One Thousand, il nuovo brand di Alberto Ruvoletto e Federico Folladore

La prima collezione del marchio fondato da Alberto Ruvoletto e Federico Folladore si chiama Decade e racconta 10 personaggi
One Thousand il nuovo brand di Alberto Ruvoletto e Federico Folladore
One Thousand Autunno Inverno 2018/19
Gallery41 Immagini
Visualizza Gallery

Si chiama One Thousand e nasce a Treviso, in viale dei Mille, da un'idea di Alberto Ruvoletto e Federico Folladore, entrambi veneti, rispettivamente classe 1992 e 1993. Pensato inizialmente come progetto artistico e musicale a cadenza mensile, oggi One Thousand si propone come vero e proprio brand di moda, con una prima Collezione Autunno Inverno 2018-19 - di nome Decade - presentata a Milano durante la Settimana della Moda.

Genderless, contemporanea e immediata, Decade racconta 10 personaggi ricorrenti nell'immaginario collettivo attuale personificati secondo il pensiero e l'estetica del brand. Si tratta di storie reali, strettamente legate ai fenomeni sociali che ci circondano e per questo immediatamente riconducibili a uno stile preciso, talvolta stereotipato e quindi facilmente comprensibile da chi vi si trova di fronte, che ne riconosce il linguaggio visivo universale.

La scelta narrativa inusuale di One Thousand ha subito attirato la nostra attenzione, tanto che abbiamo chiesto ai due fondatori del brand di spiegarci meglio l'idea dietro a questa nuova label, le fasi di progettazione della prima collezione e qualche curiosità sul progetto da cui sono partiti. Ecco tutto quello che ci hanno raccontato.

One Thousand Autunno Inverno 2018/19
Gallery41 Immagini
Visualizza Gallery

One Thousand oggi è un brand di moda. Raccontateci com'è nato. Eravamo entrambi studenti di Design della moda allo IUAV a Treviso. Dopo un primo anno in cui non conoscendoci ci salutavamo a stento, ci siamo poi conosciuti e abbiamo iniziato un percorso di amicizia e convivenza che ci ha fatto venire voglia di iniziare un progetto extra-professionale insieme. Ci piaceva l'idea di creare una community di persone che condividessero stilemi comunicativi comuni immediatamente riconoscibili da un punto di vista visivo. Il modo più comune di farlo fu per noi - come per molti prima di noi - quello di creare un evento, nel nostro caso con cadenza mensile, in un atelier d’arte a Venezia e con una serie di caratteristiche comuni per ogni data. Proponevamo un party in cui invitavamo dj veneti (nostri coetanei per il 95%), e davamo loro sei/otto ore per dare voce ai propri dischi. Contemporaneamente avevamo realizzato un’installazione con una serie di capi disegnati e prodotti da noi. Una parte del progetto moda prevedeva la creazione di una capsule di pezzi unici da presentare e vendere, accessori e abbigliamento in serie, ma in tiratura limitata. Tutto questo si fondeva in un circuito comunicativo dove moda, musica e grafica venivano curate e comunicate attraverso Facebook e Instagram. Tutto questo si è protratto per una serie di date, finché, nel momento iniziale di smarrimento e di decisione sul futuro, un imprenditore veneziano ha visto il seguito che il progetto One Thousand stava avendo in termini di riscontro con il pubblico, e ha deciso di finanziarlo. Da quel giorno One Thousand si è trasformato da una rassegna musicale con una community di persone che ne indossano i vestiti a un brand total look uomo e donna.

La prima collezione è genderless: perché avete scelto questa strada? Non è stata una scelta volontaria, ma il risultato di diverse considerazioni. In primis quella di creare una collezione con un'unica identità visiva riconoscibile, poi quella di interpretare lo spirito del tempo, dove la vestibilità tra uomo e donna si confonde. Senza dimenticare però  il classico: siamo partiti infatti da solide basi sartoriali e da una costruzione modellistica che si basa sull'aggiustabilità di forme e volumi. Ma è la ricerca la fase che ci appaga di più. È così che è nata Decade, che nello specifico racconta dieci storie diverse, di natura sociale e culturale molto ampia. Realtà grottesche e caricaturali, che non hanno un genere specifico, tranne in alcuni casi. Sono storie di preconcetti, storie di cliché ma anche storie di attualità e, per coerenza nei confronti del progetto, storie no gender.

Perché la dimensione dei capi è così importante per One Thousand? Siamo entrambi laureati in Design della Moda e non rinneghiamo le nostre radici di progettisti, nel senso che crediamo fortemente nella cultura del progetto. La progettazione di un capo per noi parte da una ricerca costante di immaginari e situazioni dalla quale attingiamo il più possibile. Questi mondi che compaiono sui nostri moodwall sono l’insieme di contenuti artistici, musicali, cinematografici che come apparati paralleli corrono lungo lo stesso asse. Ma tutto ciò è importantissimo per arrivare alla perpendicolare che è l’abito. L’abito come funzione e punto finale del concetto. L’architettura dell’abito è basilare per noi. Ci siamo impegnati a lavorare sulla vestibilità come ci è stato insegnato lungo il nostro percorso di studi. Il dettaglio e la forma si fondono e creano qualcosa di completo. Realizzare dei capi che all’apparenza possono sembrare semplici, ma sono ricchi di informazioni, dettagli e funzionalità.

La collezione Decade racconta 10 personaggi. Come e perché avete scelto proprio questi 10? In che modo avete definito le caratteristiche di ciascuno? La necessità di raccontare queste dieci persone nasce da un’esigenza narrativa di entrambi. Volevamo raccontare le storie con uno strumento diverso dalle parole. Decade vuole creare e raccontare la moda secondo alcuni canoni e stereotipi reali, attingendo da esperienze comuni di viaggi e vita quotidiana. Lo scorso anno per esempio siamo stati a Berlino e lì abbiamo visto una crew di persone vivere dentro un centro sociale in un quartiere molto famoso con una pace interiore veramente manifesta. Da lì abbiamo deciso di coniare e raccontare il nostro eco punk. Poi è nato il daddy, il bullo, l’influencer, l’attivista, il reporter, il terrorista, il clochard... Dieci "tipi umani" tutti espressione dei fenomeni sociali che ci circondano.

Su Instagram ogni personaggio è definito anche attraverso video e collage. I collage sono il primo frutto della fase progettuale e di ricerca immaginario su cui abbiamo messo mano. Abbiamo voluto creare un paesaggio-emozionale tipo che mostrasse oggetti, azioni, frasi. Sono stati realizzati da noi a mano, con matite, forbici e colla. Come altro mezzo di personificazione abbiamo deciso di creare 10 mini video: una pill giornaliera da gustare. Sono stati realizzati dal videomaker Leonardo Pedio. Come terzo elemento il ritratto di ogni personaggio completa la visione. Questi mezzi ci hanno permesso di mostrare il continuum visivo che ha contraddistinto questa prima fase progettuale, un po’ infantile, un po’ giocosa, come voleva essere.

Quanto è importante l’uso dei social network per voi? È importantissimo, ma tutto quello che succede nel mondo digitale deve essere completato da rapporti umani. Quelli per noi sono veramente fondanti, e per dare voce a alla nostra realtà abbiamo bisogno di persone che credano in noi, nelle nostre ambizioni e ci aiutino ad arrivare al disegno finale. Usiamo il nostro Instagram semplicemente come un display del nostro lavoro, ma cercheremo sempre di creare link con le testate editoriali, con i fotografi, con gli stylist e con i buyer di natura completamente reale.

C’è qualcuno in particolare su cui vorreste vedere i vostri abiti? Non per ora, forse non ci abbiamo pensato ancora bene; oggigiorno ci sono tante icone molto forti di immaginario e di riscontro ma forse essendo un po’ nostalgici e virulenti vorremo evadere da questo sistema per rispondervi con personaggi di altri tempi. Ci interessa principalmente che i capi vengano capiti nella loro totalità.

I brand che vi piacciono e gli stilisti che ammirate? Per la nostra formazione Raf Simons e Hedi Slimane sono stati fondamentali e costanti nella nostra ammirazione, per questa ragione vogliamo citarli prima di tutti. Potremmo dire molti altri nomi che sono stati importanti per noi, ma sarebbero di natura più fugace.

Le vostre muse e icone di stile? Più che icone di stile possiamo citare i nostri punti di riferimento, tra i quali compaino anche alcuni personaggi su cui ci piacerebbe vedere i nostri abiti. Elsa Martinelli, Silvana Mangano, Mariangela Melato, Marcello Mastroianni, Pier Paolo Pasolini, Guy Tavares, Andrew Jackson Jihad, Lou Reed, Josh Kline, Richard Ashcroft, Gio Ponti, Bruno Munari, Bret Easton Ellis, sono nei nostri pensieri un po’ più spesso degli altri, alcuni per ragioni stilistiche altri per ragioni progettuali.

Progetti per il futuro? Lavorare sodo sulla prossima collezione, diffondere il verbo One Thousand e cercare di seminare per raccogliere in un futuro del buon "grano". Creare un team operativo che lavori affiatato e che possa contribuire alla crescita di questo progetto.