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Valceresio, quale futuro? Una nuova umanità senza confini

tilo treni
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27 Novembre 2017

Egr. Direttore,

lo scorso venerdì 17 novembre Varesenews ha festeggiato con un convegno i suoi 20 anni di attività. Al centro di questo incontro la prossima l’apertura della Arcisate-Stabio, ma con un tema molto ambizioso: “Quali futuri immaginiamo per le nostre città e i nostri comuni?” All’inizio c’è stata una sorta di esaltazione dello sviluppo delle nuove tecnologie, che certamente stanno cambiando il mondo, ma che da sole non ci possono garantire un futuro di benessere. Il nostro futuro non può essere affidato solo a logiche mercantili, senza avere una visione politica e sociale delle comunità nelle quale viviamo. L’assenza dei partiti solo rappresentati dagli amministratori ne è forse la riprova.

L’apertura della Varese – Mendrisio segna ovviamente la fine di un’epoca storica. Questa ferrovia, nata alla fine dell’800 anche per portare il treno ai confini dell’Italia, per il trasporto dei mezzi militari per garantire la difesa delle patrie frontiere, è una visione certamente superata. Tutte le comunità reclamano una maggiore mobilità sinonimo di una maggiore libertà di movimento in un mondo ormai globalizzato. Quindi anche nel nostro piccolo, nella nostra piccola Valceresio, con l’apertura di questo piccolo tratto ferroviario, noi sperimentiamo il nostro futuro, la fine dei confini nazionali costruiti dall’uomo per arrivare, io credo, alla fine di questo secolo, al governo unitario dell’intero pianeta Terra, di cui l’Europa è solo una tappa intermedia.

A riprova che queste mie parole non sono solo utopia, lo dimostrano tutti coloro che dall’America all’Europa, hanno compreso il momento storico che stiamo vivendo, tentando di frenare il cambiamento che è in atto con la paura. Se oggi Carlo Marx scrivesse un nuovo manifesto, potrebbe iniziarlo con queste parole: “Uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro delle comunità del mondo intero.” Se siamo consapevoli di ciò, diventa evidente quanto è inadeguata la risposta politica che un po’ tutti i partiti danno al processo dei cambiamenti in atto. Esaltiamo la necessità di programmare i flussi di trasporto all’interno della nostre comunità, ma ci scandalizziamo se questa esigenza di flussi e di mobilità è rivendicata dai poveri, dagli immigrati che bussano alle porte del nostro Sud, rischiando addirittura la vita. A loro non riconosciamo il diritto alla mobilità, perché sono poveri. Quanta ipocrisia!

Per tornare al tema della Varese Mendrisio, qualcuno ha evidenziato che la linea ferroviaria, aprirà con sette giorni di anticipo (poi appena una settimana dopo l’annuncio che tutto slitterà al 7 gennaio, brutto segno) dimenticandosi però di dire che arriva con tre anni di ritardo e con costi raddoppiati o triplicati, dati che vengono debitamente occultati per non disturbare la festa di questo evento: l’apertura di una linea ferroviaria nuova, ma che nasce vecchia, quindi insicura, con l’ultimo tratto da Induno a Varese a binario unico.

Chi scrive, non solo è stato l’animatore del Comitato utenti per la difesa della ferrovia negli anni’80 (pur non prendendo mai il treno) ma credo, con un pizzico di orgoglio,  di essere stato forse uno dei primi ad aver prospettato alla fine del 1988, per la precisione il 16/12/1988, all’interno di una pubblica assemblea organizzata dal Pci ad Arcisate, la realizzazione del tratto Varese Mendrisio: “Quello che ci sentiamo di proporre è un collegamento con la vicina Svizzera e quindi in definitiva con Lugano, attraverso la valle del Mendrisiotto; questo prima di tutto perchéil tratto di collegamento è molto più breve e sia perché si andrebbe a servire del treno un territorio (Viggiù, Saltrio e Clivio) ad alta densità di abitanti i cui lavoratori sono in maggioranza frontalieri e che quindi gravitano su quella zona. In definitiva si andrebbe a servire una zona che oggi è servita male o in maniera parziale dai mezzi pubblici, realizzando un vero servizio sociale. Se a questo si aggiungono i vantaggi turistici e commerciali del collegamento di Lugano con Varese e viceversa, crediamo che ci si siano ragioni sufficienti, se non per la sua immediata realizzazione, quanto meno crediamo valga la pena per uno studio di fattibilità. Per noi queste ipotesi di integrazione dei mezzi di trasporto tra due Stati divisi da anacronistici confini, significa costruire con i fatti, non solo a parole, l’Europa”.

Per quanto riguarda il futuro delle nostre comunità, l’auspicio è proprio quello di lavorare per il superamento di tutti i confini nazionali e quindi per una società accogliente e solidale, capace di integrare coloro che arrivano da lontano e non solo di servire coloro che dalla Svizzera vogliono andare in America attraverso Malpensa e per evitare che a Como un padre sentendosi solo, abbandonato da tutti, abbandonato anche da Dio, decida di morire con le sue quattro bambine. Una tragedia che, se non la sentiamo nostra, rischia di ripetersi. Non so se da questo convegno sia uscita questa prospettiva per il nostro futuro.

Per quanto riguarda il futuro di questo tratto ferroviario, metterei da parte la visione di quel cittadino di Cantello, che dalla nuova stazione di Gaggiolo vola a Parigi in due ore, ma punterei a garantire viaggi dignitosi a tutti quei poveri pendolari che alla mattina vanno a lavorare a Milano e domani anche a Lugano, viaggi che dalle cronache quotidiane sono descritti come veri e propri calvari. Ma in questo incontro c’era un grande assente, le Ferrovie dello Stato, coloro che  dovranno poi garantire un trasporto efficiente integrato con il trasporto pubblico su gomma, evitando tutti quei doppioni che da sempre hanno caratterizzato il trasporto pubblico in Valceresio, lobbismo permettendo. Un piano integrato dei trasporti che per adesso non c’è. Per rivendicare il diritto di vivere in un territorio libero dall’inquinamento atmosferico come quello progettato dai nostri antenati all’inizio del secolo scorso, con tutti i tram che collegavano i nostri paesi. Forse il futuro si può ripensare guardando al passato. In caso contrario sarà da ricostruire subito un nuovo Comitato degli utenti, per rivendicare trasporti efficienti e dignitosi e non da carro bestiame come avviene oggi.

Emilio Vanoni – Induno Olona

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