Non ha valore la "deliberazione di insindacabilità" adottata dal Senato sul caso degli insulti rivolti da Roberto Calderoli all'allora ministro dell'Integrazione Cécile Kyenge.

Durante un comizio, nel 2013, il senatore leghista le aveva attribuito le "sembianze di un orango" e le aveva detto che poteva fare il ministro ma in Congo.

Palazzo Madama aveva "salvato" il leghista da un processo per diffamazione. Ma la Corte Costituzionale ha annullato la delibera e accolto il ricorso del Tribunale di Bergamo che aveva sollevato il conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato.

LA SENTENZA - "Non spettava al Senato della Repubblica - si legge nella sentenza depositata dalla Consulta - affermare che il fatto per il quale pende il procedimento penale a carico del senatore Roberto Calderoli davanti al Tribunale ordinario di Bergamo, concerne opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione".

"Le opinioni espresse dal senatore Calderoli non hanno alcun nesso funzionale con l'esercizio dell'attività parlamentare - osservano gli ermellini -. Per il loro tenore testuale, non risultano riconducibili a opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari. La prerogativa parlamentare (...) non può essere estesa sino a ricomprendere gli insulti - di cui è comunque discutibile la qualificazione come opinioni - solo perché collegati con le 'battaglie' condotte da esponenti parlamentari".

"Quando le Camere sono chiamate a deliberare sull'insindacabilità (...) di opinioni espresse da loro componenti, esse debbono compiere una valutazione sulla riconducibilità di dette opinioni alle funzioni parlamentari".

"È di esclusiva spettanza del giudice, invece, valutare se le dichiarazioni ascritte al parlamentare diano luogo a una qualche forma di responsabilità giuridica - conclude la sentenza -. È soltanto l'autorità giudiziaria, nell'ambito di una attribuzione costituzionale esclusiva, che può qualificare giuridicamente l'opinione espressa, ricollegando al fatto storico gli effetti giuridici previsti dalla legge".

(Unioneonline/D)

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