemente dal fatto che siano sposati o meno.

Dall’altro, l’obiettivo prioritario del lavoro soprattutto per i giovani e le donne, attraverso investimenti nell’attività imprenditoriale e nella produttività.

Questo governo s’è dato un ministero della famiglia. Speriamo non sia come quel ministero della gioventù che Andreotti inventò per un suo governo provvisorio. I dipendenti avevano un’età media di cinquant’anni e – nota il giornalista Massimo Franco – parve più che altro “un simbolo per rassicurare l’elettorato cattolico benpensante”.

Renzo Trappolini


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10 marzo, 2019

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