Esperti Usa contro Trump: l’accordo nucleare con l’Iran rafforza leadership e stabilità

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Un gruppo bipartisan composto da oltre 100 esperti Usa di sicurezza - fra i quali vi sono 50 ufficiali dell’esercito in pensione e oltre 30 ex ambasciatori - esorta il presidente Donald Trump a mantenere in vita l’accordo sul nucleare iraniano (il Jcpoa). Negli Stati Uniti, a fronte di un movimento crescente di intellettuali, esperti militari, parlamentari e membri della società civile favorevoli al patto con Teheran, la Casa Bianca sembra sempre più orientata a cancellarlo.  Nel documento intitolato “Mantenere l’accordo con l’Iran - 10 buone ragioni per farlo” si rinnova l’appello a Trump perché mantenga “l’impegno” preso dagli Stati Uniti. In questo modo, aggiungono i promotori, esso “rafforzerà il potere contrattuale dell’America nelle trattative con la Corea del Nord, così come con l’Iran, e aiuterà a mantenere la stabilità […] e l’influenza Usa come leader mondiale”. “Abbandonarlo - si legge in una nota a margine dell’iniziativa - non garantisce alcun beneficio in tema di sicurezza nazionale”. 

Lanciato da un gruppo bipartisan che si fa chiamare “Coalizione nazionale per prevenire un Iran dotato di atomica”, il documento giunge in un momento in cui l’amministrazione Usa sembra sempre più orientata a uno scontro con Teheran. Ne sono prova le recenti nomine di Mike Pompeo e John Bolton, due falchi da sempre fautori - soprattutto il secondo - di una guerra contro la Repubblica islamica. Analisti ed esperti sottolineano che la Casa Bianca sembra avere due piste di approccio all’accordo, definito da Trump in campagna elettorale “il peggiore di sempre”: negoziare con gli alleati europei per ottenere modifiche gradite agli Usa o abbandonarlo. Questa seconda strada appare quella più probabile.

Dopo anni di embargo, nel 2015 l’Iran ha ottenuto un parziale alleggerimento delle sanzioni economiche occidentali, in cambio di un accordo sul controverso programma atomico. Un’intesa accolta in maniera positiva dalla maggioranza della comunità internazionale. Questo ha permesso di rilanciare l’economia e potenziare gli investimenti. Tuttavia, gli Usa - insieme a Israele fra le voci critiche - hanno mantenuto in vigore una serie di sanzioni per il programma di missili balistici di Teheran e il suo sostegno [armato] a movimenti sciiti in Medio oriente. Il 12 gennaio scorso Trump ha esteso per altri 120 giorni la sospensione di una serie di sanzioni all’Iran. Tuttavia, egli ha aggiunto che questa sarebbe stata “l’ultima volta”. Fra meno di due mesi, il 12 maggio prossimo, il leader statunitense dovrà pronunciarsi sul destino dell’accordo. Intanto in Europa cresce la preoccupazione per la fine dell’accordo. Una fonte diplomatica francese, citata da Le Monde, dietro anonimato rivela che “se l’Iran riprenderà l’arricchimento dell’uranio, potrà produrre una bomba nucleare in un anno. In questo caso bombardamenti su obiettivi nucleari iraniani da parte di Stati Uniti e Israele saranno inevitabili. E se verranno attaccati, gli iraniani risponderanno”. 

Intanto in una lettera aperta pubblicata su Al-Jazeera il ministro iraniano degli Esteri Mohammed Javad Zarif lancia un appello alle nazioni del Medio oriente, chiedendo una nuova politica di collaborazione e fiducia fra tutte le parti. “Come i nostri vicini arabi - scrive il capo della diplomazia di Teheran - con i quali dividiamo confini marittimi e terrestri, la sicurezza comune è fondata sui principi stabiliti dalla carta delle Nazioni Unite”. “La sicurezza comune - aggiunge - richiede misure efficaci per la costruzione di una fiducia reciproca, come la comunicazione di esercitazioni militari, trasparenza nelle procedure militari, riduzioni nella spesa militare e reciproche visite fra alti ufficiali”. 

Egli suggerisce di iniziare seguendo la politica dei piccoli passi “incoraggiando il turismo fra le nostre nazioni, e promuovendo progetti congiunti in tema di sicurezza nucleare, lottando contro l’inquinamento e la gestione delle crisi”. “Una volta di più - conclude Zarif - l’Iran porge la sua mano ai vicini. E non è una manovra, ma una scelta strategica. L’Iran è profondamente convinto che ciò che unisce è di gran lunga superiore a ciò che ci divide”.

Da Asianews.it

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