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Taranto, no al porto turistico a Torre Blandamura: l'appello degli ambientalisti al sindaco

L'area interessata dal progetto per il porto turistico 
Italconsult Costruzioni srl vorrebbe costruirci da tempo un porto turistico. Opera che il Comune di Taranto, con una determina firmata lo scorso 18 luglio, ha di fatto autorizzato
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TARANTO - Chi l’ha conosciuta la considera una piccola Porto Selvaggio, nascosta lungo la litoranea tra Taranto e Marina di Leporano. Un luogo incantato, meta di bagnanti solitari, appassionati di jogging e passeggiate a cavallo. Uno splendido giardino condito da arbusti di pino d’aleppo, viottoli naturali e macchia mediterranea a perdita d’occhio, che degradano dolcemente verso la scogliera e il mare.

Si tratta della Pineta di Torre Blandamura, in parte privatizzata, che, come la più celebre località salentina, è oggetto di mire edilizie. Quelle della ITL – Italconsult Costruzioni srl, per l’esattezza, che vorrebbe costruirci da tempo un porto turistico. Opera che il Comune di Taranto, con una determina firmata lo scorso 18 luglio, ha di fatto autorizzato.

L’ente ha infatti concesso ben 10 mila metri quadrati del polmone verde e quasi 23 mila dello specchio d’acqua antistante, per la realizzazione della struttura. Un’opera richiesta dalla società un tempo riconducibile all’ex presidente del Taranto della metà degli anni ’80, Vito Fasano (oggi la società ha un altro amministratore unico) che, dopo diversi iter e il ricorso al Tar di Lecce vinto nel 2012 (al quale il Comune non si è opposto), ha ottenuto la concessione demaniale marittima per 48 anni e 3 mesi.

Stante il vecchio progetto della ditta, presentato alla Regione Puglia nel 2002, l’opera dovrebbe prevedere 210 posti barca per l’ormeggio, 90 di rimessaggio, 144 posti auto e molo da 252 metri. “Un ecomostro” lo definisce il circolo di Rifondazione Comunista Peppino Impastato di Taranto, che ha pubblicato una nota nella quale richiede l’intervento del sindaco Rinaldo Melucci per impedire “lo scempio – si legge - della pineta”. Un’opera realizzata ex novo che rischia di stravolgere un complesso ecosistema, apprezzato molto negli anni anche da turisti stranieri, tedeschi in particolar modo, che hanno avuto la fortuna di imbattersi nel bosco, nato come rifugio per un avamposto militare (al suo interno conserva ancora dei manufatti della Marina). Ora ha l’ok del Comune che ha recepito la sentenza del Tar. Ente civico che, tra il 2015 e il 2016 aveva definito “abusivi” alcuni lavori, come la costruzione di recinzioni e il brecciolino sparso su alcuni viottoli naturali, a opera della stessa società. Lavori fermati dalla Guardia forestale che aveva posto i suoi sigilli.

A difesa della piccola Porto Selvaggio si è costituito da qualche anno un comitato di cittadini che teme l’ennesimo danno a una costa di per sé splendida, che l’uomo ha alterato con opere invasive come accaduto nella vicina Porto Cupo e Lido Gandoli, interessate tra gli anni 70 e 80 dalla costruzione di stabilimenti in cemento (a ciò si aggiungono le centinaia di ville costruite a ridosso della costa e della stessa Punta Blandamura).

Il comitato, che ha da tempo aperto una pagina Facebook denominata “Salviamo la nostra pineta”, aveva già denunciato nel 2015 le prime azioni delle ruspe, che hanno fatto spazio tra la vegetazione per recintare l’area interessata all’opera e spargere brecciolino lungo i viali naturali presenti a ridosso della scogliera prima dell’intervento della Forestale.

Ma la battaglia ambientalista per la difesa dell’area sottoposta a vincolo paesaggistico e idrogeologico in parte e in altra, secondo il piano regolatore, destinata a strutture ricettive, risale a ben prima. Il braccio di ferro tra gli interessi edilizi e Legambiente si giocò in conferenze di servizi e aule di tribunale a colpi di ricorsi e denunce. In principio, infatti, il progetto era quello di costruirci anche un villaggio turistico.

Nel 2000 Legambiente denunciò l’abbattimento di una quarantina di alberi, lo sradicamento di parte della macchia mediterranea e i primi lavori di recinzione (denuncia che portò all’intervento della magistratura alla vigilia della conferenza che bocciò il progetto). Il comitato di cittadini segnala ora qualcos’altro, oltre ai sentieri invasi dal brecciolino.

Nel 2012 la pineta fu danneggiata da un incendio. L’origine fu dolosa ma non si è risalito ai colpevoli. Nel frattempo la macchia e alcuni alberi hanno ripreso a rifiorire ma, qui la segnalazione documentata da alcune fotografie, solo nella parte rimasta pubblica. Nella restante, quella recintata interessata dalla costruzione delle strutture legate al porto, invece, “la pineta rimane spelacchiata”.

“Ci domandiamo come sia possibile autorizzare un’opera del genere in questo paradiso – raccontano Fabio Mongelli, Fabrizio Marzulli e gli altri animatori del comitato che si batte per la tutela della pineta -. Ci rivolgiamo al sindaco e alle associazioni del territorio perché facciano qualcosa. Nel frattempo incontreremo il consigliere comunale dei 5 stelle, Francesco Nevoli, perché si impedisca di compromettere per sempre uno dei luoghi più belli della nostra costa, già minacciata da continui incendi negli ultimi anni”.