Non è di qua, di Maria Loreta Chieffo

Recensione e intervista all’autrice Maria Loreta Chieffo e al Sindaco di Zungoli Paolo Caruso.

Non è di qua, scritto da Maria Loreta Chieffo, Antonio Tombolini Editore, 254 pagine costo € 16.49.

Inizia con un colpo da maestro Non è di qua, un qualcosa che già dai primi due righi cattura l’attenzione e la curiosità del lettore.

Intrigante, meticoloso, pittoresco è il romanzo di Maria Loreta Chieffo; curiosa, coraggiosa e sensibile la sua protagonista. Una scrittura chiara, amabile, che riesce a riunire luoghi del cuore e luoghi fisici.

La storia, infatti, è ambientata a Zungoli, un paese in provincia di Avellino, luogo nativo dell’autrice, che fa parte dei borghi più belli d’Italia.

I richiami alle caratteristiche del posto non sono mai espliciti, si vedono in trasparenza attraverso la lettura che usa, ad esempio, la scomparsa di oggetti in luoghi che, in passato, hanno significato qualcosa nella storia del paese e meritano di essere messi in luce.

Grotte, cunicoli scavati nel tufo, pozzi, scalinate strette e impervie nelle quali si muove la protagonista di un’indagine, una giornalista di cronaca nera che vive e lavora a Napoli e si ritrova nel suo paese di origine per indagare su due omicidi. Aggiornerà non solo la redazione del suo giornale costantemente sull’evolversi delle indagini ma avrà un importantissimo ruolo proprio nella svolta delle stesse.

Luoghi caratteristici, che ormai non esistono più, come anche specialità gastronomiche come il pecorino di Carmasciano o il caciocavallo podolico, il miele di acacia o quello di castagno, prelibatezze dell’Irpinia.

Le prove indiziarie si frammischiano alle opinioni, alle conoscenze degli abitanti del luogo, soprattutto anziani, che sanno tutto di tutti, lo mantengono con discrezione, come se fossero un libro che, all’occorrenza, viene richiesto per essere compreso.

Persone che da dietro un uscio sentono e vedono ogni cosa, per le quali “la morta non è di qua” sembra quasi un alibi per non screditare un luogo quieto.

Le descrizioni dei personaggi sono minuziose, delicate e mai accademiche.

Storie di donne: straniere illuse, sfruttate e malcapitate, reti intessute per aiutarsi a vicenda, amori finiti e vilipesi, come quello della protagonista stessa che, nonostante il suo lavoro, i suoi innumerevoli impegni, il borgo, gli omicidi, funziona come un tarlo nella sua testa. Sta lì e l’accompagna, è il dolore di una donna tradita e abbandonata con un “non ti amo più”.

È un libro, Non è di qua,  che si fa leggere con curiosità e impegno, a volte fa sorridere altre amareggia perché mostra la realtà dei luoghi che stanno poco alla volta scomparendo, luoghi in cui la gente vive ancora secondo una certa consuetudine che è forte ma sembra vacillare a causa di fatti sconvolgenti come due omicidi.

Non è di qua ha vinto Il  Premio letterario il Borgo Italiano nella sezione Romanzo inedito di cui allego soltanto pochi righi della motivazione firmata da Costantino Dilillo “Il giallo si conferma specchio fedele della natura umana e chi legge gode della maestria autoriale nella partizione della realtà fra vittime e carnefici – il male incombe in ogni dove – spettatori e svelatori della verità.”

Ho conosciuto Maria Loreta Chieffo in occasione dell’interessante rassegna Angolazioni, tenuta settimanalmente presso l’Angolo delle storie di Avellino, a partire dal 12 aprile organizzata da Emilia Bersabea Cirillo e Anna Catapano. Maria Loreta Chieffo è attualmente dirigente scolastico a Napoli, dove vive.

Gentilmente ha voluto rilasciarmi un’intervista per i lettori di WWWITALIA.EU

Maria_Loreta_Chieffo

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Qual è stata la sua ispirazione per la stesura del romanzo?

Ho sempre avuto la passione per la scrittura; inoltre, essendo stata insegnante, sono portata per la narrazione e mi piace raccontare storie anche oralmente.

Devo dire che il foglio bianco, nonostante metta sempre un po’ soggezione, mi ha dato ispirazione e soddisfazione. Poi, magari, si parte da un’idea e si arriva a qualcos’altro. Volevo scrivere un giallo perché mi piacciono le storie intriganti. Sin da bambina ho amato leggerli, oggi sono un’appassionata di Simenon. Ma non mi bastava l’idea perché volevo dare ai miei personaggi un’anima, delle passioni e dei sentimenti, seminare indizi e, infine, chiudere il cerchio. Quindi, inizialmente, la storia non era già ben delineata ma si è sviluppata man mano e più andava avanti, più si radicava ai luoghi zungolesi,  alle atmosfere e ai silenzi.  Alla fine è venuta fuori una storia di donne perché la protagonista è donna, una delle due vittime è donna, vi sono personaggi importanti e sono donne.

Quanto tempo ha impiegato per la stesura del romanzo?

 La prima stesura è iniziata nel lontano 2012 e fu di getto. I personaggi non avevano una connotazione precisa perché avevo dato più importanza alla trama. In seguito vi sono ritornata, lavorando su di essi, curando maggiormente ciò che si percepisce con i sensi e usando la scrittura per evidenziare le potenzialità di un territorio che ha bisogno di essere conosciuto e rivalutato.

Poi l’ho lasciato  nuovamente per due anni ma mi mancava molto, così l’ho inviato a Il Calvino che mi ha mandato la scheda di giudizio da cui ho potuto capire che cosa dovevo rivedere. Il giudizio mi ha dato la giusta motivazione per lavorare nuovamente sulla storia. Quando, poi, fu reso noto il Premio Letterario Il Borgo Italiano, l’ho inviato ed ha vinto nella sezione dei romanzi inediti. Così ho potuto pubblicarlo.

Avrebbe potuto ambientare il romanzo anche a Napoli, altro luogo che ben si presta a storie di questo tipo, eppure ha preferito Zungoli. Oltreché per i motivi di cui parlava prima, cioè per farlo conoscere e rivalutarlo, perché?

Cercavo atmosfere che solo un luogo come Zungoli potesse darmi, per questo motivo non ho ambientato il romanzo a Napoli. Napoli non è la mia città, mi piace, ci vivo e credo sia una città che offre molte opportunità ma sentivo molto più vicina a me il luogo dove sono nata, le mie radici, il mio passato che poi non è soltanto il mio passato. Torno a Zungoli ogni quindici giorni perché ho una casa e i miei affetti. Diciamo che nel luogo, nelle atmosfere e in alcuni affetti è rappresentata maggiormente, nel romanzo, la parte autobiografica.

La lettura dà spunto ad alcune riflessioni di tipo sociale perché, infatti, non è solo un giallo ma è intessuto di storie vecchie e nuove, di problematiche attuali e antiche vicissitudini.

Il dramma dell’immigrazione delle donne dell’Est che vengono in Italia per lavorare e finiscono, spesso, in situazioni di sfruttamento della prostituzione, un bellissimo borgo che “soffre” la solitudine, l’abbandono da parte di chi non trova nulla da fare lì e sceglie a sua volta di emigrare, non manca “la capa di chiuppo”, cioè lo scemo del paese, quello che sembra marcato con uno stemma a fuoco sin dai tempi della scuola e per la vita non avrà mai possibilità di riscatto, infine c’è l’amore, quello sperato, voluto, amato e perdonato. Vuole raccontarci qualcosa, se è d’accordo con questa mia interpretazione?

Lo spaccato sociale è quello che si trova in molti paesi del Sud. Anche i personaggi sono quelli dell’entroterra, dell’Appennino e li ritroviamo. Si parla di immigrazione, di ragazze che venendo dall’Est prendono il posto delle donne che, a loro volta, hanno lasciato il loro paese di origine e che, quindi, non possono più accudire gli anziani rimasti soli. Questo è un fenomeno diffusissimo e per quanto ci siano anche in questo caso dei pregiudizi, come considerare intruse le persone non native, l’alterità è vicina ed è accettata, in quanto queste persone estranee si ritrovano come vicine di casa o in casa stessa a prendersi cura degli affetti. Sono delle persone che hanno passioni, un’ anima e anche le loro delusioni. Cercano, nella nostra terra, un’opportunità per lavorare lasciando le loro famiglie. Riguardo il paese devo dire che prima c’è stata l’emigrazione degli anni ’70, oggi c’è lo spopolamento causato dal fatto che i giovani vanno via decretandone la fine.  Anche le scuole chiudono.

A questo proposito vorrei sapere, dato che lei è dirigente scolastica, quando vede e sente confusione nella sua scuola le viene voglia di trasferire i suoi giovani studenti a Zungoli per ripopolare il paese?

Io dirigo una scuola di 1100 studenti che ha classi formate da 20 a 25 alunni almeno e quando penso che a Zungoli vi sono in tutta la scuola primaria 21 bambini mi viene da concludere che esso non avrà un futuro.

Come riesce a sdoppiarsi tra due luoghi così diversi?

A Zungoli arrivo sempre stanca e stressata e il luogo mi ricarica di energia. Poi penso a chi vive lì e capisco che non ha le stesse opportunità che si hanno in una grande città come Napoli.

Prova più nostalgia quando parte da Napoli per Zungoli o viceversa?

Non provo nostalgia ma, piuttosto, ansia nel partire da Zungoli e arrivare a Napoli dove devo rimmergermi nella sua quotidianità urbana.

Al Sindaco di Zungoli Paolo Caruso, che innanzitutto ringrazio per la gentilissima disponibilità,  chiedo di commentare una parte della risposta dell’autrice quando dice che ha usato la scrittura per evidenziare le potenzialità di un territorio che ha bisogno di essere rivalutato.  

 L’autrice del libro “Non è di qua” ha ragione quando afferma che le potenzialità del borgo devono essere rivalutate e lo fa con una descrizione puntuale e analitica dei luoghi storici ancora inalterati, dei personaggi, degli usi e costumi, dei paesaggi, dei prodotti e piatti tipici che ancora oggi ritroviamo sulla tavola, del lavoro e delle pratiche contadine ancora in uso. È la cosa che più condivido quando si parla di Zungoli e dell’Irpinia perché sono convinto che il futuro dell’Irpinia è proprio nel suo passato, un patrimonio storico-culturale che affonda le radici nella transumanza, passando attraverso la Magna Grecia.

Che cosa secondo lei può evitare che l’Irpina diventi un luogo fantasma?

Occorre valorizzare il territorio e le sue risorse, l’ambiente di cui parliamo, territorio ancora incontaminato, luogo di sapori, benessere e longevità. Un Borgo che va necessariamente tutelato e promosso, fatto fruire per i suoi paesaggi naturalistici e per gli scorci del Borgo, dei sentieri, della Via Francigena e luoghi Santuari della Transumanza, del Tratturo Pescasseroli-Candela, del Parco Urbano intercomunale della Baronia. Un patrimonio culturale immenso che insieme ad adeguate politiche mirate della produzione agricola di qualità, delle tradizioni della cucina, porterebbe al turismo esperienziale e a creare concrete opportunità lavorative. Questo è possibile attraverso un progetto di risanamento, riqualificazione e ripopolamento del Borgo con il progetto delle “case ad un euro” in corso nel Comune di Zungoli. Un progetto che riporti ai “Borghi Vivi”, luoghi che possono continuare a raccontare altre e preziose pagine di storia.

 

Grazie.

La presenza di Maria Loreta Chieffo ad Angolazioni è prevista per giovedì 31 maggio alle 18,30.

Maria Paola Battista

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About Maria Paola Battista

Amo ascoltare, leggere, scrivere e raccontare. WWWITALIA mi dà tutto questo. Iniziata come un’avventura tra le mie passioni, oggi è un mezzo per sentirmi realizzata. Conoscere e trasmettere la conoscenza di attori, artisti, scrittori e benefattori, questo è il giornalismo per me. Riguardo ai miei studi, sono sociologa e appassionata della lingua inglese, non smetto mai di studiare perché credo che la cultura sia un valore. Mi piace confrontarmi con tutto ciò che è nuovo anche se mi costa fatica in più. Attualmente mi sto dedicando alla recensione di libri e all'editing. Ho scritto, inoltre, diverse prefazioni a romanzi. Grazie ai lettori di WWWITALIA per l’attenzione che riservano ai miei scritti e mi auguro di non deluderli mai. mariapaolabattista@wwwitalia.eu

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