Cronaca

Casa a luci rosse nel Catanzarese, tre condanne e raffiche di prescrizioni

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Una sola assoluzione nell’ambito dell’inchiesta della Procura su un giro di lucciole in provincia. Il pm aveva chiesto pene più pesanti per gli imputati accusati di favoreggiamento alla prostituzione

di GABRIELLA PASSARIELLO

Con tre condanne, un’ assoluzione e cinque pronunce di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione del reato si è concluso il processo di primo grado per i nove imputati accusati di favoreggiamento alla prostituzione nel Catanzarese. I giudici del Tribunale collegiale del capoluogo di regione presieduto da Giacinta Santaniello hanno condannato Sandra Patricia Agudelo Herrera, considerata, dall’accusa, la mente dell’organizzazione a 6 anni e mille euro di multa (assolta invece per altri due capi di imputazione); Guglielmo Sestito a 2 anni e 500 euro di multa, pena sospesa; Johana Lillyam Sancez a 2 anni, 4 mesi e 300 euro di multa. Non luogo a procedere per intervenuta prescrizione per Ileana Sandor (previa esclusione dell’aggravante), Alexander Agudelo Herrera, Norma Costanza Sandoval Molina, Domenico Parentela e Giuseppe Antonio Carito. I giudici hanno assolto perché il fatto non sussiste Giuseppe Corasaniti.

Le richieste del pm. Il pubblico ministero nell’udienza del 20 dicembre scorso aveva chiesto cinque condanne, a pene comprese dagli 8 ai 4 anni di reclusione e quattro non luogo a procedere  per intervenuta prescrizione. In particolare il pm aveva invocato 8 anni e 18mila euro di multa per la colombiana Sandra Patricia Agudelo Herrera, (42 anni); per Giuseppe Coroniti residente a Simeri Crichi, (72 anni) 5 anni e 15mila euro di multa; 4 anni e 10mila euro di multa ciascuno per Ileana Sandor, (28 anni), di nazionalità romena e Guglielmo Sestito, (75 anni), di San Vito sullo Jonio; per Johana Lillyam Sanchez, (35 anni), 6 anni e 12mila euro di multa. Il pubblico ministero aveva invocato invece il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione del reato  nei confronti di Norma Costanza Sandoval Molina, (46 anni), colombiana, Alexander Agudelo Herrera, (39 anni), colombiano, Domenico Parentela (48 anni), di Catanzaro  e Giuseppe Antonio Carito, 46 anni. Mentre gli avvocati nel cui collegio difensivo compaiono i nomi degli avvocati Simona Longo, Enzo De Caro, Gianni Caridi, avevano chiesto, al termine delle loro arringhe difensive, l’assoluzione dei loro assistiti.

Il giro di lucciole. Secondo le ipotesi di accusa alcune colombiane avrebbero messo in piedi un affare davvero redditizio. Dietro una presunta attività di massaggiatrici pubblicizzata su alcuni giornali, avrebbero venduto il loro corpo con la complicità di personaggi locali. Un giro  di lucciole che avrebbe fatturato mensilmente diverse migliaia di euro, grazie alle numerose prestazioni sessuali che venivano pagate dai cinquanta a cento euro, prendendo  in affitto numerosi appartamenti solitamente utilizzati per le vacanze estive. Per gli investigatori sarebbe stato proprio Agudelo Herrera, insieme ad altre donne della stessa nazionalità, quasi tutte domiciliate nel Nord-Est d’Italia, ad organizzare  “l’affare” raggiungendo la Calabria, dove avrebbero preso in affitto alcuni appartamenti, i cui proprietari erano Parentela, Sestito  e Carito. Tesi smentita dai legali difensori che nelle loro arringhe hanno cercato di dimostrare come i loro assistiti avessero, all’epoca dei fatti, solo firmato un regolare contratto ad alcuni affittuari, ignari del giro d’affari che si sarebbe celato all’interno di quelle case a luci rosse.

 L’inchiesta. Un’organizzazione consolidata, capace di incassare migliaia di euro al mese grazie a prestazioni sessuali vendute con un sistema perfezionato in ogni dettaglio, al punto da organizzare incontri con cadenza settimanale, anche per eludere eventuali controlli da parte delle forze dell’ordine, mentre gli appuntamenti e le telefonate su alcuni numeri di cellulari, quasi sempre uguali ed abbinati alle varie località, sarebbero stati smistati dalla ragazza che in quel momento era “libera”. Gli imputati sono finiti nella rete dei militari dell’Arma di Sellia Marina, coadiuvati dai colleghi delle Stazioni di Satriano e Gasperina, nel Catanzarese, e di Mogliano Veneto, in provincia di Treviso, nel mese di giugno del 2009, dopo un’attività di indagine iniziata già nel 2006 e coordinate dall’allora sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro Simona Rossi, che ha portato i militari in quella casa d’appuntamento in località Simeri Mare.

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