‘Ndrangheta, la Cassazione annulla la condanna per l’armiere del clan Mancuso

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I giudici hanno annullato con rinvio in merito all’accusa di aggravante mafiosa che motivava la detenzione  cautelare in carcere

La Prima Sezione Penale della Cassazione ha annullato la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Catanzaro nei confronti di Domenic Signoretta.  L’uomo, ritenuto dagli inquirenti il braccio destro del Boss Mancuso Pantaleone, 57 anni, alias l’“ingegnere” attualmente detenuto e difeso dagli avv.ti Valerio Spigarelli e Francesco Sabatino, era stato condannato alla pena di 7 anni e 6 mesi in ordine al rinvenimento di un vero e proprio arsenale di armi da guerra scoperto dal ROS dei Carabinieri a Ionadi il 26 marzo 2015.

A Signoretta si contestava la detenzione e il porto in luogo pubblico di armi da guerra e munizioni, l’art. 23 della legge armi trattandosi di armi ritenute clandestine (dunque con matricola abrasa) e soprattutto l’aggravante del metodo mafioso per aver agevolato l’articolazione del clan Mancuso riconducibile al boss Luni Mancuso. La Suprema Corte, in accoglimento delle argomentazioni degli avv.ti Spigarelli e Sabatino, ha annullato senza rinvio rispetto alla contestazione delle armi clandestine e ancora ha annullato con rinvio per nuovo esame rispetto all’aggravante mafiosa che sorreggeva la misura cautelare in carcere.

La Corte d’Appello di Catanzaro aveva in particolare valorizzato le dichiarazioni del collaboratore Furfaro Arcangelo, uomo dei Molè, che aveva indicato Signoretta come l’uomo di massima fiducia di Mancuso Pantaleone, con compiti di detenzione di armi e con partecipazione ad azioni omicidiarie (viene indicato come l’esecutore materiale dell’omicidio di Mimmo Campisi), ma la Suprema Corte ha stabilito un nuovo processo rispetto all’aggravante mafiosa.