Zagrebelsky, Smuraglia D’Alema. Le mani sulla Costituzione non indignano più?

Zagrebelsky, Smuraglia D’Alema. Le mani sulla Costituzione non indignano più?
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Il programma di governo, cioè quello che nel nuovo gergo politico si chiama “contratto”, prevede la modifica della Costituzione in molte sue parti. Non prevede la modifica della Costituzione in alcuni aspetti secondari, ma in punti fondamentali che riguardano la forma della rappresentanza e del governo (e dunque l’idea della democrazia politica) e in altri punti, altrettanto basilari, che stabiliscono i diritti dell’uomo.

Ho contato 13 articoli che - così come sono scritti oggi - non sono compatibili con il “contratto”. Ve li cito qui, per numero, così se volete potete andare a guardarli. Sono gli articoli numero 3, 8 e 19 (diritti religiosi), 6 (diritto alla lingua), 10 (diritto d’asilo), 15 (diritto alla segretezza della corrispondenza), 27 (diritti dei detenuti), 53 (progressività del prelievo fiscale), 67 (libertà del parlamentare da ogni vincolo), 81 (dovere di equilibrio nei bilanci dello Stato), 92 (poteri e compiti del Presidente della Repubblica), 95 (poteri e compiti del Presidente del Consiglio) e 111 (diritto alla rapidità e al giusto processo).

Si potrebbe aggiungere qualche altro articolo se vogliamo considerare anche la proposta dell’agente provocatore, e forse l’introduzione di quella specie di pena di morte (ma questa è una forzatura polemica) prevista dalla possibilità di sparare e uccidere chiunque entri in casa di un estraneo senza permesso.

Magari, tra qualche riga, ragioniamo meglio su alcuni di questi strappi costituzionali. Ma prima vorrei esprimere il mio stupore per l’assenza, nel dibattito politico che segue alla presentazione del programma di governo, di alcuni protagonisti della battaglia, feroce, che fu fatta contro Matteo Renzi e la sua riforma Costituzionale, respinta poi da un referendum.

Non mi rivolgo adesso ai vari esponenti dello schieramento populista, che allora fecero fuoco e fiamme contro chi voleva stravolgere la nostra Carta. Né mi rivolgo agli esponenti della destra, che conosco meno e che comunque, mi pare, sono gli unici che si stanno muovendo, almeno un po’.

Mi rivolgo ad alcuni amici, della sinistra-sinistra, che un paio d’anni fa conquistarono la ribalta nazionale con prese di posizione e manifestazioni pubbliche nelle quali denunciavano lo stravolgimento costituzionale previsto dalla famosa riforma-Boschi. Di cosa si trattava? In verità il punto dolente di quella riforma era l’abolizione del Senato, o comunque del ruolo del Senato. E la contestazione non si riferiva solo alla scelta non più bicameralista, ma al famoso “combinato disposto” tra riforma costituzionale e legge elettorale con forte premio di maggioranza, che avrebbe consentito a chi avesse vinto le elezioni di governare per cinque anni quasi indisturbato. Riducendo in questo modo il potere di condizionamento delle opposizioni. L’obiezione era chiara: è una riforma che aumenta moltissimo le capacità decisionali della nostra democrazia e riduce fortemente le sue capacità rappresentative.

Non credo che fosse un’obiezione infondata. Era infondata, secondo me, la drammaticità dell’obiezione, perché scegliere la via decisionista può essere considerato giusto o sbagliato, ma non è comunque uno stravolgimento dei principi della democrazia.

Stavolta invece la proposta di modifica della Costituzione è molto più radicale. Si radono al suolo alcuni dei principi fondamentali, politici e giuridici, che ispirarono i padri costituenti e che portarono alla ricostruzione della democrazia italiana, distrutta dal fascismo. L’introduzione del vincolo di mandato per fare solo un esempio - annulla la libertà e l’indipendenza del rappresentante del popolo e riduce la democrazia parlamentare a una pura finzione. Il premier senza poteri e costretto a obbedire a committenti esterni è una novità assoluta, non prevista da nessun sistema democratico occidentale. Le misure giustizialiste e punitive, cambiano le idee fondamentali di giustizia immaginate dagli azionisti, dai cristiani, dai socialisti, dai liberali e dai comunisti.

Naturalmente non è un colpo di Stato. È, anzi, il normale svolgimento della democrazia. La Costituzione prevede che le maggioranze governino e che presentino liberamente i loro programmi: non prevede limiti ai programmi; per fortuna, però, prevede anche alcune norme di auto-salvaguardia che rendono molto difficile il suo stravolgimento, e probabilmente funzioneranno anche questa volta, come hanno sempre funzionato, e impediranno la devastazione della nostra struttura democratica. Sto parlando della doppia lettura, della maggioranza qualificata e del referendum.

Però vi devo confessare che resto stupito davvero dal silenzio della sinistra costituzionalista. Zagrebelsky, dove sei? Dove sei, Smuraglia? D’Alema, esisti ancora?

Ho scelto questi tre nomi perché sono i più autorevoli. Zagrebelsky non lo conosco personalmente, ma lo stimo, è un gran giurista. L’ex Presidente dell’Anpi, Smuraglia, è una personalità limpidissima e indiscussa (lo ho conosciuto tanti anni fa, quando lavoravo all’Unità). D’Alema lo conosco benissimo e lo considero uno dei maggiori leader politici italiani del dopoguerra. Per questo mi rivolgo a loro: non ve ne frega niente di questo progetto di abbattimento della Costituzione? Non avete niente da dire? Il fatto che nasca da una sconfitta di Renzi lo considerate di per sé un elemento di soddisfazione?

Spero di no. Spero che sia solo pigrizia, la vostra. Beh, se è così, scuotetevi.

*direttore del Dubbio