Darya, che si è scoperta femminista con il 4.0 e l’Intelligenza Artificiale

Daniela Poggio

Attivista. Femminista. Darya Majidi - mamma originaria di Istria e cattolica, papà iraniano e musulmano, 52 cugini sparsi in tutto il mondo - proprio no, non avrebbe mai immaginato di essere definita così al sopraggiungere della boa dei 50 anni. «Da giovane non mi riconoscevo nel femminismo, poi qualcosa è cambiato dentro di me, quando ho capito che femminismo non significa solo chiedere uguali diritti, ma fondamentalmente chiedere uguali doveri. Ecco questo mi piace, mi ci riconosco». Già perché Darya, costantemente incoraggiata dal padre – «puoi fare qualunque cosa, mi ha sempre detto» - ha iniziato da giovanissima a preparare il momento in cui avrebbe giocato un ruolo attivo nella società. Innanzitutto scegliendo studi scientifici.

«Ai miei tempi sono stata una delle poche donne a studiare Intelligenza Artificiale, l’incontro con una docente donna mi ha profondamente segnato e offerto un punto di riferimento». Una scelta, quella delle cosiddette materie Stem, che informa tutta la sua vita: a 28 anni fonda la sua prima azienda, Synapsis, uno spin-off della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Quindi altre società high tech che oggi danno vita alla holding Daxo Group. «Le bambine imparano a casa che non sono brave nella materie scientifiche, che devono cercare un lavoro sicuro, ecco allora io dico alle ragazze di ascoltare un po’ meno i genitori». Il posto fisso infatti è un primo stereotipo di genere che va superato. Ma non è l’unico. In Italia solo il 14% degli addetti delle aziende informatiche è di genere femminile e pochissime hanno ruoli direzionali, inoltre poche giovani donne scelgono di intraprendere un percorso di studio che le porti ad avere una laurea in informatica e ingegneria.

«Mi sono ritrovata spesso a essere l’unica donna”. Nel suo percorso di “solitudine” Darya capisce quanto il fatto che il mondo della tecnologia e della informatica siano appannaggio degli uomini abbia alcune conseguenze fondamentali. Un esempio? Digitando su Google la parola “amministratore delegato” la ricerca propone solo nomi di uomini. Un altro esempio anche più significativo riguarda Amazon che nel rispondere alla stessa ricerca addirittura propone solo CV di uomini. C’è qualcosa che non va: i codici scritti da uomini riflettono bias importanti e le donne devono partecipare alla programmazione e iniziare una rivoluzione del coding.

Un femminismo informatico insomma, per promuovere il ruolo della donna nella società e i diritti umani: servizi di formazione a distanza, telemedicina e teleconsulto, ma anche piattaforme di supporto alla pace e di denuncia in tempo reale delle ingiustizie. E un femminismo che suoni al tempo stesso come un manifesto delle donne digitali a favore della libertà e della parità.

Per Darya diventa una missione: scrive e si autopubblica Donne 4.0, un libro che sottolinea l’importanza di farsi trovare pronte all’appuntamento con la quarta rivoluzione industriale investendo sulla propria formazione in scienze e tecnologie. «Ci saranno posti di lavoro, ma le donne non avranno le competenze giuste se non comprendono bene come indirizzare gli studi adesso». E qui ci sta anche la sua personale riflessione su un altro femminismo, quello del ‘68, che ha vinto molte battaglie ma non è riuscito a modificare la società e a combattere il maschilismo. Molte donne sono tornate indietro e oggi assistiamo a un arretramento dei diritti acquisiti. Donne 4.0 tuttavia non è una rilettura del femminismo e tanto meno un saggio economico, storico o sociologico, piuttosto è il racconto di una vita tra i quaranta i cinquant’anni per incoraggiare le donne a usare al meglio scienza e tecnologia per essere protagoniste della propria vita. «Non tutte devono diventare esperte di intelligenza artificiale, ma dobbiamo saper gestire la tecnologia, a partire dalla fotocopiatrice». E insieme un invito alle donne a puntare su una loro caratteristica: quella intelligenza emotiva che finalmente oggi viene riconosciuta come competenza. Insieme alla pubblicazione del libro, Darya disegna anche un percorso di formazione per donne sulla tecnologia 4.0. La prima edizione si svolge a Livorno nel 2018 ed è un successo, tanto da ripeterlo nel 2019. Un impegno a tutto tondo e sempre più declinato al femminile che trova un momento culmine nel TEDx Women di Bologna dove Darya si rivolge soprattutto alle giovani, e che io stessa interseco in occasione delle attività del gruppo Unstoppable Women, la community di StartupItalia! che riunisce le donne digitali e innovative d’Italia. È qui che conosco Darya ed è proprio da lei che mutuo il concetto, sviluppato poi su questo blog, della sorellanza. Quella sorellanza nel cui nome si stanno incontrando, incrociando e conoscendo molte donne, donne dalle storie diverse, ma tutte motivate a restare unite per far emergere il talento femminile e con cui abbiamo dato vita dall’inizio dell’anno a un gruppo di lavoro presso la Camera dei Deputati.

E quindi sì, alla fine Darya Majidi ha dovuto accettare di essere diventata una attivista; e una femminista 4.0, come racconta uno dei suoi ultimi post su Facebook: «In questo mese di Marzo, dedicato alla donna nel mondo, sto molto riflettendo sulla condizione femminile. A livello mondiale c’è ancora tanto da fare per promuovere il diritto allo studio, la libertà, e l’uguaglianza di genere. Ma se c’è una cosa urgente da fare in Italia è liberarla dall’accettazione della prostituzione. Altro che aprire le case chiuse! Nei paesi che tutti prendiamo come modelli di civilizzazione sociale chi viene punito è giustamente il cliente. Donne al governo datevi da fare!».

Imparare l’IA

Informazioni sul corso. La seconda edizione del corso promosso e organizzato da Darya Majidi dal titolo “Intelligenza Artificiale e Intelligenza Emotiva, il contributo delle Donne 4.0” si svolgerà a Livorno il prossimo 18 e il 19 marzo presso il Grand Hotel Palazzo, costo di iscrizione pari a € 450,00 +IVA per la prima iscrizione aziendale e scende a 400,00 + IVA per 2 o più iscrizioni.

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