Economia

Caso Skripal: Londra vuole confiscare asset russi, aziende italiane all’angolo

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MILANO (WSI) – Una nuova guerra fredda si sta consumando nelle ultime ore tra Russia e Occidente attorno al caso di Serghej Skripal, l’ex agente dei servizi militari russi avvelenato assieme alla figlia in Inghilterra a Sainsbury e sotto accusa vi è proprio il Cremlino.

Da qui la risposta di Londra che ha provveduto all’espulsione di diplomatici russi e nel corso dei giorni si sono aggregati altri paesi, tra cui gli Usa, il Canada e anche l’Italia. Il governo inglese intende inoltre confiscare o congelare i capitali russi di “dubbie origini”. La misura, che fa parte di una nuova legge che sta per essere implementata, ha l’obiettivo di consentire alle autorità britanniche di colpire gli oligarchi russi che vivono a Londra.

Secondo quanto riferito al sito di informazione filo russo Sputnik dal Segretario alla Difesa Gavin Williamson dei mandati di sequestro di questo tipo sono già stati ordinati. L’idea dietro alla nuova legge è quella di assicurare che tutti i beni siano registrati. Williams ha accusato la Russia di voler dividere l’Europa approfittando anche della confusione post Brexit, ma che le azioni di solidarietà mostrate da Estonia e altri paesi del continente sono la dimostrazione che “questo non è possibile”.

Il caso non mette in gioco interessi geopolitici tra Russia e Occidente ma anche economici con danni in arrivo per le aziende considerando la possibilità di nuove sanzioni.

“Le tensioni con la Russia possono creare danni alle nostre aziende perché tutta l’economia italiana vive di export ed è evidente che ogni tensione con alcuni Paesi crea distonie economiche su cui dobbiamo stare attenti”.

Così parlando a Milano il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia. Volendo dare qualche numero nel 2017 la crescita delle importazioni russe dall’Italia è stata di quasi il 26%, seconda soltanto alla Corea del Sud, come spiegava nei giorni scorsi a Radio 24 Pier Paolo Celeste, responsabile dell’Ufficio Ice a Mosca.

Crisi Russia-Ue, i rischi per le aziende italiane

Ma ora questa nuove fase di tensioni scatena le incertezze e tutto può succedere, dice il presidente di Confindustria Russia, Ernesto Ferlenghi, in un’intervista all’agenzia Agi.

“Una fase delicatissima in cui tutto può succedere, compresa l’introduzione di nuove sanzioni economiche. E se l’incertezza durerà troppo a lungo, continueremo a perdere terreno a favore dei nostri competitor: se la strategia era spingere la Russia nelle mani dei cinesi  tutte queste azioni stanno andando proprio in quella direzione”.

Un rischio grande per le aziende italiane a cui le attuali sanzioni e contro sanzioni in vigore dal 2014 sono già costate più di dieci miliardi di euro di mancate vendite, secondo le cifre prudenziali di Coldiretti. Le presente italiane più forte in terra russa son quelle di Pirelli, Parmalt, Enel, Buzzi Unicem, Biesse, Cnh, oltre alle non quotate Perfetti, Cremonini, Menarin, Marcegaglia, Mapei, Indesit e Ferrero. Emblematiche le parole di Emanuele Orsini, presidente di FederlegnoArredo dalle pagine de Il Giornale:

“La Russia è tra i mercati privilegiati dell’export tricolore, in particolare del design, dell’agro alimentare e della moda, ma sfortunatamente la crisi ucraina ha già avuto come prima conseguenza l’aver spazzato via dal mercato russo numerose piccole e medie imprese italiane che esportavano specialità nostrane. Si consideri che fino al 2014, il 50% dell’uva da tavola che approdava nei supermercati russi proveniva da aziende pugliesi e siciliane. Ora questa percentuale è scesa a zero. Occorre considerare anche l’ambito delle grandi opere che potrebbe risentire di un ulteriore deterioramento politico e di una stretta sui finanziamenti in valuta. Da Astaldi, a Danieli fino a Technimont, numerose imprese italiane operano sul territorio”.