L'Uomo

L’Uomo chronicled

Cinque esperti di fotografia hanno scelto per noi un’immagine che rappresenti l’Uomo contemporaneo

Cosa significa essere un uomo, “L’Uomo”, oggi? Nell’era Trump e del movimento #MeToo, la mascolinità è un concetto che va ridefinendosi, grazie anche al diffondersi di un nuovo senso di consapevolezza verso la rappresentazione di sé e la fluidità di genere. Oggi gli uomini hanno, come mai prima d’ora, molte più opzioni nei confronti dei modelli di riferimento, anche se molto deve essere ancora fatto per liberarsi da stereotipi di razza, mascolinità, identità. L’Uomo Vogue ha chiesto a cinque esperti di fotografia di scegliere un’immagine che rappresenti l’Uomo contemporaneo.

American Gods. Fotografia di John Edmonds. La scelta di Michael Famighetti.

Il fotografo John Edmonds ha prodotto un’incredibile mole di delicatissimi ritratti di amici, famiglia, di amanti. Laureatosi a Yale in Master of Fine Arts, Edmonds si è fatto un nome grazie ai suoi portraits, difficili ma mai aggressivi, che testimoniano le intersezioni tra arte, giustizia sociale e rappresentazione tecnicamente complessa. La serie che l’ha portato al successo, “Hoods”, realizzata subito dopo la morte di Travyon Martin, pone delle domande sia sulla politica razziale sia sullo stile, e su come i ragazzi neri vengono percepiti. Edmonds ha detto più volte che ciò che desidera riflettere con il suo lavoro è la realtà complessa degli Stati Uniti di oggi. La serie successiva, intitolata “Do-Rags”, ha inizio quando Edmonds si è trasferito nel quartiere di Crown Heights, a Brooklyn, e offre uno studio unico dei giovani che si coprono la testa con una retina di nylon legata dietro la nuca (uno stile molto comune nei quartieri abitati dai neri). Questi accessori sinuosi e luccicanti si indossano per tenere i capelli a posto, e sono sia maschili sia femminili. Nel lavoro attento di Edmonds un elemento del tutto casuale, segno di uno stile personale, si trasforma in un oggetto adatto a una cerimonia religiosa. Lo scrittore Hilton Als ha osservato che in queste foto «gli uomini neri sono mostrati da soli, come un totem, ma non trasmettono alcun senso di solitudine». L’opera di Edmonds è stata recentemente esposta in una mostra intitolata “Family Pictures”, a Columbus, Ohio, ispirata al libro di Roy DeCarava “The Sweet Flypaper of Life”, immortale ritratto di Harlem diventato un classico degli anni Cinquanta dell’editore Langston Hughes. L’esposizione riunisce un gruppo di artisti afro-americani che hanno contribuito a ridefinire l’immagine della loro comunità, da Carrie Mae Weems a LaToya Ruby Frazier e Lyle Ashton Harris, tutti fotografi che hanno influenzato il lavoro di Edmonds. Ed è qui che il fotografo ha presentato la sua serie più recente, che include un’immagine toccante, dalla luce drammatica, intitolata “American Gods, 2017”: tre uomini a torso nudo, con la retina stretta in testa, seduti a formare una piramide. La foto suggerisce una vicinanza, una sorta di albero genealogico, e allo stesso tempo sicurezza, forza, e totale vulnerabilità. Come ha detto Edmonds in una recente intervista, «la grande arte viene da un luogo di desiderio e necessità».

Green Hair. Photograph by Mayumi Hosokura. La scelta di Ihiro Hayami.

La domanda “Che cos’è un uomo oggi?” è molto più complicata di quanto possa sembrare. Il concetto di uomo non può essere spiegato a partire dal semplice dualismo dei sessi: ha più a che fare con qualcosa di “immaginato” nelle nostre menti. Al contrario di altri animali, noi esseri umani abbiamo bisogno dell’identità; siamo ossessionati dal conferire un significato a qualsiasi cosa. Questa tendenza deriva forse dalla plasticità del comportamento umano. Possiamo fare scelte consapevoli nella vita, ma senza alcune regole certe queste decisioni creano comunque il caos. Ed è qui che entra in gioco la cultura: è come un sistema che controlla il nostro comportamento. L’identità agisce come l’interfaccia che mette in connessione cultura e individui: funziona in questo caso come fosse un comando. Se percepiamo un’identità in modo chiaro ed evidente, il nostro comportamento si adatterà a questa percezione, inconsciamente. Nel corso degli anni, l’uomo si è comportato quasi sempre rispondendo a uno di questi comandi, ma oggi non più. Oggi esistono dubbi sui ruoli di genere. I social media hanno dato la possibilità a molte voci di farsi ascoltare, e hanno influenzato le giovani generazioni, i nativi di queste piattaforme. L’idea di uomo non è più il comando stabile che era una volta, e che ne determinava naturalmente il comportamento. Questo ha portato gli uomini a sentirsi in qualche modo vulnerabili, soprattutto nella società giapponese di oggi. È una battaglia costante che va in due direzioni diverse, una tendenza interna verso nuovi valori, e la struttura esterna della società, ancora legata al “vecchio comando”. La vera sfida si pone nel punto di intersezione tra vecchi e nuovi valori. Un esempio importante è il luogo di lavoro. La paternità e/o l’orario flessibile, per esempio, non sono considerati la norma in Giappone. L’acquisizione di questi diritti è difficile a causa della pressione esercitata dai capi e dai colleghi, il che dimostra il malfunzionamento del comando “uomo”, e la difficoltà dell’individuo a gestire queste situazioni. La mascolinità è un concetto in via di riconsiderazione, ma la transizione non sarà facile. Tuttavia sono molto a favore di questo processo. L’uomo sta per essere liberato dal vecchio comando, e il prezzo da pagare è l’ansia. Ciò è molto significativo, perché, liberato dal comando, l’uomo è ora in grado di esprimersi senza inibizioni nella comunicazione con gli altri. Il suo ruolo, quindi, è più importante che mai per dissolvere il vecchio ordine di genere, più conservatore, e per costruire una società e una cultura più emancipate, lontane dai ruoli di genere predeterminati.

The Cotton Bowl. Photograph by Hank Willis Thomas. La scelta di Azu Nwagbogu

La fotografia di Hank Willis Thomas “The Cotton Bowl”, parte della serie “Strange Fruit” (2011), rappresenta una sfida all’idea di razza, mascolinità e identità in America e come palcoscenico della sua ricerca l’autore utilizza il pubblico del football americano. Due uomini neri senza una precisa identità si guardano, accucciati uno di fronte all’altro, in una posa che ricorda l’inizio di un incontro di wrestling. Il raccoglitore di cotone non ha alcuna possibilità di vincere. La sua uniforme gli conferisce l’anonimato, ma nessuna protezione dalla fredda brutalità del capitalismo americano contemporaneo, che premia l’uomo moderno con salari altissimi ma gli nega l’individualità e la voce. L’anonimizzazione dell’individuo è voluta, in modo da poter ridurre un uomo a un corpo da poter scambiare, marchiare con un logo e vendere. Il paradosso raffigurato in questa immagine crea un ponte tra la proprietà degli schiavi di una volta e la performance richiesta oggi agli atleti. Ma perché è importante, dato che oggi la comprensione di una mascolinità post-razziale è così diffusa? Prima di tutto, nessuna persona di buon senso crede davvero di vivere in una società post-razziale, e poi qualsiasi ingiustizia, che sia rivolta verso un genere o verso una razza, è da aborrire e combattere. A prima vista l’immagine di Hank sembra benevola, soprattutto se paragonata alle ben note foto che raffigurano il mercato degli schiavi in Libia, o altre che documentano la crudeltà dell’uomo verso i suoi simili. Ma basta fare una veloce ricerca su Google e alla parola mascolinità salta fuori una pletora di immagini che ritraggono sportivi dal corpo atletico e in pose intimidatorie. Si capiscono molte cose. Le immagini trasmesse attraverso la cultura visiva contemporanea nelle arti, nei film, negli spettacoli televisivi, nelle riviste e così via formano la nostra percezione di ciò che la mascolinità dovrebbe essere, di ciò che la società si aspetta dai giovani maschi. Gli accadimenti recenti stanno però cambiando queste aspettative e questa percezione. Gli uomini hanno bisogno di eroi, ma di eroi diversi da questi. Atleti playboy, arroganti e con stipendi d’oro, il tipo alla James Bond, i Ceo prepotenti, i produttori amorali di grande successo, i direttori di giornali e dei media in generale che sfruttano le donne e promuovono stereotipi razzisti e l’avidità di artisti e curatori d’arte, tutti hanno svolto il loro lavoro, e in molti casi anche bene, ma non sono più all’altezza del compito. Abbiamo bisogno di una nuova ondata di uomini socialmente consapevoli. Non vogliamo tornare indietro, all’anonimato del raccoglitore di cotone che si guadagna da vivere sotto il sole, il capo coperto da un cappello, o all’atleta protetto dal casco e dai suoi enormi guadagni. Oggi gli uomini hanno bisogno di due attributi: uno fisico, l’altro morale. Essere identificabili attraverso la propria individualità e senso dello stile, per quanto riguarda l’attributo fisico. Il senso dello stile è essenziale. Il modo in cui ci si presenta racconta molto di noi, delle nostre intenzioni. La cura personale è l’unica pratica culturale condivisa al mondo, ed è una forma di cortesia verso coloro che ci frequentano. Per quanto riguarda l’aspetto morale, oggi gli uomini devono aspirare alla giustizia e all’uguaglianza in una prospettiva globale, non in una visione riduzionista, bensì tenendo in considerazione che i diritti di ciascun individuo, a prescindere dal genere, devono essere uguali ai nostri. È l’istinto che ci deve guidare verso una visione di parità dei diritti con ognuno degli altri esseri. C’è grande forza in un movimento che dà valore agli uomini che si battono per ogni ingiustizia di cui sono testimoni, e che sorveglia gli eccessi propri e degli altri. L’uomo nuovo è femminista, e crede che tutti dovrebbero esserlo.

After the Championship, Will Mesteth and Phil Malatare Hug One Another on the Court. Photograph by Devin Yalkin. La scelta di Paul Moakley.

Gli uomini oggi hanno a disposizione una moltitudine di modelli di mascolinità, molti di più del passato, e tuttavia la maggior parte di noi rimane legata a quello tradizionale, e tende a conformarsi alle norme sociali del luogo in cui è cresciuta. La fotografia di Devin Yalkin ci coglie di sorpresa, risvegliando i nostri sensi, perché ritrae il mondo come fosse un’allucinazione monocromatica. La sua foto di due giovani giocatori di basket che si abbracciano dopo la partita è un’immagine bellissima di fraternità, che sembra riflessa in uno specchio davanti al pubblico. Nell’inquadratura, due ragazzi sul punto di diventare uomini si abbracciano in un momento di emozione senza freni, amore, e supporto reciproco. Mi ha fatto tristemente ricordare che molti uomini sono a loro agio nell’esprimere questo tipo di emozioni solo nello sport, nell’esercito o ai funerali.

Rachel Shaves Jason Before the Marine Corps Ball on Oct. 31, 2015, in Sonoma, California. Photograph by Kirsten Leah Bitzer. La scelta di James Estrin.

Il momento più profondo della mia vita è stato quello in cui per la prima volta ho tenuto tra le braccia mio figlio. Quel momento ha cambiato il mio modo di essere. Mi ha fatto anche ripensare a cosa significhi essere un uomo, e quali siano le caratteristiche che definiscono un uomo buono. Jason Hallett, l’uomo in questa fotografia, era un marine dell’esercito degli Stati Uniti di stanza in Afghanistan quando un’esplosione gli ha causato l’amputazione di entrambe le gambe sopra il ginocchio e del braccio destro fin sopra il gomito; ha anche perso due dita della mano sinistra. In più, dei frammenti di shrapnel gli si sono conficcati nei testicoli. In un istante è passato dall’essere un uomo forte, con un corpo perfettamente funzionante, ad aver bisogno dell’aiuto degli altri per le funzioni corporali più semplici. E ha dovuto imparare ad andare avanti senza l’utilizzo di tre dei suoi quattro arti. Dopo moltissime operazioni e diversi anni di convalescenza e terapie molto dolorose, ha sposato la sua fidanzatina del liceo, Rachel. Come me e mia moglie vent’anni fa, avevano deciso di avere figli. Ma a causa di una serie di problemi, alcuni legati alle ferite riportate da Jason, hanno dovuto ricorrere alla fecondazione in vitro. Ed è in quel momento che la fotografa Kirsten Leah Bitzer ha iniziato il suo lavoro di documentazione del viaggio di questa coppia verso la genitorialità. In questa foto in particolare – Rachel che aiuta Jason a farsi la barba– quello che più mi ha colpito è la tenerezza di lei, la vulnerabilità di lui,e l’amore tra loro, che traspare con grande evidenza. Sono riusciti ad avere due gemelli e anche se Jason non ha potuto tenerli in braccio, come ho fatto io con i miei figli, il suo amore per loro, ne sono certo, è infinito, esattamente come il mio. Ho scelto questa immagine perché mi fa pensare a ciò che significa essere un uomo buono. Significa avere forza fisica, durezza di carattere, la capacità di assumersi responsabilità? Oppure vuol dire saper amare, essere vulnerabile, aprirsi all’intimità? Oggi dico a mio figlio, il secondo, che ci vuole coraggio ad amare, a ricercare l’intimità, a essere vulnerabili. Certo è rischioso, ma essere un uomo non vuol dire scegliere la strada più facile.