È il procuratore generale, Daniela Meliota, a chiedere nella sua requisitoria di confermare le condanne a 4 anni e 10 mesi Emilio Fede e a 3 anni Nicole Minetti, nel nuovo appello nato dall'inchiesta Ruby bis.

Insomma, le stesse pene inflitte nel precedente processo di secondo grado, che poi è stato annullato dalla Cassazione nel novembre del 2014, per un "vuoto motivazionale", che oggi l'accusa sarà chiamata a colmare.

I giudici di Cassazione, infatti, annullarono la sentenza, sostenendo che la Corte non avesse spiegato "in concreto" le condotte dei due imputati, nonostante "la meticolosità con la quale si è soffermata sui concetti generali in tema di prostituzione, induzione e favoreggiamento".

L'ex direttore del Tg4, nel suo iter giudiziario, era stato assolto in primo grado dall'accusa di induzione alla prostituzione di Ruby (all'epoca dei fatti minorenne), mentre in appello era caduta quella riguardante le ragazze maggiorenni.

Quegli episodi sono stati riqualificati in tentativo di induzione alla prostituzione, così come quello relativo alla giovane marocchina. Da qui la riduzione della pena a 4 anni e 10 mesi.

Come ricostruisce il pg di Milano Meliota, Fede offriva alle olgettine "la promessa di avere un posto di lavoro" per dare "sempre merce nuova ai servigi sessuali di Berlusconi".

Chi è chiamata a rispondere di favoreggiamento della prostituzione delle maggiorenni è Nicole Minetti, considerata la referente degli appartamenti di via Olgettina, in cui vivevano le ragazze.

"Perche la Minetti fa tutto questo? Per carità cristiana, per amicizia? - si chiede il pg in aula -. Perché c'è speculazione, lei trae un vantaggio direttamente da Berlusconi. È Berlusconi che l'ha fatta consigliere regionale". Secondo la Meliota, inoltre, le spese pagate per la casa sono "un'ulteriore corrispettivo rispetto alle serate di Arcore", che garantiscono "dai 2mila ai 10mila euro se si restava a dormire".

(Unioneonline/DC)
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