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Richard Mason incontra Gisele Bündchen

Gisele in Costa Rica, 2005, foto courtesy Nino Muñoz.
Richard Mason incontra Gisele Bündchen

*Lui è uno scrittore sudafricano che si batte per la giustizia sociale nel suo Paese, lei la modella che più si spende in difesa dell’ambiente. Questo è il racconto del loro primo incontro. *

L’ultima volta che ho visto Gisele stava su un mucchio di rifiuti, lo sguardo rivolto verso un arido terreno africano ricoperto di sacchetti di plastica e d’immondizia. Era la pubblicità di uno shampoo, cui lei prestava i suoi occhi azzurri che tutto vedono e quei favolosi capelli. Il mio amico Sibu, quando si è chinato a raccogliere la scatola con la sua immagine, l’ha tenuta in mano per un po’. «Wow», ha esclamato. Perfino in quella giornata rovente era difficile non restarne ammaliati.

Abitavo in una tenda nella provincia del Capo orientale, in Sudafrica, dove stavo scrivendo “Il respiro della notte”. Contemporaneamente lavoravo per la riforestazione di un versante montuoso devastato e per fondare una scuola di agricoltura sostenibile. Ero quindi lontano un mondo intero dall’Occidente benestante, in cui si produce gran parte dei rifiuti che raccoglievamo quel giorno. Non pensavo che avrei incontrato quella bellezza radiosa sulla confezione di uno shampoo, e forse le nostre strade non si sarebbero mai incrociate se Vogue Italia non ci avesse combinato un amichevole blind date. Avremmo dovuto vederci a Boston, a casa di Gisele, dove sono state scattate le foto per Vogue Italia. Però sia io che lei abbiamo a cuore la salute del pianeta. Sembrava insensato produrre quasi due tonnellate di CO2 – limite annuale per ciascuno di noi, volendo evitare un catastrofico cambiamento climatico – per prendere un aereo e vederci di persona, così ci siamo accordati per una conversazione video. Apro l’iPad, squilla la solita suoneria e all’improvviso eccola lì, la donna che ho visto su miriadi di cartelloni, incarnata in alta definizione.

I giorni precedenti il nostro appuntamento resisto alla tentazione di cercarla su Google. Preferisco capire chi è attraverso la mia diretta esperienza. Non sono preparato, dunque, all’onda di energia che sprigiona. Gisele si esprime al meglio, è appassionata e non guarda la sua immagine sullo schermo. Fissa la telecamera. Irradia un inebriante mix di sincerità, determinazione e ottimismo che non lascia dubbi sul perché sia proprio lei la supermodella più influente del mondo: una donna che non soltanto dona prestigio al brand a cui decide di prestare la propria immagine; ne aumenta il valore azionario. In fondo le belle donne sono tante. Ma una sola è Gisele.

Passiamo subito ad affrontare le grandi questioni della vita. A partire dalla meditazione, che pratica sin da quando era poco più che ventenne. «Studio tutte le diverse forme di religione, buddhismo, taoismo, la Cabala. Cerco da sempre delle risposte alle domande: chi sono? Perché sono qui?». Le chiedo se, arrivata a 37 anni, ha cominciato a formarsi qualche idea di cui vuole parlarci. «Credo che siamo degli esseri spirituali che compiono un’esperienza umana. E credo che, per noi, la Terra sia una bellissima scuola». Ma, come me, è preoccupata per questo nostro pianeta e il modo in cui lo trattiamo. «Qualsiasi essere vivente che perda un terzo della propria pelle, anche se ricoverato immediatamente in terapia intensiva, sviluppa la febbre alta e rischia di morire. La Terra ha perso più di un terzo della sua pelle, ovvero gli alberi e tutta la biodiversità che li circonda, e invece di impegnarci al massimo per sostenerla e rimetterla in sesto, continuiamo a saccheggiarla».

Sono d’accordo. A volte mi sento paralizzato di fronte al folle abbandono con cui la nostra civiltà consuma le limitate risorse del pianeta. Ma Gisele mi dà coraggio. «Sono ottimista e credo che possiamo cambiare». Come? «Consumando in modo consapevole. Com’è fatta questa cosa? Da dove viene? I prodotti che compriamo quale impatto hanno sulla nostra salute e sulla Terra?». È convinta che possiamo essere noi il cambiamento di cui ha bisogno il pianeta. «Mangiate frutta e verdura di stagione e compratela dai produttori locali di biologico. Non fate viaggiare inutilmente il vostro cibo. Procuratevi un filtro per l’acqua, riducete lo spreco alimentare: comprate soltanto quello di cui avete bisogno e non buttate gli avanzi. Trascorrete più tempo immersi nella natura perché, ristabilendo un contatto, capirete l’importanza vitale del conservarla per la vostra esistenza». Se ci impegniamo tutti, i miracoli diventano possibili. «Sento molto forte, come te del resto, la spinta a migliorare le condizioni in cui versa il mondo perché so di poterlo fare», dice. «Ciascuno di noi è un essere speciale, unico, tutti abbiamo un dono che può essere messo a disposizione degli altri». Il suo qual è? «Sono una comunicatrice e spero di riuscire a portare maggiore consapevolezza. Quando non siamo più in contatto con la Terra, non siamo più in contatto con noi stessi».

Sembrano i classici discorsi da supermodella, ma Gisele ne ha fatto una pratica di vita. Dieci anni fa, insieme a suo padre, ha sovvenzionato e portato a termine in Brasile un progetto pilota per ripulire le sorgenti d’acqua della città di Horizontina, dove è nata. E nel frattempo sono stati anche piantati 40mila alberi. Adesso lavora per ripetere su grande scala questo primo successo, con un imponente progetto per pulire il fiume Jacuí. Nel primo caso aveva sborsato di tasca propria un milione di reais brasiliani (circa 260mila euro, ndr); ora, per un piano che inciderà sulla vita di tre milioni di persone, non dispone da sola delle risorse, ma può raccogliere la solidarietà delle persone giuste. «Se vogliamo creare un mondo diverso, noi tutti dobbiamo agire. Non possiamo starcene seduti ad aspettare che ci pensi il governo. Quasi tutte le guerre del mondo scoppiano perché le risorse naturali sono insufficienti. Se non ci occupiamo di questi problemi quando siamo ancora in tempo, ci troveremo in condizioni molto peggiori».

Sono curioso di sapere da dove le venga tanta convinzione e come la alimenti. E anche, ovviamente, come abbia fatto una ragazza di un paesino brasiliano a diventare una delle persone più famose del pianeta. Le cose sono andate così. La madre, che aveva altre cinque figlie, era preoccupata perché Gisele – alta già un metro e 77 a 13 anni, «trenta centimetri più di tutte le mie compagne di classe» – camminava con la schiena curva. «Mi diceva: “No, non puoi camminare in questo modo, devi stare dritta”». Allora lei e le sorelle sono state mandate a un corso per mannequin, dove avrebbero imparato a camminare con disinvoltura: così finiscono a San Paolo, a 27 ore da casa. Poco tempo dopo Gisele è già nella selezione di Elite Model Look, concorso in cui arriva seconda. Le chiedo cosa ne sia stato della vincitrice. «Non so, non mi capita di incontrarla. Si chiama Claudia, era molto carina».

Chiunque salti fuori nel discorso viene trattato con gentilezza: Claudia, la sua rivale degli inizi; le cinque sorelle, quattro delle quali lavorano con lei mentre la quinta è una giudice federale. A 14 anni Gisele lascia la casa paterna e va a San Paolo per conto suo; poi parte per il Giappone. Le domando chi si sia preso cura di lei. Se le agenzie, durante i servizi fotografici, mandassero qualcuno a tenerla d’occhio. Sembra di no. E lei non si sentiva sola. «Avevo sempre con me i miei angeli custodi». Oltre a qualche valido consiglio dei genitori: «Mia madre diceva sempre: “Non accettare niente dagli sconosciuti”. A salvaguardarmi sono stati i valori che ho imparato dai miei». Per lei la sfida più difficile da affrontare, e mi si intenerisce il cuore nel sentirlo, è stata la paura del buio. «Era difficile stare senza le mie sorelle. A casa dormivamo tutte insieme in una stanza. Quando mi svegliavo, se avevo paura, potevo infilarmi nel letto di una di loro. Con delle sconosciute appena incontrate, e sempre diverse perché abitavo nelle residenze per modelle, non potevo farlo».

Non mi aspettavo di amare tanto Gisele, ma è successo. Mentre parliamo mi dà la sensazione che sia possibile diventare un essere umano migliore, un custode migliore delle risorse del nostro pianeta. Quando ci salutiamo mi ritrovo circondato da una Città del Capo calda e secca, felice e pieno di vita, mentre le sue parole mi risuonano nelle orecchie: «Dio è energia, un’energia che si chiama Amore. Questa è la stazione radio. Decidi tu se vuoi sintonizzarti».

Richard Mason, Vogue Italia, febbraio 2018, n.810, pag.82

*Scrittore e filantropo, nel 2017 ha pubblicato il romanzo ambientalista “Il respiro della notte” (Codice).