In Africa avanza il digitale

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Il sito di informazione ICT Africa ha lanciato una campagna di raccolta fondi per realizzare un data-base sull’innovazione digitale in Africa. L’idea è di creare un elenco di tutto quanto si muove intorno alle nuove tecnologie nel continente: reti mobili, applicazioni per smartphone, trasferimenti di denaro tramite cellulare, progetti di e-learning, sistemi di voto elettronico, imprenditoria sociale…

L’iniziativa potrebbe stupire, se si pensa a quanto il digital divide colpisca il continente, dove un’ampia porzione della popolazione, soprattutto nelle aree rurali, non ha accesso alla rete (Global Information Technology Report, 2016). Tuttavia, fermo restando tale dato, cresce la spinta verso la produzione di idee e startup innovative. Non a caso, nel 2017 sono stati proprio due imprenditori africani, in Rwanda ed in Nigeria, ad aggiudicarsi il premio “ICT for Social Good” promosso dal network Ong 2.0 per la miglior impresa sociale che utilizza le nuove tecnologie ICT (Information and Communication Technologies): ben 233 proposte erano state inviate da 57 paesi del mondo, di cui il 67% dall’Africa. 

In base a quanto emerge dalla mappa delle utenze internet nel mondo realizzata da due ricercatori britannici dell’Oxford Internet Institute, 3,2 miliardi di persone hanno accesso a Internet (meno della metà della popolazione mondiale): l’Asia contribuisce con 1,24 miliardi di utenti (il 46% del totale); gli Usa e l’America Latina sono più o meno allo stesso livello (297 milioni e 287 milioni di utenti); l’Africa conta 1 miliardo di abitanti, eppure sono solo 200 milioni coloro che possono accedere alla rete. È un dato in crescita, ma il continente resta diviso al suo interno: Sudafrica, Kenya, Nigeria, Egitto e Marocco sono “leader” mentre la fascia Subsahariana non riesce a toccare il 10%.

All’interno di questa seppur critica cornice, processi di innovazione digitale sono in corso, in modo dinamico, in molti paesi del continente. Già nel 2011, il rapporto Africa mobile observatory ha definito quello africano come il secondo mercato al mondo per la telefonia mobile e, sul piano delle nuove imprese, la Nigeria nel 2015 ha eguagliato la Germania per numero di nuove attività nate (GEM - Global Entrepreneurship Monitor). Come conferma il web-reportage Connecting Africa realizzato nel 2016 con il supporto dello European Journalism Centre: “Esiste un reale movimento Panafricano di centri tecnologici che sta incoraggiando il community building e lo sviluppo di giovani innovatori. Ci sono oggi circa 100 laboratori tecnologici in 28 paesi in Africa. Un trend in espansione, alla velocità di un nuovo hub ogni due settimane.

Sempre più giovani africani stanno sviluppando applicazioni focalizzate sui bisogni locali. Interessante è l’esperienza di Yeesal Agrihub, nato dalla volontà di giovani appassionati ed esperti di agricoltura con il fine di creare uno spazio di scambio, condivisione e accompagnamento all’implementazione di progetti d’impresa che si avvalgono delle tecnologie ICT per far fronte a problemi quotidiani vissuti dagli agricoltori. Adalbert Diouf, coordinatore di questo primo Agri Tech Hub del Senegal, spiega: «L’agricoltura è un pilastro importante dell’economia senegalese e impiega quasi il 60% della popolazione. Tuttavia, resta in gran parte tradizionale ed i giovani fino a poco tempo fa la vedevano come un’attività povera e non redditizia». “Yeesal” è un termine wolof che significa “rinnovare”. Yeesal Agri Hub, in quanto polo d’innovazione in agricoltura, sta mostrando le potenzialità che esistono nel settore, sta formando i giovani a costruire un progetto d’impresa e di vita declinato secondo i principi dell’agroecologia e di un business rispettoso dell’ambiente, e sta fornendo concrete alternative alla disoccupazione e alle migrazioni economiche. Tra i partner che hanno voluto scommettere su questo progetto si contano, tra gli altri, la FAO, la GIZ – cooperazione tedesca e l’ong italiana LVIA.

Qualche empio di come le ICT risolvono problemi vissuti quotidianamente dagli agricoltori in Africa?

Nella recente Settimana dell’Imprenditoria Agricola che l’equipe di Yeesal Agrihub ha organizzato nella città di Thiès in Senegal nel mese di novembre, tra i formatori c’era Aboubacar Sidy Sonko, fondatore di Mlouma, una piattaforma made-in-Senegal di commercializzazione dei prodotti agricoli. Il giovane imprenditore è partito dalla constatazione di quanto i produttori in Senegal siano penalizzati dalla mancanza d’informazione sul prezzo corrente di mercato delle derrate agricole. La piattaforma, dando indicazioni sicure e in tempo reale su tali prezzi, permette agli agricoltori di aumentare il potere di negoziazione con gli intermediari che acquistano i loro prodotti e quindi di guadagnare di più, il giusto, dal proprio lavoro. La piattaforma, dapprima solo disponibile sul web, è oggi consultabile anche off-line con tecnologia USSD supportata da quasi tutti i telefoni cellulari, in modo da permettere anche ai produttori che non hanno connessione ad internet e smartphone, di accedere a queste informazioni.

Tra le altre soluzioni tecnologiche realizzate da imprenditori ed imprenditrici senegalesi si possono citare anche Daral Technologie, una piattaforma che con un sistema di allerta tramite SMS sul telefono cellulare informa gli allevatori sulla presenza di malattie animali, aiutandoli a prevenire la proliferazione di epidemie tra il proprio bestiame, e Sooretul, una piattaforma di e-commerce di prodotti agricoli che permette di accedere ai principali network di vendita, spesso non raggiungibili dai piccoli produttori. Altre storie e tecnologie sono documentate su Agritools.org un progetto di ricerca giornalistica che indaga come le tecnologie ICT stanno trasformando le pratiche di agricoltura, pesca e allevamento in Africa. 

Lia Curcio

Sono da sempre interessata alle questioni globali, amo viaggiare e conoscere culture diverse, mi appassionano le persone e le loro storie di vita in Italia e nel mondo. Parallelamente, mi occupo di progettazione in ambito educativo, interculturale e di sviluppo umano. Credo che i media abbiano una grande responsabilità culturale nel fare informazione e per questo ho scelto Unimondo: mi piacerebbe instillare curiosità, intuizioni e domande oltre il racconto, spesso stereotipato, del mondo di oggi.

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