Sono finiti in manette i tre figli di Francesco Amato, il 55enne condannato nel processo Aemilia che tenne in ostaggio cinque persone all’interno di un ufficio postale a Reggio Emilia. I tre sono accusati di estorsione a danno di quattro pizzerie nel reggiano

Ancora guai per la famiglia di Francesco Amato, l’uomo che, rifiutando la condanna a 19 anni di carcere nel Processo Aemilia, aveva preso in ostaggio cinque persone all’interno dell’ufficio postale di via Fratelli Cervi, a Reggio Emilia. A finire in manette sono stati questa volta i tre figli del 55enne, Mario, Cosimo e Michele, con l’accusa di estorsione a danno di diversi locali nel reggiano. Quattro le pizzerie bersagliate nel giro della settimana che si è appena conclusa, con tanto di spari alle vetrate e biglietti intimidatori nei confronti dei proprietari. Per questo motivo, al termine di una perquisizione, i figli di Francesco Amato sono stati portati in carcere dai Carabinieri in attesa dell’udienza di convalida. Il padre dei tre, lo ricordiamo, era stato condannato il 31 ottobre scorso a 19 anni e un mese di reclusione con l’accusa di essere uno degli organizzatori dell’associazione ‘ndranghetista nei nostri territori. Dopo la sentenza Amato risultò però latitante, fino al 5 novembre quando ricomparve alle Poste di Pieve Modolena, dove per otto ore tenne in ostaggio cinque dipendenti. Al termine della lunga trattativa con le forze dell’ordine, Francesco Amato diede la resa e venne portato in carcere a Terni, dov’è recluso tutt’ora. Oggi, sotto accusa sono i figli, a testimonianza che dopo Aemilia rimane alta l’attenzione sul territorio nei confronti dei fenomeni di stampo mafioso. Il maxi processo ha segnato una tappa storica nel contrasto alle infiltrazioni ‘ndranghetiste, ma le 125 condanne inflitte agli imputati nell’aula del tribunale di Reggio Emilia non sono che la punta dell’iceberg di un fenomeno tutt’altro che scongiurato.