"Ho sentito nella vita della mia comunità parrocchiale il desiderio della consacrazione e aiutato dal mio parroco ho compiuto il primo cammino di discernimento della mia vocazione"

Don Giuseppe Radesca: “Una serie di volti si è legata alla trama della mia libertà”

"Sono Sacerdote da 13 anni e Parroco a Padula delle Parrocchie di San Giovanni Battista da 11 anni e di San Michele Arcangelo da 6 anni"

Attualità
Cilento martedì 03 aprile 2018
di Antonella Citro
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Don Giuseppe Radesca © n.c.

Da quanti anni è sacerdote e in quali parrocchie è stato parroco?

Sono Sacerdote da 13 anni e Parroco a Padula delle Parrocchie di San Giovanni Battista da 11 anni e di San Michele Arcangelo da 6 anni.

Come è nata la sua vocazione sacerdotale?

Ho sentito nella vita della mia comunità parrocchiale il desiderio della consacrazione e aiutato dal mio parroco ho compiuto il primo cammino di discernimento della mia vocazione.

C’è qualche episodio particolare che ha contribuito ad orientarla verso questa decisione?

Certamente la scoperta progressiva della storia di Gesù di Nazareth. Ascoltando ogni giorno la Parola di Dio e ricevendo l’Eucarestia tutte le azioni di servizio nella Parrocchia amplificavano una voce profonda del cuore. Non un episodio, ma una serie di volti che si è legata alla trama della mia libertà.

Come ha reagito la sua famiglia quando ha saputo della sua intenzione di farsi Sacerdote?

Dando la propria disponibilità, il comune sacrificio per sostenere la scelta, l’entusiasmo e la soddisfazione nel vedere la mia gioia!

E gli amici? Si sono mostrati contenti o contrari alla sua scelta?

Favorevoli, vicini e orgogliosi dell’amicizia.

Che ricordi conserva degli anni trascorsi in seminario?

Un ricordo positivo, con profondi momenti di vera amicizia e collaborazione tra noi e tutta l’equipe del Seminario.

Ha dovuto superare momenti di crisi e come li ha superarti?

Naturalmente, ogni persona affronta nei percorsi della vita crisi e scoraggiamenti, delusioni e solitudini, ma che ho ritenuto sempre fondamentali per la crescita e la maturazione. Non so come li ho superati: certamente Qualcuno ha vegliato su di me perché perseverassi nella scelta e mandasse amici, famiglia, sacerdoti illuminati a dare speranza al mio cuore.

Da molti anni la Chiesa soffre a causa della carenza delle vocazioni sacerdotali e religiose. A cosa attribuisce questo problema?

La scelta è sempre del Signore! È Lui che chiama chi vuole e quando vuole nel servizio alla Sua Vigna. Non credo la Chiesa soffra della mancanza di sacerdoti o religiosi per un motivo ben preciso; credo, piuttosto, che la cultura odierna non permetta la crescita di vocazioni, ma solo il raggiungimento – per pochi - di funzioni particolari. E il ministero non è una funzione solamente sociale, culturale e religiosa: è il dono della propria vita per Cristo e per la Chiesa. Ecco perché l’azione dello Spirito dal cuore della Chiesa interpella una umanità che fa fatica a sentire la voce di Dio. Il problema della vocazione è un problema antropologico che è raccontato dalle prime pagine della Bibbia e si risolve solo nell’amore di Cristo.

Cosa si potrebbe fare per porre rimedio a questa situazione che lasci molte parrocchie senza pastore?

Anzitutto, pregare! La preghiera mette le comunità in ascolto dello Spirito perché susciti tra i figli delle nostre famiglie speciali vocazioni. Aprire, poi, tra le famiglie di ogni parrocchia la strada della vocazione matrimoniale e sacerdotale e religiosa. Dalla riscoperta generale della vocazione nella famiglia può nascere sia un rinnovamento delle parrocchie, che del ministero dei pastori. Credo, inoltre, che la struttura del percorso vocazionale vada maggiormente attenzionato e vissuto dalle comunità, così che sentano il cammino del proprio futuro ministro.

C’è un aspetto cruciale da cui partire per riflettere sul futuro delle nostre comunità?

L’aspetto cruciale è la famiglia: le relazioni che si vivono nell’autenticità dei legami familiari.

Il 2018 è l’anno del Sinodo dei Giovani. Cosa si può fare per avvicinare i giovani alla Chiesa?

La Chiesa per avvicinare i Giovani deve proporre con chiarezza il Volto di Cristo nell’amicizia e nel servizio dei fratelli. Quando una comunità è aperta, attenta, familiare accoglie tutti, fa crescere i giovani e cura gli ammalati. Il modello “box-per i giovani”; “box per gli anziani”, non porta risultati a lungo termine. È la comunione la sfida della Chiesa, anche e soprattutto tra le generazioni

La famiglia è chiesa domestica; cosa si sente di dire alle famiglie della sua comunità parrocchiale per accompagnarle nel loro percorso di fede, specialmente in preparazione alla Santa Pasqua?

Da poco abbiamo celebrato un evento: Padula è Gerusalemme, una via Crucis vivente dinanzi la certosa di San Lorenzo con la presenza straordinaria quest’anno dell’attore Pietro Sarubbi (interprete di Barabba nel film The Passion di Mel Gibson): le famiglie hanno potuto leggere e imparare il vangelo della Passione, ma anche annunziare agli altri (ai lontani) in forma teatrale certamente, ciò che noi celebriamo nella Liturgia pasquale e domenicale. Da questo appuntamento molti hanno sentito l’esigenza di ritornare al Signore, con la confessione e l’Eucarestia, riprendere la vita della Comunità e il privilegio di entrare nei sentimenti di Cristo, dalla sua passione fino alla resurrezione. Poi, la testimonianza di conversione di Pietro Sarubbi ha riacceso in altri, la domanda di fede e di speranza. Infine, come suggerisce spesso Papa Francesco, per avvicinare le famiglie occorre dare loro spazio di azione di corresponsabilità nella Chiesa, sia a livello parrocchiale che diocesano, seguendo ciò che lo Spirito suscita anche in loro con la testimonianza della Carità e della Verità.

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