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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Quirico a Udine per il "Terzani": «In Siria ancora 30 anni di guerra»

L'analisi dell'inviato de La Stampa sul conflitto in Medio Oriente

«Credo fermamente nella scrittura giornalistica, nell’unicità di questo mestiere: finché ci sarà la volontà di raccontare la realtà, il giornalismo vivrà». Parola di Domenico Quirico, Premio Terzani 2018 per “Succede ad Aleppo” (edito da Laterza), che aggiunge: «l’illusione tecnologica è una delle cause della decadenza del giornalismo, oltre a indifferenza e cinismi: ma nessuna tecnologia e nessuna invenzione sostituirà un buon pezzo sul giornale. L’aspetto magico del mestiere è il rapporto con la realtà: da ricomporre, ricostruendolo ogni giorno, perchè dura 24 ore e poi sparisce. La realtà cambia appena abbiamo finito di raccontarla e la lezione fondamentale di questo mestiere è l’umiltà».   

Il premio

Domenico Quirico, inviato de La Stampa, ha conquistato la Giuria del Premio Terzani con il suo intenso saggio testimonianza sulla guerra civile in Siria: riceverà il riconoscimento questa sera al Teatro Nuovo Giovanni da Udine da Angela Terzani Staude, presidente di Giuria, e converserà con la giornalista della redazione Esteri del Corriere della Sera Marta Serafini, autrice dell’instant book "Maria Giulia che divenne Fatima", nato da una conversazione Skype con la prima jihadista italiana. All’evento interverrà anche Emel Mathlouthi, l’artista tunisina divenuta icona della Primavera araba: a Udine risuonerà così la voce che ha scandito in musica la “Rivoluzione dei gelsomini”.

30 anni di guerra

«La Siria?  Ci aspettano almeno altri trent’anni di guerra – ha commentato Quirico nel corso di un incontro con la stampa questa mattina, a Udine -  Nemmeno gli Stati Uniti, seppure volessero, sono oggi in grado di risolvere quella situazione. La verità è che la diplomazia in quel luogo del mondo è morta: la crepa si sta allargando e non è più possibile tamponare questo tipo di tragedia umana.  Ma c’è intanto un’altra Aleppo che si profila, in Medio Oriente: lo Yemen del Nord, il posto in cui Terzani vorrebbe probabilmente essere oggi, e che tutti noi dovremmo visitare – se non fosse pressochè impossibile arrivarci, per testimoniare la tragedia di uomini donne e bambini uccisi ogni giorno per mano dell’Arabia. Con i bombardamenti soprattutto. Niente di diverso da quel che fa il regime siriano alla sua popolazione: ma per l’occidente è più scomodo denunciare il governo arabo. Io la penso un po’ come Basaglia, al quale interessavano i malati e non la malattia: a un giornalista dovrebbero interessare le persone e non la geopolitica».
 

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