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«Dal marmo pochi benefici per la città»

Andrea Figaia (Cisl) interviene con un'analisi e parla di arretramento sociale e culturale del territorio apuo-versiliese

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«L’incontro tenutosi in data 15 aprile 2019, presso la Sala di rappresentanza del comune di Carrara, nel quale è stata rappresentata una stesura finale del Rapporto di ricerca, ai fini della attuazione da parte del Comune dei Pabe (piani attuativi dei bacini estrattivi), previsti dalla legge legge regionale 35/2015, ha avuto il merito di creare un primo incontro, diretto e senza filtri, tra gli stakeholder del settore, che, a vario titolo interagiscono in questo variegato mondo produttivo, complesso, difficile, pericoloso e assai spesso conflittuale». Lo afferma Andrea Figaia, segretario provinciale della Cisl di Massa-Carrara, che parla di arretramento culturale e sociale del territorio e secondo cui il marmo non porterebbe benifici alla città.

«Appare condivisibile – afferma Figaia – l’analisi effettuata per quanto riguarda gli andamenti demografici, le dinamiche occupazionali e poi, in specie, il settore lapideo e la sua filiera possibile. Ci sembra assai interessante poter valutare come il consolidarsi della capacità estrattiva, da parte del mondo delle imprese, aiuti il tracciare una linea di arretramento demografico della città, specificatamente del suo centro, ma non solo, come se il potenziarsi della capacità economica complessiva del sistema, paradossalmente, impoverisse il contesto demografico, spingendo la gente altrove, in questo facilitata anche da scelte urbanistiche non sempre funzionali, fino al creare le condizioni di aggregare nuclei abitativi nelle piane verso mare, lasciando quello che fu il centro borghese rinascimentale e poi ottocentesco in parziale abbandono, rappresentandosi sempre più uno scenario da città mineraria, poco curata e circondata, a monte, da ampi bacini estrattivi sempre più invasivi e poco vivibili. Le dinamiche occupazionali, esaminate solo su base comunale, scontano una visione troppo ristretta del contesto provinciale, ma sono ugualmente assai interessanti».

«Si evidenzia – prosegue – una ‘monocultura’ del marmo, peraltro non poi così concretamente incidente, in termini occupazionali, come altri assetti associativi imprenditoriali vogliono invece affermare. Anche il turismo marino estivo non aiuta la statistica occupazionale. La presenza di lavoratrici e lavoratori ‘al nero’ è assai diffusa e presente al punto da rappresentare una sorta di cassa integrazione non ufficiale. Su base provinciale negli ultimi anni si registra un aumento occupazionale di circa 450 unita nel periodo metà maggio-metà settembre. Perlopiù part time a tempo determinato. E’ possibile accreditare la sola Carrara di almeno di un terzo di dette assunzioni. Ma solo i pubblici esercizi (bar alberghi bad and breakfast stabilimento balneari, bar di stabilimenti balneari, ristoranti vari) iscritti alla Cciaa provinciale sono circa 2200 (come detto su base provinciale). Imputando al comune di Carrara almeno un terzo di aziende, tra le esistenti, ed ipotizzando almeno una assunzione stagionale avremmo un aumento quasi quadruplo (e più…) di quanto invece avviene ufficialmente. Tutti sanno che uno stabilimento balneare impiega a vario titolo in estate dalle 7 persone alle 15 maestranze. Dalle verifiche in cassa edile confermiamo il calo delle presenze lavorative nel settore dell’edilizia. Ecco un caso di sistema bilaterale che integra le statistiche ufficiali ed aiuta nella valutazione di un fenomeno economico nel suo divenire nel corso degli anni».

«Nel 2009 era ancora presente negli uffici della Imm il distretto lapideo. Detto distretto, operante su mandato della Regione Toscana, non si è piu riunito formalmente, a seguito dell’acuirsi di differenze fondamentali di visione tra categorie (organizzazioni sindacali e imprese) e tra territori (Carrara Massa Versilia ). Specificatamente il ‘casus belli’ fu rappresentato dal marchio del marmo. Da parte sindacale si proponeva di legare il marchio oltre che, ovviamente all’estrazione, anche alla lavorazione in loco. In pratica il marchio si concedeva se il marmo avesse avuto una qualche lavorazione zonale. Gli imprenditori si opposero, interessati com’erano e come sono ad estrarre e spedire il marmo in Cina, India, Usa e mondo arabo. Il Distretto Lapideo poi non si è più riunito nonostante varie richieste sindacali alla Regione. La filiera del marmo sconta l’abbandono del territorio apuano e di Carrara, avvenuto anni fa, da parte dei produttori di granito. Da cave di ogni parte del mondo arrivavano a Carrara, tramite il porto, blocchi di materiale da lavorare. Con grave impatto ambientale nei fiumi ed in mare. Grazie anche alla produzione di macchinari per il marmo prodotti nel distretto, si è sviluppata molto la pratica economica di lavorarsi il proprio materiale vicino alla escavazione. Buona parte dei terreni della ex Zia – zona industriale apuana – sono occupati da depositi di marmo di varia natura ed origine, ai fini del commercio. Ai fini occupazionali questi depositi certamente non aiutano molto, salvo qualche raro addetto presente in ogni singolo piazzale. L’aumento della obsolescenza tecnologica dei macchinari da cava ed anche la necessità di sostituirli ai fine della sicurezza sul lavoro (in zona sono morte 9 persone dal 2015 al 2018 ) sono fattori che certamente non aiutano l’occupazione. E sarà sempre più così. Sarebbe interessante stabilire un coefficiente che leghi la quantità di marmo escavato con una presenza di operatori addetti, come dire, minima».

«Ecco, le quantità escavate. Ci sembra che questo sia un po’ il punto. Nel dibattito scaturito in questi anni, soprattutto sulla stampa, a causa della assoluta mancanza di confronto messa in atto dal Comune (non esiste alcun Tavolo) ma anche da parte delle associazioni di impresa, industriali in primis, il tema del contingentamento delle escavazioni, pur difficile da attuare, nella considerazione della complessa e diversificata natura dei bacini e delle differenti qualità di marmo presenti, sia comunque meritevole di approfondimento. Si tratta di un concetto degno di argomentazione all’interno di una riflessione di economia sostenibile. Ci aspettavamo da parte degli estensori del Rapporto una riflessione compiuta su questa tematica (vexata questio).
Il Rapporto comunque propone di arrivare, in crescendo, alle quantità massime previste dalla proposta di Piano regionale Cave (al momento in fase di adozione in consiglio regionale ) in presenza di criteri da soddisfare. I criteri devono e possono essere di natura ambientale, che soddisfino la sicurezza del lavoro, che rispettino condizioni minime , come detto, di valori occupazionali medi rapportati alla quantità escavata, l’incentivo alla creazione di Consorzi tra cave contigue ed omogenee sul materiale che aiuti nella vendita evitando inutili scempi ambientali, che permettano di sfruttare gli anfiteatri esistenti sul piano turistico, che garantiscano la apertura in centro città di outlet della singola cava o consorziate con operatrici ed esponendo sia materiale grezzo, che lavorato o frutto dell’ingegno o anche attività artigianale. Investire in Città, nel suo Centro semiabbandonato, dovrebbe essere considerato meritorio. Il Rapporto però prende atto della difficoltà di costruire in tempi brevi (e con gli stakeholder) una proposta ‘potabile’ per tutti. Si pone anche il problema della difficoltà che si possono creare in un mercato comunque esposto, a suo modo, alla competizione internazionale».

«Il combinato disposto degli ultimi due punti, assieme alle quantità escavabili nei comuni, previste nella bozza di Prc permettono agli imprenditori di godere di una ampia capacità estrattiva (in alcuni casi – vedi Massa – anche con aumenti previsti davvero molto importanti) senza un ritorno economico sul territorio che sia percepito tale e, nel comune di Carrara, legato almeno ad aumenti occupazionali o di vivibilità legati alla crescita della città, ed in specie del suo centro rinascimentale ed ottocentesco, in termini demografici, commerciali, espositivi e turistici».

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