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CRONACA | 28 febbraio 2018, 16:07

A processo accusato di stupro e maltrattamenti in famiglia

Il Palazzo di Giustizia di Aosta

Il Palazzo di Giustizia di Aosta

Costretta dal marito ad avere rapporti sessuali in gravidanza, contro il parere del medico e ricattata dall'uomo che "non avrebbe più speso soldi" per il cibo.

E' quanto è emerso oggi nell'aula del tribunale di Aosta dalla deposizione choc della moglie di un cittadino marocchino di 33 anni, recluso in carcere a Brissogne, imputato di violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia.

"Diceva che il Corano obbliga la donna ad ascoltare sempre il marito", ha riferito la donna di fronte ai giudici.

I fatti risalgono al 2017, in un comune limitrofo ad Aosta. I rapporti "non consenzienti" in quel periodo sono stati "una decina in tutto. Diceva che se avessi voluto dormire a letto, allora avrei dovuto avere rapporti. Per cui a volte mi mettevo a riposare sul divano, e alla fine del Ramadan ho chiesto ospitalità alla mia vicina". Nonostante i richiami all'Islam, "mio marito non è praticante, prega una volta l'anno quando c'è il Ramadan", ha sottolineato la donna. L'altro filone delle indagini riguarda presunti maltrattamenti ai danni del figlio "irrequieto". "Lo picchiava con la cinghia, con il bastone, anche davanti ai vicini, diceva che in Marocco, in moschea, si fa così", ha detto la donna. "Lui con gli assegni familiari guadagnava 1.700 euro al mese ma portava spesso multe a casa. Mi dava i soldi per pagare bollette e qualcosa per la spesa. Spesso dovevo aggiungerne io, il poco che guadagnavo facendo pulizie per qualche ora. Prima lavoravo al ristorante, ma lui non voleva che fossi a contatto con gli uomini".

La lite che ha dato il via alle indagini della polizia - coordinate dal pm Luca Ceccanti - risale all'agosto 2017, quando arrivò un'assistente sociale. "Lui si arrabbiò, disse che non avrei dovuto farla salire perché non aveva un mandato". In aula, come testimone dell'accusa, è stata sentita anche una vicina di casa: quando ci fu quella lite "ero talmente spaventata che fece il numero di telefono la bambina, e io parlai con la polizia", ha ricordato. "Abitavo sotto di loro, spesso litigavano in arabo. Lei a volte dormiva sul divano, mi disse anche che il marito l'aveva spinta fino a farla cadere dal letto". Riguardo ai maltrattamenti al figlio, ha spiegato: "Lui lo trattava malissimo, una volta gli diede il bastone della scopa sulle spalle, ho assistito io stessa. Gli dissi: 'Te lo faccio portare via, non farlo mai più'. Lui rispose: 'Vai dove vuoi, delle leggi italiane me ne frego'. A volte poi il bambino, di nascosto, mi chiedeva da mangiare".

L'imputato ha reso spontanee dichiarazioni: "Lavoravo 16 ore al giorno, non potevo maltrattarla. L'unico problema con mia moglie erano i soldi. Ma io le davo 500 euro per la spesa e 250 per comprarsi le sue cose". Il tribunale collegiale di Aosta (presidente Eugenio Gramola, giudici a latere Marco Tornatore e Maurizio D'Abrusco) ha rinviato l'udienza ad aprile, per ascoltare i testimoni della difesa, la discussione e pronunciare la sentenza.

i.d. - ansa-rava

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