Che Salvini domini le pagine dei giornali italiani non è certo una novità, e tra sostenitori e detrattori si può dire che la stampa nostrana l'abbia incoronato da tempo come il vero protagonista del Governo giallo-verde.

Ma ormai il suo attivismo ha superato i confini, guadagnandosi prime pagine e ritratti di illustri penne internazionali, tra cui, ultima in ordine di tempo, quella di James Reynolds della britannica Bbc, provocatorio già dal titolo del suo articolo: "Può l'Italia fidarsi di Matteo Salvini?"

C'è il profilo del politico e dell'uomo, ricostruito interpellando colleghi di partito degli esordi e perfino la prima moglie Fabrizia Ieluzzi, con tanto di stoccata velenosa sul giorno delle loro nozze, fino all'exploit come capo di una Lega arrivata al suo momento più buio, tra scandali, vertici azzerati e quel 4% che sembrava indicarne la fine.

Sembrava, appunto, perché di lì a poco la strategia salviniana l'avrebbe riportata ai fasti degli inizi, grazie a slogan anti europeisti e anti immigrazione, forte dell'esperienza diretta da parlamentare a Bruxelles e dell'escalation degli sbarchi degli ultimi cinque anni.

Fin qui l'articolo della Bbc non aggiunge nulla di nuovo a quello che già sappiamo e che quotidianamente possiamo leggere sulla nostra stampa, ma l'analisi si fa più interessante quando cerca di spiegare le ragioni di un successo e di un consenso, quello di Salvini, davvero senza precedenti. "Un mix di doti politiche e personali, la capacità di lanciare messaggi forti, provocatori ed estremi - scrive Reynolds - e poi la furbizia di smentirli appena se ne presenta il bisogno". E insieme l'intelligenza di guardare agli avversari politici, e soprattutto all'alleato Silvio Berlusconi, battendolo sul suo stesso terreno: se Forza Italia è il partito dell'uomo solo al comando che parla al cuore della gente, la Lega può fare altrettanto, ma con un leader molto più "popolare", perché ritratto perfetto dell'italiano medio, quello della porta accanto. Ancor di più se lo si confronta con gli altri leader politici, un "Beppe Grillo troppo colorato per sembrare normale", un Renzi "troppo globalista" e un Gentiloni "troppo aristocratico".

Poi sono arrivate le elezioni del 4 marzo e la turbolenta formazione del Governo giallo-verde, e per Salvini l'incarico cruciale di ministro degli Interni, senza mai interrompere la strategia degli slogan populisti sull'immigrazione, la sicurezza degli italiani e la lotta ai diktat di Bruxelles, a suon di post, interviste e comizi, sempre in mezzo alla gente, come l'uomo della porta accanto.

La vittoria del populismo, che tocca le corde più scoperte degli italiani - insicurezza e sfiducia - ma che rischia di legittimarne gli impulsi peggiori, sdoganando posizioni che solo fino a qualche anno fa sarebbero state impensabili e troppo scorrette, in tema di migranti, integrazione, difesa personale, per citarne solo alcuni.

"Per ora, questo è il paese di Matteo Salvini - conclude Reynolds - ma l'Italia ha l'abitudine di rifiutare coloro che un tempo aveva adottato come salvatori".

(Unioneonline/b.m.)

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