Il ministro si dimette per la moglie: «Tocca a lei realizzare i suoi sogni»

di Marta Serafini

Difficile trovare un precedente che regga, soprattutto se si scende di latitudine. Google, ricerca in archivio, memoria storica e sforzo di meningi: niente da fare. Non si ricorda uomo che abbia fatto e portato a termine una scelta simile. Triste ma vero.

La mosca bianca è il ministro dei Trasporti norvegese Ketil Solvik-Olsen che due giorni fa ha dato l’annuncio: «Rinuncio alla poltrona. Ora tocca a mia moglie realizzare il suo sogno». Boom. Immediata è partita la standing ovation su Twitter. «Un eroe», «un esempio da imitare», «eccolo il nuovo volto del femminismo moderno», si è spinto a ipotizzare qualcuno. Non male se si considerano i guai che sta passando il Movimento #MeToo. E non male nemmeno se si pensa che il politico in questione non è un progressista incallito bensì un esponente conservatore che fa parte di un governo di centro destra guidato da una donna, la premier Erna Solberg.

Messa da parte la politica e placato l’entusiasmo per Mr Solvik-Olsen — a sbirciare il suo profilo Facebook, tra gite in bicicletta e passione per i pony non pare certo di essere di fronte a un super eroe —, è partita la caccia alla moglie. Chi è questa donna, riuscita nella difficile impresa di far fare a un uomo quello che nessuna mai prima, quasi quanto fargli trovare un paio di calzini in un cassetto? Di Miss Tone Solivik-Olsen in realtà non si sa molto, se non che usa il cognome del marito e che con Ketil ha avuto due figli. Per lei parla piuttosto il curriculum: Tone è una pediatra. Ed è per questo che suo marito ha rassegnato le dimissioni. Perché a lei hanno offerto un posto in un ospedale a Birmingham in Alabama. Tradotto: lei salva vite umane. Lui fa politica. «Per anni è stata lei a rinunciare ma ora è venuto il mio turno. Fa parte di un accordo che abbiamo stretto tanti anni fa», ha rivelato lui alla televisione norvegese TV2.

Mentre la signora saggiamente tace e lascia che lui gongoli nei salotti, urge una riflessione. Perché la scelta di Ketil deve fare notizia? Perché nel 2018 ad un uomo che fa la cosa giusta dobbiamo tributare inchiostro e spazi nei talk show? Non dovrebbe essere questa la normalità tanto più che stiamo parlando di un Paese scandinavo, dove il congedo di paternità non è considerato un vezzo da femministe, dove le madri single non sono precedute dalla dicitura «poverine» e dove la parità salariale non è una barzelletta negli spogliatoi del calcetto? Difficile dare risposte e lezioni, soprattutto dalle sponde del Mediterraneo, dove storie come quelle di Ketil non solo fanno notizia ma, c’è da scommetterci, in un attimo si trasformano in battute da bar. Salutati Ketil e Tone in partenza per gli States, dunque non resta che sperare. Sperare che storie come queste diventino la norma. E che articoli del genere non siano più necessari.

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