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FEDE E RELIGIONI | 02 marzo 2019, 09:30

Pietra miliare nel cammino della pace

Pietra miliare nel cammino della pace

Il prevalere dell’ideologia fondamentalista e «della violenza del Daesh sembravano aver messo una pietra sopra la possibilità di quella convivenza millenaria nel Medio oriente tra cristiani e musulmani»; ma «il lavoro nascosto dell’incontro, del dialogo e del reciproco apprezzamento ha condotto alla firma del documento sulla fratellanza ad Abu Dhabi», sottoscritto da Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar il 3 febbraio scorso.

Lo ha ricordato il cardinale Leonardo Sandri parlando mercoledì 27 al clero e ai religiosi dell’eparchia di Sohag, terza tappa del viaggio del porporato in Egitto, che prosegue fino al 3 marzo. Il prefetto della Congregazione per le Chiese orientali ha espresso compiacimento per i riferimenti ad alcuni temi significativi contenuti nel documento: tra questi, il concetto di cittadinanza piena, «superando quindi da un lato l’idea di minoranza e dall’altro quello di dhimmitudine», ma anche il diritto della donna all’istruzione, al lavoro e all’esercizio dei propri diritti politici, la protezione dei luoghi di culto, la libertà come diritto di ogni persona. Da qui, l’invito a continuare a vivere il quotidiano, «superando lamento e rassegnazione, e offrendo ai nostri fedeli e alla società tutta la nostra collaborazione», perché si possa maturare «nel tempo necessario, ma non senza uno slancio di coraggio di tutte le parti coinvolte, quanto ci si è impegnati a custodire come orizzonte della convivenza umana nel documento di Abu Dhabi».

Il cardinale ha fatto cenno alla dichiarazione sulla fratellanza anche durante la cerimonia della posa della prima pietra della cattedrale di Luxor, avvenuta nella stessa giornata. La firma del testo da parte di Papa Francesco e del Grande Imam, ha evidenziato il porporato, è «davvero una “pietra miliare” che segna il cammino: si enumerano le fatiche, le reciproche incomprensioni lungo i secoli, le violenze perpetrate profanando il santo nome di Dio», ma si decide di «intraprendere una strada diversa, di sognare un orizzonte diverso che doni pace e riconciliazione al mondo intero, a iniziare dai più poveri e sofferenti».

Il prefetto ha quindi riconosciuto gli sforzi già intrapresi in Egitto «per mettere al bando ogni forma di violenza e fondamentalismo religioso», nonché per la «protezione dell’esercizio della libertà di culto». A questo proposito, ha ricordato l’inaugurazione della grande cattedrale copta della Natività e della grande moschea avvenute lo scorso 7 gennaio. Nella stessa mattinata, il cardinale ha incontrato il personale dell’Ufficio per lo sviluppo umano integrale dell’eparchia.

Le attività coinvolgono ventitré villaggi e raggiungono diverse categorie di persone: in primo luogo, i bambini, con quindici asili frequentati da circa tremila piccoli studenti, dando lavoro a circa cento insegnanti; ma anche le giovani, per le quali sono state realizzate due residenze universitarie con rette calmierate, in modo da consentire la prosecuzione degli studi dove non sia possibile il trasferimento quotidiano dal villaggio all’università. La diocesi gestisce le due case con un totale di più di cento ospiti, con la presenza di animazione da parte di alcune religiose.

Vi è anche un’attenzione al mondo della povertà, attraverso il sostegno di progetti di microcredito familiare e gli aiuti alimentari per le famiglie più bisognose. L’eparchia si occupa inoltre di mediare i conflitti all’interno dei villaggi tra le diverse componenti sociali e religiose, con le attività della Scuola della pace in collaborazione con il Catholic relief service degli Stati Uniti d’America. Vi sono anche quattro dispensari che assistono circa centomila persone l’anno.

Il cardinale, dopo aver espresso la propria gratitudine per l’impegno che viene profuso, ha sottolineato come in questo modo il cuore pulsante dell’eparchia risulti essere la carità, che apre al servizio di tutti, indistintamente, avendo però l’attenzione che tali azioni non si riducano a interventi gestiti in modo asettico e burocratico.

Le domande del porporato hanno poi consentito di rivelare alcune informazioni molto particolari: tra gli enti che supportano le attività caritative dell’eparchia ci sono anche almeno due istituzioni musulmane. Il tutto è nato perché una di esse, impegnata tuttora nella prevenzione dell’abbandono scolastico dei ragazzi, era solita, due volte all’anno, chiedere un aiuto per fare qualche piccolo pensiero ai loro assistiti cristiani. Il vescovo, ascoltata la loro richiesta, ebbe a dire: «Vi aiuteremo non solo per il Natale e la Pasqua, ma anche per le feste musulmane del Ramadan e del Sacrificio». E così è nata un’amicizia e una collaborazione che continuano. In un altro caso, un’associazione che per certi versi potrebbe essere associata a una visione più fondamentalista dell’islam, dopo aver visto come i cristiani aiutino davvero tutti senza distinzione, ha deciso di aiutare l’eparchia.

L’intervento per la prevenzione sui minori è limitato a due modalità: da un lato la prevenzione dell’abbandono scolastico che pone i minori in una condizione di maggiore vulnerabilità e dispersione; dall’altro un’azione a livello delle famiglie, che portano avanti una forma educativa un po’ dura. Nella giornata di giovedì 28, il prefetto della Congregazione per le Chiese orientali ha poi visitato il villaggio di Hagaza, a circa mezz’ora di auto da Luxor.

Si tratta di un contesto rurale molto semplice, con una presenza cristiana di quasi duemila persone, dove nel 1993 era stata iniziata la costruzione di una chiesa, subito fermata per ricorsi burocratici e giuridici. Nel corso di questi anni i tribunali hanno sempre riconosciuto il diritto dell’eparchia e dei suoi fedeli, che per questo sperano in un rapido sblocco della situazione.

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