Cronaca

‘Ndrangheta e “nuove leve ” a Lamezia, quattordici le richieste di rito abbreviato

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Il gup si è riservato sulla richiesta di parte civile della Regione Calabria. Si ritornerà in aula il prossimo 16 febbraio

di GABRIELLA PASSARIELLO

Con quattordici richieste di rito abbreviato si è conclusa la prima udienza preliminare per i 18 imputati coinvolti nell’ambito dell’operazione Antimafia “Nuove Leve”, messa a segno all’alba del 24 febbraio scorso, quando la Squadra mobile di Catanzaro in esecuzione di un’ordinanza cautelare vergata dal gip Assunta Maiore, ha notificato 12 misure cautelari di cui dieci in carcere e due ai domiciliari. Hanno chiesto davanti al gup Barbara Saccà di essere ammessi al rito abbreviato Vincenzo Giampà, 49 anni, detto il “Camacio”; Eugenio Giampà, 28 anni; Roberto Castaldo, 27 anni; Gregorio Scalise, 25 anni; Giuseppe Paone, 23 anni; Francesca Allegro, 32 anni; Marco Francesco De Vito, 42 anni; Francesco Renda, 32 anni; Michele Muraca,51 anni; Maria Muraca, 27 anni e Claudio Paola, 31, alias “Trachino”,  Andrea Mancuso, 25 anni,  Vincenzo Vigliaturo, 24 anni e Cappello Danilo, 28 anni, detto Kirbi, mentre Francesco Morello, 32 anni; Vincenzo Bonaddio, 68 anni, detto “ca-ca”, Luigi Notarianni e Pasquale Mercuri, 28 anni proseguono con il rito ordinario. Durante l’udienza il gup si è riservato di decidere sulla costituzione di parte civile della Regione Calabria e di Vincenzo Perri, dopo che gli avvocati Wanda Bitonte e Aldo Ferraro hanno sollevato un’eccezione, a cui si sono associati gli altri avvocati (Antonio Larussa, Saverio Loiero, Rita Cellini, Salvatore Cerra), relativa a questioni tecniche sulla procura speciale: non erano presenti in aula i difensori di parte civile, ma solo i sostituti. Il giudice ha aggiornato l’udienza al prossimo 16 febbraio.

Le ipotesi di accusa. Secondo le ipotesi di accusa gli imputati avrebbero costituito nuove leve per rinsaldare le fila della cosca Giampà con lo scopo di continuare le attività estorsive per conto dei capi cosca sottoposti a regime detentivo in seguito alle diverse operazioni di Polizia condotte in questi ultimi anni.

Il ruolo dei collaboratori di giustizia. Un blitz che ha svelato ulteriori dettagli nei rapporti  tra i Giampà e le altre cosche di ‘ndrangheta calabresi, grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che hanno consentito ad inquirenti ed investigatori di fare quadrato sulle nuove leve assunte al servizio della cosca Giampà e di comprendere meglio quali fossero i legami con altre famiglie di ‘ndrangheta presenti nel territorio calabrese, come quelli con  il clan Piromalli, rapporti già comunque delineati in maniera capillare nel blitz “Andromeda”.

Le nuove leve e le cosche amiche. Il pentito Umberto Egidio Muraca diventato collaboratore di giustizia  il 23 ottobre 2012, dopo il suo arresto nell’ambito della prima tranche dell’operazione Andromeda ha spiegato, tra le altre cose, la sua appartenenza ad un clan di ‘ndrangheta diverso da quello dei Giampà. Nel corso di un interrogatorio da lui stesso richiesto ha dichiarato: “Non sono affiliato a nessuna cosca, anche perché provengo da una famiglia di ‘ndrangheta per conto di mio nonno e di mio padre; mio nonno è stato ucciso in un agguato di mafia, insieme a mia nonna, perché non voleva che a Nicastro fosse inserita l’eroina a livello di spaccio. Mio nonno aveva la dote di “Padrino” ed era soprannominato “U Materazzaru”; mio nonno aveva un gruppo di ‘ndrangheta, aveva collegamenti con i Piromalli. Ha battezzato Raffaele Cutolo presso un’abitazione del quartiere Trempa, ha fondato la Sacra corona unita con Umberto Bellocco e qualche altro che ancora non ricordo, aveva collegamenti con u zu Antonio Macrì di Reggio Calabria e con gli Arcieri coi i quali aveva un ottimo rapporto”. Il collaboratore di giustizia Domenico Giampà ha riferito parlando di Francesca Allegro, moglie di Domenico Chirico, detto “ U Battero”, di aver appreso proprio da quest’ultimo come lei fosse portavoce del marito in varie estorsioni che venivano gestite da “U Battero”, anche tramite un suo parente soprannominato “Ranise” coinvolto nell’operazione che ha riguardato, un altro pregiudicato Vibonese, Mantella nel 2012. In particolare si faceva riferimento ad una grossa catena di casalinghi, estesa in tutta la Calabria. Allegro si occupava, su indicazione del marito della raccolta dei proventi estorsivi necessari per sostenere i detenuti della cosca. Il collaboratore Catroppa ha poi riferito di un altro episodio in cui Domenico Giampà strinse un accordo con Pantaleone Mancuso, in base al quale una volta uscito dal carcere Saverio Giampà, gli avrebbe dato in gestione un punto vendita della stessa catena di casalinghi, ubicata a Lamezia Terme, proprio perchè Mancuso avrebbe potuto gestire questa attività commerciale nella zona di Vibo Valentia tramite i suoi prestanomi.

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